14.1.15

Il lato oscuro di Victor Hugo (Fulvia Caprara)

Una mostra sulla passione esoterica del romanziere 
Nel primo ambiente c’è il tavolino a tre gambe, seguono i disegni, le fotografie, i testi, le ricostruzioni delle sedute cui partecipava buona parte della famiglia, soprattutto Charles, il terzogenito, considerato medium dalle capacità spiccate.
Era in grado di dettare e disegnare messaggi preziosi per entrare in contatto con i trapassati. Nella casa di Victor Hugo, al numero 6 di Place des Vosges, una mostra descrive per la prima volta le passioni esoteriche di uno dei più eccelsi romanzieri di Francia, svelando la connessione stretta tra brani di vita e personaggi dei suoi celeberrimi racconti. Si scopre che, insieme alle avventure letterarie e politiche, lo scrittore ne ha vissuta anche una, importante, nel mondo del soprannaturale «Se di certi fatti la scienza non vuole saperne - diceva l’autore - l’ignoranza li accoglierà». E allora meglio contrastare il buio del cuore con la luce della conoscenza, spingendosi su territori rifiutati dal razionalismo, ma sicuramente utili alla creatività, e soprattutto al processo di elaborazione dei grandi lutti. Esplorando l’edificio affacciato sui giardini della piazza, prima di raggiungere gli appartamenti dove si svolgeva la vita pubblica e privata di Hugo, si capisce, per esempio, che il ricorso alle «tavole parlanti» rispondeva al desiderio di ritrovare Leopoldine, la figlia adorata morta per annegamento insieme al marito. Un dolore che Hugo tentò di superare sublimandolo attraverso alcuni dei suoi personaggi femminili.
Davanti al quadro di Leopoldine, di cui è conservato anche il semplice abito da sposa (le nozze erano state celebrate nella vicina chiesa di Saint-PaulSaint-Louis, la stessa dove nel romanzo si sposano Cosette e Marius) e perfino un pezzetto del vestito con cui la ragazza si fece ritrarre, è inevitabile pensare a Fantine, la giovinetta che, nei Miserabili, muore precocemente nei bassifondi di Parigi. E da lì, con un salto breve, si arriva subito a Anne Hathaway, protagonista del primo capitolo del musical e della trasposizione cinematografica, anche lei esile e bruna, pronta a tornare dall’aldilà, nel finale, per accogliere tra le sue braccia il morente Jean Valjean.
Così la mostra, Entrée des médiums: Spiritisme et Art de Hugo à Breton diventa subito di gran moda, in sintonia con l’epopea Les Miserables, ricordata nei manifesti che campeggiano ovunque pubblicizzando il film.
Seguendo il lato oscuro di Hugo, le frequentazioni con Delphine de Girardin che, nel 1853, gli suggerì la pratica degli incontri spiritici, e il legame stretto con Charles che, grazie alla sua speciale sensibilità, divenne in qualche modo ispiratore del padre, il mondo dei Miserabili e di altre opere si apre a una nuova, affascinante lettura. Se la vita terrena è solo dolore e sofferenza, ce ne dev’essere un’altra, raggiungibile anche da i vivi, in cui i giusti finalmente dicono la loro indicando la strada a chi è rimasto a combattere contro le materiali sfortune. Si spiega così l’esistenza al nero dell’ex-forzato Jean Valjean destinato a trovare la vera pace solo post mortem, e si spiegano le tante, giovani vittime che punteggiano la storia.
Treppiedi, trance, sensitivi sono ancora di salvezza per chi, come Hugo, non riesce ad accettare le sparizioni precoci di amici e congiunti. Fatalità implacabili, contro cui nemmeno la crema dell’intellighenzia francese del periodo, aveva modi per opporsi. Anzi, le «tavole parlanti» divennero in seguito per molti intellettuali e artisti (Victorien Sardou, Fernand Desmoulin, Yves Tanguy) fonte di creazioni originali, mentre le figurette emaciate, vestite di pochi stracci (come Cosetta), disegnate dal grande pensatore durante o in seguito alle sedute sono embrioni dei futuri personaggi. Non a caso, all’epoca, si disse che la fonte della sua arte fosse ultraterrena.
Di sicuro, vagando tra gli spazi oscuri e i pavimenti scricchiolanti, osservando le istantanee scattate a medium posseduti da misteriose identità, si afferra in pieno il senso di Hugo per l’aldilà. Quel lato paranormale che, improvvisamente, dopo tanta cultura scolastica, rilancia il romanziere nel cuore delle passioni giovanili più contemporanee. Se Hugo, dilaniato dalla sofferenza per la fine della figlia, aveva preso a inseguire fantasmi, oggi, forse, avrebbe potuto scrivere una sua versione di Twilight. O, meglio, di Harry Potter. In fondo anche il piccolo mago, come Cosetta, ha perso la madre da bambino.


“La Stampa”, 31 gennaio 2013

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