Una mostra sulla
passione esoterica del romanziere
Nel primo ambiente c’è
il tavolino a tre gambe, seguono i disegni, le fotografie, i testi,
le ricostruzioni delle sedute cui partecipava buona parte della
famiglia, soprattutto Charles, il terzogenito, considerato medium
dalle capacità spiccate.
Era in grado di dettare e
disegnare messaggi preziosi per entrare in contatto con i trapassati.
Nella casa di Victor Hugo, al numero 6 di Place des Vosges, una
mostra descrive per la prima volta le passioni esoteriche di uno dei
più eccelsi romanzieri di Francia, svelando la connessione stretta
tra brani di vita e personaggi dei suoi celeberrimi racconti. Si
scopre che, insieme alle avventure letterarie e politiche, lo
scrittore ne ha vissuta anche una, importante, nel mondo del
soprannaturale «Se di certi fatti la scienza non vuole saperne -
diceva l’autore - l’ignoranza li accoglierà». E allora meglio
contrastare il buio del cuore con la luce della conoscenza,
spingendosi su territori rifiutati dal razionalismo, ma sicuramente
utili alla creatività, e soprattutto al processo di elaborazione dei
grandi lutti. Esplorando l’edificio affacciato sui giardini della
piazza, prima di raggiungere gli appartamenti dove si svolgeva la
vita pubblica e privata di Hugo, si capisce, per esempio, che il
ricorso alle «tavole parlanti» rispondeva al desiderio di ritrovare
Leopoldine, la figlia adorata morta per annegamento insieme al
marito. Un dolore che Hugo tentò di superare sublimandolo attraverso
alcuni dei suoi personaggi femminili.
Davanti al quadro di
Leopoldine, di cui è conservato anche il semplice abito da sposa (le
nozze erano state celebrate nella vicina chiesa di
Saint-PaulSaint-Louis, la stessa dove nel romanzo si sposano Cosette
e Marius) e perfino un pezzetto del vestito con cui la ragazza si
fece ritrarre, è inevitabile pensare a Fantine, la giovinetta che,
nei Miserabili, muore precocemente nei bassifondi di Parigi. E
da lì, con un salto breve, si arriva subito a Anne Hathaway,
protagonista del primo capitolo del musical e della trasposizione
cinematografica, anche lei esile e bruna, pronta a tornare
dall’aldilà, nel finale, per accogliere tra le sue braccia il
morente Jean Valjean.
Così la mostra, Entrée
des médiums: Spiritisme et Art de Hugo à Breton diventa subito
di gran moda, in sintonia con l’epopea Les Miserables,
ricordata nei manifesti che campeggiano ovunque pubblicizzando il
film.
Seguendo il lato oscuro
di Hugo, le frequentazioni con Delphine de Girardin che, nel 1853,
gli suggerì la pratica degli incontri spiritici, e il legame stretto
con Charles che, grazie alla sua speciale sensibilità, divenne in
qualche modo ispiratore del padre, il mondo dei Miserabili e
di altre opere si apre a una nuova, affascinante lettura. Se la vita
terrena è solo dolore e sofferenza, ce ne dev’essere un’altra,
raggiungibile anche da i vivi, in cui i giusti finalmente dicono la
loro indicando la strada a chi è rimasto a combattere contro le
materiali sfortune. Si spiega così l’esistenza al nero
dell’ex-forzato Jean Valjean destinato a trovare la vera pace solo
post mortem, e si spiegano le tante, giovani vittime che
punteggiano la storia.
Treppiedi, trance,
sensitivi sono ancora di salvezza per chi, come Hugo, non riesce ad
accettare le sparizioni precoci di amici e congiunti. Fatalità
implacabili, contro cui nemmeno la crema dell’intellighenzia
francese del periodo, aveva modi per opporsi. Anzi, le «tavole
parlanti» divennero in seguito per molti intellettuali e artisti
(Victorien Sardou, Fernand Desmoulin, Yves Tanguy) fonte di creazioni
originali, mentre le figurette emaciate, vestite di pochi stracci
(come Cosetta), disegnate dal grande pensatore durante o in seguito
alle sedute sono embrioni dei futuri personaggi. Non a caso,
all’epoca, si disse che la fonte della sua arte fosse ultraterrena.
Di sicuro, vagando tra
gli spazi oscuri e i pavimenti scricchiolanti, osservando le
istantanee scattate a medium posseduti da misteriose identità,
si afferra in pieno il senso di Hugo per l’aldilà. Quel lato
paranormale che, improvvisamente, dopo tanta cultura scolastica,
rilancia il romanziere nel cuore delle passioni giovanili più
contemporanee. Se Hugo, dilaniato dalla sofferenza per la fine della
figlia, aveva preso a inseguire fantasmi, oggi, forse, avrebbe potuto
scrivere una sua versione di Twilight. O, meglio, di Harry
Potter. In fondo anche il piccolo mago, come Cosetta, ha perso la
madre da bambino.
“La Stampa”, 31
gennaio 2013
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