Nelle pagine culturali
della domenica, nel novembre duemilaotto, il QN pubblicava nella
rubrica Il caffè di Goldoni,
l'articolo che segue, come risposta alla sollecitazione di una
lettrice. Luca Goldoni, brillante moralista e umorista conservatore, aveva già scritto un volume divulgativo su Maria Luigia d'Austria, la figlia degli Asburgo che sposò Napoleone. In verità la sua
interpretazione del personaggio non sembra immune da qualche
antipatia maschilista. Attendo conferme dalla rete. (S.L.L.)
Maria Luisa d'Austria con il suo sfortunato infante |
Nei
primi anni dell'Ottocento Vienna cade per due volte nelle mani di
Napoleone. E Francesco I, lo sconfitto imperatore d'Austria, intuisce
che, per contenere i danni, bisogna favorire il matrimonio della sua
primogenita Maria Luisa con l'imperatore dei francesi.
M.L.
recalcitra (detesta l'invasore) ma poi si piega alla ragion di stato.
Lascia Vienna il 13 marzo 1810. L'appuntamento con lo sposo è a
Compiègne, dove il corteo nuziale arriva dopo quattro giorni di
viaggio. A ogni sosta M.L. trova nuovi doni che lo sposo con sapiente
regia le spedisce: nonostante la sua abissale inesperienza in affari
di cuore, è ormai chiaro anche a lei che Napoleone fa di tutto per
piacerle. Forse sotto il matrimonio tra Francia e Austria c'è anche
quello tra un uomo e una donna. A metà del viaggio Napoleone non
tradisce il suo mito di imprevedibile stratega: apre la carrozza e
balza dentro, fradicio di pioggia, allegro, emozionato. Ha persino
dimenticato la sfarzosa uniforme fatta confezionare per l'occasione e
indossa la solita leggendaria divisa. Lei sobbalza, è
presumibilmente contegnosa, ma aggraziata. Lui la bacia, le dice cose
gentili. Miracolosamente un certo feeling,
pur epidermico, si è innescato.
Alla
fine del viaggio, a Compiègne, Napoleone dovrà sfoderare ben altra
diplomazia di quella con cui ha sottomesso tutta l'Europa, per non
traumatizzare la pallida vergine allevata come una suora di clausura.
Per non sbagliare sceglie modi quasi militareschi: «Che istruzioni
avete avuto dai vostri genitori?». Si ignorano i particolari, si sa
però che l'incontro con Napoleone risvegliò la fortissima
sensualità di M.L. Pare infatti che lo sposo imperiale si sia
abbandonato il mattino seguente, ad un imperdonabile commento da
caserma col suo cameriere: «Sposati una tedesca».
E'
il primo aprile 1810, il giorno delle nozze ufficiali. Una giornata
massacrante, tra cortei, ali di folla, una corona pesantissima, i
metri di ermellino del manto imperiale. Rientrata sfinita nelle sue
stanze, l'imperatrice trova una maestosa corbeille
colma di fiori, gioielli, pizzi e seta. Ma tra i doni scopre anche i
ricami che aveva cominciato e interrotto a Vienna e persino il
cagnolino Zozo che aveva dovuto abbandonare. Sotto il manto
dell'imperatore batte insospettabilmente il cuore di un marito pieno
di attenzioni. Lei prova quell'attrazione un po' perversa, quel misto
di disgusto e riconoscenza che l'ostaggio prova per il carceriere
gentile. Lui, che si è messo sotto i tacchi l'Europa, si fa in
quattro per piacerle, ed evidentemente ci riesce, se lei scrive al
padre che l'imperatore è amabilissimo, e che «forse presto lo
amerà». M.L. soprattutto ha ancora una grande carta da giocare: sta
infatti per regalare a N. l'agognato erede, sperando che sia maschio.
Quella del parto è probabilmente la notte più lunga della vita di
M.L.: l'imperatrice soffre, il parto si annuncia difficile, il
principino si presenta di piedi. E N. ci sorprende ancora una volta.
Costretto ad una drammatica scelta, ordina al medico «Salvate la
madre». Fortunatamente non sarà necessario sacrificare nessuno, e
il piccolo Re di Roma viene alla luce. N. si rivela fin da subito un
padre tenerissimo, fiero e molto presente, al punto da suscitare la
gelosia di M.L.: teme che la tenerezza e la dedizione di N. siano ora
monopolizzate dal bambino.
Intanto
la fortuna di N. comincia a impallidire. Partito per la campagna di
Russia, subisce una disfatta dietro l'altra. E in questa fase che
M.L. ha la sua prima vera occasione per comportarsi da imperatrice.
Finalmente più moglie che figlia, affronta il padre prendendo le
parti del marito e rivelando la fede incondizionata nella sua
invincibilità. E' il momento più alto della loro storia d'amore, i
sentimenti sono spogli, le lettere sincere, unico tema il dolore. N.
si batte, ormai da solo, contro l'Europa intera, e quando a Parigi
giunge la voce che il nemico è alle porte, M.L. per un attimo sa
cosa deve fare. Aspetterà gli invasori a testa alta, col bambino in
braccio, rifiutando l'idea di una ritirata vergognosa. Lo stato di
grazia dura poco. Il Consiglio di reggenza decide per la fuga
dell'imperatrice e del principino.
Mentre
N. crolla definitivamente, ormai abbandonato da tutti, e costretto a
una resa incondizionata, vacillano i fragili sentimenti di M.L. Era
stata costretta a sposare un uomo che detestava, e che era riuscita
forse ad amare un po', solo perché si trattava dell'idolo di mezza.
Europa. Ma restare accanto ad un uomo avvilito che invecchia male non
ha più alcuna attrattiva. Comincia così una penosa manfrina: le
lettere di M.L. a N. (che nel frattempo si è rifugiato all'Elba)
sono sempre più distratte, le sue promesse sempre più vaghe. E lui,
che ha sempre saputo leggere nel pensiero dei suoi avversari, ora
vuole soltanto illudersi: ignora che la sua donna si è innamorata
del fascinoso Conte di Neipperg, e ha messo seriamente gli occhi sul
Gran Ducato di Parma, non potendo più contare sull'impero di
Francia. E' ancora convinto di avere una moglie affezionata e fedele,
alla quale scrive cose struggenti come «Addio, mio bene», ricevendo
come risposta una ciocca di capelli firmata «la tua fedele e tenera
amica Louise». N. non ha ancora imparato a diffidare degli amori che
si trasformano in amicizie.
In
parole povere M.L. lo sta scaricando perché non le serve più.
Chissà se N. avrebbe tentato la avventura della fuga dall'Elba e dei
Cento Giorni che seguirono se non avesse sperato di riconquistare,
oltre la Francia, anche una moglie. Ma la disfatta di Waterloo è
alle porte. Pare che M.L. abbia appreso la notizia «fuori di sé
dalla gioia». Ormai libera dallo scomodo vincolo con l'ex
imperatore, che sarà mandato a finire i suoi giorni a S.Elena, in
fondo non deve costarle molto scrivere al padre qualche caritatevole
parola a buon mercato: «Spero che lo tratteranno con bontà e
clemenza... Gli devo essere riconoscente della tranquilla
indifferenza con la quale mi ha lasciata vivere, invece di rendermi
infelice». Non una parola di più per l'uomo che, avendola sposata
quasi esclusivamente come fattrice, al momento del difficile parto
non esitò a preferire la vita sua a quella del sospirato erede.
Resta
un mistero come un uomo tanto grande abbia potuto perdersi dietro le
sottane di una donna così piccola. Ma è un mistero per modo di
dire: l'amore batte strade indecifrabili, e la Storia è piena di
coppie male assortite. Sta di fatto che la modesta M.L. è rimasta
nei pensieri di N. fino all'ultimo. Infatti parla di lei come della
sua «buona Luisa», la quale, se lo ha abbandonato, è perché
«impedita da quel carceriere di suo padre». E' ovvio che ha capito
tutto, però ufficialmente difende la moglie. e indirettamente anche
se stesso. L'ipotesi di un'amata che vorrebbe ancora amarlo ma non
può, è sicuramente la più dignitosa. E' accaduto anche a noi,
quando siamo stati piantati.
Alla
notizia della morte di N., forse la prima cosa che M.L. pensa è che
adesso potrà avere un letto ufficiale con Neipperg. Finalmente
vedova. Altre celebri donne hanno condiviso il declino del loro uomo.
Lei no. E finirà per dimenticare anche il delizioso figlio, rifilato
alla Corte di Vienna mentre lei si ricicla con gioia in Granduchessa
di Parma, modificando persino il suo nome: dal dolce Luisa al rustico
Luigia. I nuovi sudditi padani preferiscono così.
Ultima
seccatura: rispedire quel macabro souvenir che il grande defunto
aveva lasciato scritto di recapitarle: un cofanetto con dentro il suo
cuore.
QN,
19 ottobre 2008 . .
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