Ricostruzione virtuale di alcuni spazi delle Terme di Caracalla |
Roma, terzo secolo dopo
Cristo. Crisi demografica e pressione fiscale stremavano una
popolazione sempre più sfiduciata. C'era un esercito silenzioso,
quello della plebe, a cui dar da mangiare e soprattutto, «da
lavare». Ecco l'intuizione dell'imperatore Lucio Settimio Bassiano,
detto Caracalla (per via di un indumento di origini galliche):
garantire una pulizia corporea a tutti, nonché uno spazio dove
distrarsi, prendersi cura di sé e non pensare alle tasse, alla
situazione geopolitica incandescente ai confini dell'Impero, insomma
ai grossi problemi del tempo.
«Nacque così quella
gigantesca cattedrale del corpo passata alla storia come le Terme di
Caracalla — afferma Andrea Carandini, ordinario di Archeologia
Classica alla Sapienza di Roma — molto più di un complesso di
bagni: era un monumentale centro polifunzionale, che offriva
trattamenti per il fisico, ma anche due biblioteche all'esterno,
nonché taverne nelle vicinanze destinate al popolo».
Sta qui il progetto di
uno degli imperatori più discussi (Machiavelli, ne Il Principe,
ne tratteggia un quadro pieno di ombre): unire la grandeur
romana con una specie di democrazia igienica. «Il complesso termale
era imponente — continua il professore, che alla struttura ha
dedicato una parte del suo recente libro Atlante di Roma antica,
edito da Electa —. Poteva accogliere fino a ottomila persone al
giorno, si snodava in migliaia di metri quadri e nei sotterranei
brulicavano schiavi addetti al riscaldamento delle vasche. Una
gigantesca macchina, dunque, che impoveriva le foreste africane».
La grandeur,
appunto. Tipica della romanità a partire dalla conquista delle
paludi Pontine, in sostanza appena si spinsero oltre le porte di
Roma. «Pensiamo solo alle case degli imperatori — dice Carandini
—. Quella di Augusto misurava 8 mila metri quadrati. Un rapporto
proporzionale con l'Impero e la sua grandezza. Ma anche le strutture
pubbliche risentivano di questa spinta al gigantismo». E le Terme
assomigliavano (all'esterno) a una grande stazione ferroviaria. Non è
un caso che la Pennsylvania Station di New York sia stata realizzata
(nel progetto originario) sul modello delle Terme romane. E che
Sybille Bedford, la scrittrice amata da Chatwin, descrisse la Grand
Central Station «splendida come le terme di Caracalla». Chiese per
il corpo, si diceva. «Il Cristianesimo, più tardi — continua il
professore — abolirà questo culto del corpo, accostando le terme a
luoghi viziosi. Ma in origine erano sede di una duplice cura: mentale
e fisica, una complessa ambizione all'armonia».
Caracalla, poi, verrà
ricordato principalmente per il discusso editto con cui allargò la
cittadinanza romana a tutti i residenti nei confini imperiali e per
la spietatezza (fece uccidere il fratello, per dire). Ma c'è anche
chi ne sottolinea lo spirito «imprenditoriale» e il tentativo di
modernizzare le strade e i trasporti. «Quella Roma — conclude
Carandini — in cui tutto si fondeva in un eterno presente. E dove
anche la grandeur faceva parte di un disegno raffinato. E spesso
incompreso».
Corriere della Sera 29
giugno 2012
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