2.1.15

NAPISAN (S.L.L.)

Lo faccio di rado, ormai, per non soffrire troppo nel pensarci, ma oggi voglio scrivere un po' di "politica politicante", per manifestare una paura. Tutti conoscono il mio disamore per Giorgio Napolitano, di cui non ho ascoltato il discorso di fine d'anno, pieno di potenziali rischi per i miei nervi e per il mio cuore. Il disamore è antico, risale almeno al tempo della sfida che lanciò a Berlinguer accusandolo di "moralismo", quando il segretario del Pci denunciava il carattere sistemico della corruzione e l'esistenza di una vera e propria questione morale.
Temo tuttavia che, con le sue imminenti dimissioni, le cose possano addirittura peggiorare. Napolitano esprime una visione sempre più conservatrice e autoritaria (il prestigio nazionale, il militarismo, la bandiera, le élites dirigenti, le forze di polizia e tutto il repertorio classico del moderatismo di destra) ed è subalterno alle potenti burocrazie europee come alla grande finanza internazionale; e tuttavia, come può, vuole e sa, di quando in quando manifesta una qualche autonomia rispetto al governo, rappresenta un freno rispetto alla deriva dell'"uomo solo al comando" circondato da fedelissimi, con un Parlamento depotenziato e comprato con il mantenimento di assurdi privilegi.

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