The trials and
tribulations of Little Red Rifing Hood (Routledge) è il titolo
di una corposa antologia curata nel 1993 da Jack Zipes, germanista
illustre e grande studioso della fiaba popolare, che ha riunito in un
unico volume dozzine di differenti Cappuccetto Rosso, fiaba
nota soprattutto grazie alle versioni dei fratelli Grimm e di Charles
Perrault, ma della quale esistono infinite varianti, raccolte dai
folkloristi tanto all’interno di una medesima nazione quanto in
luoghi lontanissimi tra loro. Le storie che Zipes commenta nel saggio
di apertura, però, sono quasi tutte d’autore, e cioè rielaborate
da scrittori più o meno noti, da Alphonse Daudet a Walter de la
Mare, dall’umorista francese Pierre Cami all’inglese Angela
Carter, dalla poetessa americana Anne Sexton a James Thurber, fino a
famosi autori per l’infanzia come Tomi Ungerer, Gianni Rodari o
Tony Ross. Il libro rappresenta, dunque, una storia letteraria delle
tante trasformazioni subite nel corso da un racconto molto antico che
è parte integrante dell’immaginario non solo occidentale, e che,
oltre ad ammonire i bambini di altre epoche sul rischio oggettivo di
avventurarsi in boschi pieni di belve affamate (come nota Marc
Soriano nel suo bellissimo saggio Les contes de Perrault,
Gallimard 1977), affronta attraverso simboli e metafore temi come la
seduzione di fanciulline innocenti, lo stupro e le fantasie maschili
e femminili al riguardo.
Quelle citate da Zipes
sono però solo una minima parte delle manipolazioni, riscritture,
adattamenti,
apocrifi e parodie di
Cappuccetto Rosso, come testimonia, tanto per fare un esempio, il
primo episodio di una nuova serie televisiva americana, Grimm,
che prende spunto dalle fiabe più famose dei Kinder und
Hausmärchen e le trasforma in racconti gotico-polizieschi.
Tralasciando gli usi e riusi della pubblicità e dell’illustrazione,
l’assunzione nell’Olimpo delle frasi celebri («Per mangiarti
meglio!»), i rifacimenti cinematografici anche recentissimi e le
interpretazioni psicoanalitiche, ci sarebbero da citare centinaia di
scrittori e di re-teller… Ma per stavolta limitiamoci a un
solo nome, quello di Carmen Martin Gaite (1925- 2000), grande voce
della letteratura spagnola del periodo successivo alla guerra civile,
di cui la editrice Siruela sta ripubblicando, da un anno a questa
parte, l’intera opera.
Della Martin Gaite i
lettori italiani conoscono alcuni bei romanzi pubblicati in passato
da Giunti e dalla Tartaruga, gli stessi che i giovani autori
spagnoli, come Marcos Giralt Torrent, riscoprono oggi
con grande interesse. E
già noto da noi è anche Cappuccetto Rosso a Manhattan che
Salani ripropone nella bella traduzione di Michela Finassi Parolo,
corredato dai disegnini in bianco e nero eseguiti dall’autrice in
persona: è la terza volta, infatti, che questo libro pensato per i
piccoli come per i grandi (la collana di Siruela in cui fu a suo
tempo pubblicato in lingua originale, si intitola non a caso Las
tres edades) fa la sua apparizione a distanza di anni dopo essere
transitato per La Tartaruga (1993) e Mondadori (1999).
E così, finalmente, le
ragazzine dai dieci anni in su (e, si spera, anche i loro genitori),
potranno conoscere questa deliziosa, allegrissima versione di
Cappuccetto, la cui protagonista è la bambina Sara Allen che vive a
Brooklyn con un padre idraulico e una madre ossessivamente dedita
alla confezione di torte, veste di rosso e ha una nonna sistemata in
un confortevole appartamentino nel cuore della città.
Di carattere intrepido e
notevolmente incline all’avventura e alle fantasticherie, Sara
dovrà attraversare una vero e proprio «bosco metropolitano» –
ossia Manhattan, l’isola a forma di prosciutto che tanto la attira
– per portare una torta alle fragole alla sua effervescente
nonnetta. Ma invece di ritrovarsi a cogliere fiori sotto gli occhi di
un lupo fintamente cortese, si perderà nella metropolitana e farà
un’esperienza che si sposa alla sua parola preferita, la prima che
ha imparato a scrivere e a compitare: libertà. La sua libertà, ma
anche quella di Gloria Starr, la nonna, anziana ex cantante che non
rinuncia alla passione e detesta le convenzioni, e quella di Miss
Lunatic, la barbona misteriosa che vaga di notte per la città
spingendo una carrozzina per neonati e assomiglia a una strega dai
capelli arruffati e dall’abito cencioso. Sarà Miss Lunatic, figura
chiave della storia, a mostrare a Sara quello che si nasconde dietro
il sipario della realtà così come i «grandi» ce la presentano, e
farle capire cosa significhi davvero essere liberi: per esempio darsi
tempo, non avere fretta, osservare, prestare attenzione agli altri,
permettersi il lusso della curiosità, della compassione, della
sincerità, della memoria, non essere condizionati né dal lusso né
dal bisogno. Accompagnata da questa aiutante magica la cui vera
identità è una delle sorprese finali del libro (Miss Lunatic è in
realtà il nume tutelare che veglia su Manhattan e sull’America, e
che mantiene accesa una famosissima fiaccola) Sarà trascorrerà una
notte di vagabondaggi e apparizioni, inclusa quella di una Kathleen
Turner ancora bellissima che scende da una lucente limousine. E alla
fine la Cappuccetto di Brooklyn, grazie alla torta galeotta, riuscirà
ad attirare il lupo giusto, il triste e solitario mister Woolf,
padrone di un grattacielo-pasticceria e pronto a innamorarsi
perdutamente di nonna Gloria.
In questo modo la fiaba
di Perrault e dei Grimm ribalta la sua minacciosa morale (non sempre
si deve aver paura dei lupi, che anzi possono fare la felicità di
qualche vecchia signora; non sempre bisogna rinunciare ai sogni in
nome dell’obbedienza; non sempre conviene essere bambine modello) e
la sua protagonista non viene né divorata né salvata da un aitante
maschio di passaggio, ma impara a scegliere da sola: grazie al potere
delle parole - prima fra tutte una che lei stessa ha inventato,
«miranfù» – potrà esercitare fino in fondo la sua libertà.
E la libertà più
grande, le ha appena insegnato Miss Lunatic, è quella di raccontare
e raccontarsi («non ho mai trovato niente di più importante
dell’ascoltare storie»), di imparare a usare il linguaggio in
tutte le sue sfumature. Una lezione meravigliosa, che tutte le
Cappuccetto dei nostri giorni dovrebbero imparare, visto che a loro
toccherà attraversare boschi ben più pericolosi, abitati da lupi
che le vogliono levigate e ritoccate, fuse in un medesimo stampo e
issate su trampoli tacco dodici, pronte a candidarsi imparzialmente a
un posto di valletta o a uno di deputata. Ma non è a queste bambole
di gomma che appartiene il futuro, continua a dirci la Martin Gaite:
è alle libere bambine come Sara Allen che non diffidano di streghe
immortali come Miss Lunatic e imparano a leggere, scrivere,
raccontare il proprio domani. A loro sarà il caso di regalare questo
libro, con loro sarà bene leggerlo e commentarlo.
“il manifesto”, 29
novembre 2011
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