L’Ahnenerbe fu
qualcosa di più di una semplice organizzazione collaterale delle SS.
Nata nel 1935 come associazione privata per la ricerca storica e
preistorica per iniziativa di Heinrich Himmler e di un piccolo gruppo
di soci, finì successivamente per essere totalmente inglobata
nell’universo SS.
L’Ahnenerbe,
letteralmente «Eredità ancestrale», aveva lo scopo di «esplorare
e ricercare lo spazio, lo spirito, l’azione e l’eredità delle
razze nordiche indogermaniche e trasmettere questi insegnamenti di
vita al popolo». Nel 1939 giunse a controllare diverse decine di
istituti di ricerca e a gestire circa cento progetti
contemporaneamente, come testimoniò il suo direttore amministrativo,
Wolfram Sievers, con una dotazione annuale di ben un milione di
marchi dell’epoca. Una struttura imponente e complessa, con a
disposizione una grande villa in uno dei quartieri più ricchi di
Berlino, più di cento studiosi e scienziati a libro paga e decine di
impiegati di supporto.
Quando nel settembre 1946
i giudici Alleati definirono a Norimberga le SS di Himmler una
«organizzazione criminale», a essere colpita fu anche questa sua
branca interna. A lungo sottovalutata, se non ignorata negli studi
sul nazismo (qualcuno apostrofò i suoi aderenti come «compagni di
viaggio inoffensivi») l’Ahnenerbe riaffiorò suo malgrado, senza
essere nominata, in alcune pellicole cinematografiche di grande
successo come I predatori dell’arca perduta o Sette anni
in Tibet. Ora, finalmente, a questa storia è dedicata
l’attenzione dovuta. È del 2006 Il piano occulto. La setta
segreta delle SS e la ricerca della razza ariana, un’accurata
ricostruzione della genesi e del ruolo svolto dall’Ahnenerbe, a
cura della storica canadese Heather Pringle (Lindau editore). Adesso
è la volta de La svastica e la runa. Cultura ed esoterismo nella
SS Ahnenerbe di Marco Zagni, prefazione di Giorgio Galli (Ugo
Mursia Editore).
Il primo presidente de
l’Ahnenerbe fu Herman Wirth, un teorico della preistoria di origine
olandese. Elaborò una visione del passato e dell’archeologia
secondo la quale la primitiva razza nordica che abitava le zone
polari tra i quarantamila e i ventottomila anni prima di Cristo era
poi migrata verso sud, a causa della forte glaciazione dei territori
d’origine, in Asia, in America, in Europa, nell’area mediterranea
e nell’Egitto. Questa popolazione aveva sviluppato un alto livello
di civiltà, a carattere
matriarcale ed era
promotrice di un culto monoteistico solare. A essa si doveva risalire
anche per l’esistenza dell’Atlantide platoniana. Messo sotto
accusa nelle SS, proprio per questa sua interpretazione matriarcale,
Wirth, in contrasto con i sostenitori del ruolo storico dominatore
delle tribù indogermaniche, fu sostituito nel 1938 alla guida
dell’Ahnenerbe con l’orientalista Walther Wust.
Lo scopo ultimo
dell’Ahnenerbe fu quello di produrre miti attraverso la
manipolazione e la distorsione della verità, adattandoli alle idee
di Adolf Hitler, convinto che agli ariani, questa immaginaria
popolazione di uomini e donne biondi, slanciati e con gli occhi
azzurri, provenienti dal Nord Europa, dovesse essere fatta risalire
l’origine della civiltà, dall’invenzione della scrittura, della
musica e delle arti visive, allo sviluppo dell’agricoltura e
dell’architettura. Una razza superiore, progenitrice dei tedeschi,
da situare al centro della storia dell’umanità, dove, in una
presunta scala di gruppi sociali, all’ultimo posto dovevano essere
collocati gli ebrei, i «distruttori della cultura», la cui
«esistenza», come scrisse Adolf Hitler nel Mein Kampf, «è
come quella del parassita: ovunque compare, il popolo ospite muore».
Per queste ragioni la storia ufficiale, fino ad allora trasmessa e
conosciuta, doveva essere totalmente ribaltata, riscrivendo ex novo
il quadro del mondo antico.
A questo servì
l’Ahnenerbe. Un disegno tutt’altro che neutro. Occorreva,
infatti, impossessarsi del lontano passato per legittimare la
conquista dei territori ritenuti un tempo ariani e soprattutto lo
sterminio delle razze inferiori che li infestavano. Sotto la
supervisione di Himmler furono anche poste le premesse per il varo di
una nuova religione, su basi indogermaniche, utile al nazismo,
operando una separazione fra ebraismo e cristianesimo e avanzando
l’ipotesi di un Gesù ariano. Un progetto che non ebbe il tempo di
concretizzarsi. Diverse furono le spedizioni archeologiche condotte
dall’Ahnenerbe, sia in Germania sia all’estero: presso Colonia
(per riportare alla luce un sistema difensivo delle tribù germaniche
del tempo delle guerre contro Roma), a Bad Durkheim (alla ricerca di
simboli runici su pareti di roccia), nel sito delle Externsteine (un
complesso megalitico nella foresta di Teutoburgo ritenuto un antico
santuario pagano dedicato al culto del sole).
All’estero, prima della
guerra, furono organizzate numerose missioni nel Nord Europa, in
Norvegia,
Danimarca, Fiandre e
Olanda, ma anche in Svezia (alla scoperta di antiche incisioni
rupestri), in Finlandia (sulle orme degli stregoni), in Croazia (per
decifrare le iscrizioni di antichi palazzi), in Francia (nelle cave
paleolitiche), in Iraq (presso le rovine dei templi dei re dei
Parti), solo per citarne alcuni. Famosissima la missione in Tibet,
tra il 1938 e il 1939, con tanto di documentazione filmata, per
studiare la tipologia razziale dei suoi abitanti e recuperare
ipotetiche sapienze ancestrali.
La seconda guerra
mondiale non fermò l’attività dell’Ahnenerbe. Altri scavi
furono, infatti, portati avanti nei territori occupati, in Grecia (a
Olympia, a Delfi e nel sud del Peloponneso), in Polonia (a Biskupin,
per stabilire un’antica presenza germanica), in Crimea (presunto
punto di arrivo dei Goti). Ma l’Ahnenerbe non si occupò solo di
storia e archeologia, si impegnò anche in atroci esperimenti medici
nei campi di sterminio, studiando, tra l’altro, su cavie umane, gli
effetti del congelamento, dell’iprite in forma liquida sulle
braccia, approntando con meticolosità una vasta collezione di
scheletri ebrei, trucidando a questo scopo un’ottantina uomini e
donne nel campo di Natzweiler.
A differenza del lavoro
di Heather Pringle, che ha cercato di ricostruire in tutto il suo
orrore questa vicenda, indagando i nessi con l’Olocausto, Marco
Zagni (un appassionato di viaggi e di misteri della Storia), pur
prendendo le distanze dal nazismo e riconoscendo appieno le
responsabilità dell’Ahnenerbe, mostra di dar credito a molte delle
teorie che furono approntate dai suoi «scienziati». Una sorta di
denazificazione, in questa sua opera per certi versi preziosa,
soprattutto per la documentazione fornita, come se fosse possibile
ritenere genuini e privi di condizionamento gli studi, le missioni
archeologiche e le ricerche, separandoli dagli scopi per cui furono
condotti.
La sua tesi è che, in
realtà, nel lavoro dell’Ahnenerbe risiedano fondamenti di verità.
Un nucleo importante di quell’«archeologia alternativa» che
ipotizza civiltà evolute anteriori al Neolitico e all’Era
glaciale. Un genere oggi di moda.
Sarà anche per questo
che nel 2004 l’autore ha dato alle stampe un primo lavoro
(Archeologi di Himmler. Ricerche, spedizioni e misteri
dell’Ahnenerbe), pubblicandolo, senza forse troppo pensare, per
la Ritter, una delle principali case editrici di riferimento del
neonazismo italiano, che come proprio logo ostenta lo stemma della
17a divisione delle Waffen-SS. Imperdonabile.
“il manifesto”, 12
novembre 2011
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