Museo del Louvre, Gabrielle d'Estrées et una delle sue sorelle (la Duchessa de Vilars?) |
Ha scritto Paul Valéry
nei suoi Cahiers: «L'amore, indubbiamente, val la pena di
farlo... Ma come occupazione intellettuale, o soggetto di romanzi o
di analisi, è tradizionale e irritante, tanto più che non ci si
dimentica mai di legarlo alla fecondazione. Della quale è un
incidente, un episodio, un diversivo...». Gli storici occidentali
sembrano essere stati, negli ultimi due secoli, della medesima
opinione. Quantunque pittori e letterati ci abbiano lasciato, dal
Medioevo ad oggi, testimonianze sterminate sulla storia del sesso e
dell'amore, il problema è stato completamente rimosso. Del passato
sono stati diffusi aneddoti, episodi strani o emozionali; e si è
lasciato alla letteratura d'evasione il compito di ricordare ai
contemporanei differenze e ricorsi nelle vicende sessuali e
sentimentali dei tempi trascorsi, con una netta prevalenza (come è
ovvio) dei fatti legati a protagonisti della scena politica o
letteraria, o di racconti poco fondati, ma capaci di catturare, per
qualche particolare straordinario, l'attenzione.
Poi, lentamente, sono
apparse le prime ricerche attendibili. Se ne sono occupati, quasi di
straforo, studiosi della Chiesa e della vita, religiosa (e lo
testimonia da ultimo l'interessante numero monografico di Quaderni
storici, dedicato alle religioni delle classi popolari.), storici
della magistratura, storici della mentalità collettiva, soprattutto
in Ftoameia e nei paesi anglosassoni. E' arrivata poi l'applicazione
dei metodi quantitativi ala storia sociale: nascite, morti,
matrimoni, rapporti sessuali. L'irruzione della psicoanalisì, della
sua influenza (diretta e indiretta) nella ricerca storica ha infine
accelerato il proccisso di appropriazione da parte degli storici di
un problema a lungo snobbato o rimosso. Nella stessa direzione hanno
operato a loro volta il femminismo, la questione omosessuale, la
crisi delle ideologie rigide e teleologiche (a cominciare dal
marxismo). Così nell'ultimo ventennio, soprattutto fuori d'Italia,
si sono moltiplicate le indagini e le ipotesi su sesso e amore in una
prospettiva storica.
Gli interrogativi si sono
precisati. Che rapporto esiste tra l'organizzazione della repressione
sessuale e lo sviluppo dello Stato moderno? In che senso, e in quali
limiti, le differenze di classe hanno pesato sulla sfera individuale
che racchiude la concezione e la pratica dell'amore? Quale ruolo
eserccitano l'eroitismo e la prostituzione organizzata un una società
caratterizzata appunto dalla repressione sessuale? A queste e ad
altre domande si è incominciato a rispondere con una serie di
ricerche.
Siamo già in grado di
fornire una sintesi soddisfacente di questi studi, un'interpretazione
dei problemi tale da sostituire o precisare le ipotesi lanciate da
Freud e sviluppate, ad esempio, da Reich in una direzione
affascinante? Personalmente ho qualche dubbio, ma tdi diverso avviso
è Jacques Solé, autore di una Storia dell'amore e del sesso
nell' età moderna, che l'editore Latarza pubblica in questi
giorni.
Non gli si può dare del
tutto torto. Il libro che Solé ha messo insieme, sorvendosi di fonti
lettenarie e artistiche (dando peraltro un peso eccessivo a quelle
francesi rispetto alle altre), ma anche di tutti gli studi apparsi in
questi anni sulle “Annales” e sulle riviste inglesi o tedesche
dedicate alila storia sociale, suscita più problemi di quanti ne
risolva, su più di una questione è oscillante o contraddittorio, si
perde spesso nell'enumerazione di episodi di per sé poco
significativi. Tuttavia esso ha due meriti indiscutibili. Anzitutto,
è uno stimolo notevole all'allargamento e allo sviluppo di queste
ricerche in un paese come il nostro, dove la rimozione del tema è
ancora dominante, i pregiudizi nel mondo accademico sono forti, il
lavoro da fare immenso. Poi, l'autore scrive per tutti: una scrittura
chiara, limpida, non di rado piacevole, conduce il lettore
all'interno di una narrazione che copre l'arco di sei o sette secoli,
passando dalla Normandia all'Italia centrale, dalla Svezia alla
Spagna cattolica, dalla Germania contadina all'Inghilterra puritana.
Le conclusioni sono
necessariamente parziali: ma vale la pena di fermarsi su alcune di
esse per la luce che gettano sull'uno o l'altro interrogativo cui ho
accennato prima.
Solé è convinto, ad
esempio, che l'estrema giovinezza degli sposi, agli albori dell'età
moderna, sia un mito sociologico: in lealtà, egli afferma, i
matrimoni erano tardivi. Lo provano le ricerche più recenti condotte
sull'argomento; e le fonti letterarie e memorialistiche lo
confermano, soprattutto per quanto riguarda le classi popolari. «Ciò
che la nobiltà trovava di stupendo nel matrimonio tardivo riservato
ai poveri», scrive lo studioso francese, «era il fatto ch'esso
ne limitasse a un tempo il numero e i piaceri; unito alla
repressione della sessualità illegittima, mediante un sottilissimo
gioco di rapporti di classe, esso infatti condannava i poveri ad
amare meno, meno presto e meno a lungo dei ricchi».
Anche su altri aspetti,
l'opera di Solé appare utile e interessante. Manca invece (e forse
non poteva essere altrimenti) un'ipotesi complessiva capace di
offrire una spiegazione articolata del processo storico che, dal
Medioevo ad oggi, ha caratterizzato il ruolo del sesso e dell'amore
nella società occidentale Solé sottolinea a ragione l'influenza
esercitata sia dalle chiese cristiane, sia dallo Stato moderno, sia,
ancora, dall'ideologia borghese-capitalistica nell'irrigidire
l'ordinamento sessuale, limitare e addirittura vanificare la libertà
dei singoli, fondare quei miti dell'erotismo che agiscono come
elementi sostitutivi e compensativi di quel che la repressione
generalizzata vieta. Ma non s'avventura a porre questi fattori in una
connessione tale da trarne indicazioni per un modello comprensivo,
ammesso e non concesso che a un simile modello si possa un giorno
arrivare.
Si preoccupa piuttosto di
sfatare leggende e luoghi comuni consolidati nei secoli e di
comunicare al lettere una nostalgia singolare, a volte un vero e
proprio rimpianto, per la società contadina e per quella medioevale.
Anche a Solé, come ad altri storici legati in qualche modo alle
“Annales”, la società del capitalismo e dell'etica protestante
piace assai poco.
“la Repubblica”, 19
ottobre 1979
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