Gesù sull'asino e Maometto sul cammello. Da un'antica miniatura araba |
Tre o quattro anni fa,
improvvisamente, cominciai a vessare amici, conoscenti e consaguinei
anche periferici con una domanda insieme pedagogica, accusatoria,
querula e missionaria: «hai mai letto il Corano?». Come
accade ai missionari, provavo anche una segreta, empia soddisfazione,
quando mi gustavo la sconfitta risposta negativa, o quella anche più
risibile e laica; «un po'». Allora spiegavo ai primi quale
straordinaria esperienza si fossero negata, e ai secondi di quanta
frivolezza fosse indizio quella loro casuale lettura di tanto libro;
e passavo alle moleste e minute indicazioni bibliografiche. In
realtà, era tutto vero; avevo scoperto un libro unico e poderoso,
inquietante ed eccitante; e dico, senza ragionevole pudore,
"scoperto", perché non conosco libro che sia più tenuto a
bada, più congelato ai limiti della nostra irrigidita cultura
europea; e in realtà l'intera cultura islamica ne segue le sorte.
Oggi si possono perfino
trovare dei cattolici che han letto la Bibbia; qualche zaffata
di spiritualità indiana ogni tanto arriva in Europa, magari nella
valigia di qualche Rappresentante d'Anime; abbiamo sentito parlare
della composta saggezza di Confucio, abbiamo ammirato la laconica,
anonima immobilità di Lao tsu; rintracciamo gli stupendi miti
cosmici dei Sioux e dei Dogon; qualcuno fa esercizi di vodou,
con chiave della traduzione; ma, per favore, l'Islam, no. Vale nei
suoi confronti una alleanza ormai secolare cattolico-illuminista,
anche se oggi proprio tra i cattolici si trovano alcuni dei più
intelligenti e reattivi studiosi dell'Islam, e se un Massignon amava
dichiararsi "cattolico-musulmano".
Come che sia, per molte
generazioni Macone o Macometto fu un essere diabolico, e la sua
religione rozza, feroce e sensuale; e per gli illuministi fu un
esempio tipico di "religione" e sapeva di selvatico. Ed è
proprio vero che sa di selvatico, come un animale prezioso e veloce e
di pelle fantasiosa e inafferrabile. Il fastidio europeo per questa
sorta di creatura araldica e afforestata ancora perdura, e consente
la lepidezza: alcune settimane fa Ugo La Malfa, in polemica con un
qualche ministro, disse che costui sapeva d'economia quanto lui, La
Malfa, sapeva di Corano; voleva essere una battuta, e potrebbe essere
un aneddoto storico da meditare; dopo tutto, c'erano molti altri
termini di paragone, ma evidentemente a un politico d'Italia, sebbene
tutt'altro che incolto, il Corano doveva sembrare insieme ilare ed
esotico.
Credo che per un europeo
non assistito da un tecnico il Corano sia pressoché inafferrabile —
stavo per scrivere "incomprensibile" ma non sarebbe stato
esatto: ogni frammento è comprensibile, ma non si vede il disegno
fitto che collega frammento a frammento, in un legame discontinuo,
sussultorio, filiforme e infrangibile; il primo ostacolo è la
struttura, ma la struttura è anche la prima scoperta. Ai nostri
occhi, il Corano non ha né inizio né fine; né ha svolgimento,
sebbene molti temi sorgano e si svolgano e si allaccino 1'uno
all'altro; mescola tutti i generi, è predicazione, invocazione,
profezia, memoria e racconto: costantemente trapassa da un modo
all'altro, sempre fulmineo, ellittico, come inseguito, o in fuga; le
immagini si muovono come in una furiosa e ostinata caccia, che al
termine lascia sul terreno un misterioso e coerente disegno, orme e
pelame e sangue e odore. I capitoli, le "sure", si
susseguono all'incirca dalle più lunghe alle più brevi, in una
classificazione che le pone come rigorosamente contemporanee;
infatti, non solo sono di diverse epoche, ma sono non di rado nate
dalla giustapposizione di frammenti di diversa età; e accoglie
contraddizioni, e le dichiara tali, e anche prescrive ed abroga;
giacché il libro non è dettato da Maometto, ma a Maometto, e non a
lui spetta rettificare o interpretare i "sì" e i "no".
La tradizione racconta che il Corano venne messo assieme da frammenti
scritti su pietre, scapole d'animali, foglie, pelli, papiri; e
racconta anche che talune proposizioni non vennero dettate da
Maometto, ma inserite da un amanuense distratto e pensoso, e
accettate da Maometto; due tradizioni illuminanti sulla qualità, il
destino del libro.
Affollano il Corano
oggetti concreti, terrestri, stoffe, sassi, sabbia, venti; lo
affollano animali ed esseri quotidiani e sacri: gli ebrei della
Medina, Salomone, i Sette dormienti, Alessandro Magno nascosto sotto
il volto del Re dalle due corna, i guerrieri caduti nelle prime
battaglie; ed è gremito di segni, raffiche di vento o moti del
fuoco. La situazione psicologica del Corano è fondata in una
fantasia velocissima e insieme tragicamente umile; totalmente
sproporzionata, e senza riparo di mediazione, è la figura centrale
di Allah nei confronti di tutto il mondo; si pensa a figure bizantine
ebre e sprigionate dalla loro morte cerimoniale, quando si incontrano
immagini di Allah che arrotola i cieli, e veste la terra e l'uomo di
notte, e "insinua la notte nel giorno". Circondano l'uomo
immortale ed esile esseri nati di fiamma, ed altri che sembrano non
aver volto ma solamente gesto: gli Strappanti possenti, i Traenti
lievi, i leggeri Nuotanti.
Fulmineamente allusivo,
talora sigillato ed occulto e tuttavia eccitante come un sogno
lucidamente formato, insieme esplicito e latente, il Corano offre un
tessuto di segni, rado e tuttavia segretamente continuo; e attorno a
quei segni, nello spazio taciturno e notturno che li separa e li
lega, l'occhio del leggente vede formarsi ipotetici disegni,
policromi ed astratti tappeti, una fantasia di acqua e fiori nel
deserto, una fosforescenza nella veste notturna del mondo.
L'Espresso Colore 25
febbraio 1973
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