23.1.15

Hai mai letto il Corano? (Giorgio Manganelli)

Gesù sull'asino e Maometto sul cammello. Da un'antica miniatura araba
Tre o quattro anni fa, improvvisamente, cominciai a vessare amici, conoscenti e consaguinei anche periferici con una domanda insieme pedagogica, accusatoria, querula e missionaria: «hai mai letto il Corano?». Come accade ai missionari, provavo anche una segreta, empia soddisfazione, quando mi gustavo la sconfitta risposta negativa, o quella anche più risibile e laica; «un po'». Allora spiegavo ai primi quale straordinaria esperienza si fossero negata, e ai secondi di quanta frivolezza fosse indizio quella loro casuale lettura di tanto libro; e passavo alle moleste e minute indicazioni bibliografiche. In realtà, era tutto vero; avevo scoperto un libro unico e poderoso, inquietante ed eccitante; e dico, senza ragionevole pudore, "scoperto", perché non conosco libro che sia più tenuto a bada, più congelato ai limiti della nostra irrigidita cultura europea; e in realtà l'intera cultura islamica ne segue le sorte.
Oggi si possono perfino trovare dei cattolici che han letto la Bibbia; qualche zaffata di spiritualità indiana ogni tanto arriva in Europa, magari nella valigia di qualche Rappresentante d'Anime; abbiamo sentito parlare della composta saggezza di Confucio, abbiamo ammirato la laconica, anonima immobilità di Lao tsu; rintracciamo gli stupendi miti cosmici dei Sioux e dei Dogon; qualcuno fa esercizi di vodou, con chiave della traduzione; ma, per favore, l'Islam, no. Vale nei suoi confronti una alleanza ormai secolare cattolico-illuminista, anche se oggi proprio tra i cattolici si trovano alcuni dei più intelligenti e reattivi studiosi dell'Islam, e se un Massignon amava dichiararsi "cattolico-musulmano".
Come che sia, per molte generazioni Macone o Macometto fu un essere diabolico, e la sua religione rozza, feroce e sensuale; e per gli illuministi fu un esempio tipico di "religione" e sapeva di selvatico. Ed è proprio vero che sa di selvatico, come un animale prezioso e veloce e di pelle fantasiosa e inafferrabile. Il fastidio europeo per questa sorta di creatura araldica e afforestata ancora perdura, e consente la lepidezza: alcune settimane fa Ugo La Malfa, in polemica con un qualche ministro, disse che costui sapeva d'economia quanto lui, La Malfa, sapeva di Corano; voleva essere una battuta, e potrebbe essere un aneddoto storico da meditare; dopo tutto, c'erano molti altri termini di paragone, ma evidentemente a un politico d'Italia, sebbene tutt'altro che incolto, il Corano doveva sembrare insieme ilare ed esotico.
Credo che per un europeo non assistito da un tecnico il Corano sia pressoché inafferrabile — stavo per scrivere "incomprensibile" ma non sarebbe stato esatto: ogni frammento è comprensibile, ma non si vede il disegno fitto che collega frammento a frammento, in un legame discontinuo, sussultorio, filiforme e infrangibile; il primo ostacolo è la struttura, ma la struttura è anche la prima scoperta. Ai nostri occhi, il Corano non ha né inizio né fine; né ha svolgimento, sebbene molti temi sorgano e si svolgano e si allaccino 1'uno all'altro; mescola tutti i generi, è predicazione, invocazione, profezia, memoria e racconto: costantemente trapassa da un modo all'altro, sempre fulmineo, ellittico, come inseguito, o in fuga; le immagini si muovono come in una furiosa e ostinata caccia, che al termine lascia sul terreno un misterioso e coerente disegno, orme e pelame e sangue e odore. I capitoli, le "sure", si susseguono all'incirca dalle più lunghe alle più brevi, in una classificazione che le pone come rigorosamente contemporanee; infatti, non solo sono di diverse epoche, ma sono non di rado nate dalla giustapposizione di frammenti di diversa età; e accoglie contraddizioni, e le dichiara tali, e anche prescrive ed abroga; giacché il libro non è dettato da Maometto, ma a Maometto, e non a lui spetta rettificare o interpretare i "sì" e i "no". La tradizione racconta che il Corano venne messo assieme da frammenti scritti su pietre, scapole d'animali, foglie, pelli, papiri; e racconta anche che talune proposizioni non vennero dettate da Maometto, ma inserite da un amanuense distratto e pensoso, e accettate da Maometto; due tradizioni illuminanti sulla qualità, il destino del libro.
Affollano il Corano oggetti concreti, terrestri, stoffe, sassi, sabbia, venti; lo affollano animali ed esseri quotidiani e sacri: gli ebrei della Medina, Salomone, i Sette dormienti, Alessandro Magno nascosto sotto il volto del Re dalle due corna, i guerrieri caduti nelle prime battaglie; ed è gremito di segni, raffiche di vento o moti del fuoco. La situazione psicologica del Corano è fondata in una fantasia velocissima e insieme tragicamente umile; totalmente sproporzionata, e senza riparo di mediazione, è la figura centrale di Allah nei confronti di tutto il mondo; si pensa a figure bizantine ebre e sprigionate dalla loro morte cerimoniale, quando si incontrano immagini di Allah che arrotola i cieli, e veste la terra e l'uomo di notte, e "insinua la notte nel giorno". Circondano l'uomo immortale ed esile esseri nati di fiamma, ed altri che sembrano non aver volto ma solamente gesto: gli Strappanti possenti, i Traenti lievi, i leggeri Nuotanti.
Fulmineamente allusivo, talora sigillato ed occulto e tuttavia eccitante come un sogno lucidamente formato, insieme esplicito e latente, il Corano offre un tessuto di segni, rado e tuttavia segretamente continuo; e attorno a quei segni, nello spazio taciturno e notturno che li separa e li lega, l'occhio del leggente vede formarsi ipotetici disegni, policromi ed astratti tappeti, una fantasia di acqua e fiori nel deserto, una fosforescenza nella veste notturna del mondo.


L'Espresso Colore 25 febbraio 1973

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