Una manifestazione antiaborto a Varsavia |
Negli ultimi mesi sono
state molte le proteste in Polonia sull’aborto. Di segno opposto.
Sono scesi in piazza i gruppi pro-life, così come coloro che
appoggiano l’interruzione di gravidanza.
Tutto ha avuto origine da
un’iniziativa lanciata a fine marzo dalla Conferenza episcopale. I
vescovi hanno chiesto al parlamento di approvare una norma che vieti
in quasi ogni circostanza l’aborto e azzeri dunque l’attuale
legge, già ritenuta tra le più restrittive in Europa. Oggi
l’interruzione viene autorizzata solo in tre casi: se la gravidanza
è conseguenza di uno stupro, se il feto è gravemente deformato o se
mette a rischio la salute della madre. Qualora dovesse passare la
nuova legge, solo quest’ultima ipotesi, e solo nel caso la vita
della madre fosse in pericolo, potrebbe giustificare un intervento.
La mossa dei vescovi ha
suscitato una forte reazione fin dal sabato successivo, quando nella
capitale Varsavia qualche migliaio di persone, donne soprattutto,
hanno deciso di esternare il proprio dissenso. A distanza di qualche
giorno anche i gruppi pro-life hanno mobilitato i propri militanti.
Poi ci sono stati altri picchetti, dall’una e dall’altra parte
della barricata.
L’azione dei pro-life
non è solo di piazza. Proprio nei giorni scorsi è stata portata a
termine una raccolta firme per portare la questione in parlamento. Il
governo monocolore di Diritto e
Giustizia (PiS) sulle prime ha appoggiato le proposta della
chiesa. Adesso prende tempo. Già impegnato nella disputa sulla
riforma del tribunale costituzionale, che ha aperto un contenzioso
sullo stato di diritto con la Commissione europea e lacerato
l’opinione pubblica, teme che la faccenda dell’aborto possa
aprire un fronte troppo difficile da gestire.
Non è un caso, tuttavia,
che l’offensiva anti-abortista della chiesa sia scattata dopo il
ritorno al potere del partito populista, vincitore alle urne lo
scorso ottobre. Il rapporto tra i vertici della chiesa e Jaroslaw
Kaczynski è stretto. Michal Szuldrzynski, editorialista del
quotidiano Rzeczpospolita, spiega che «Kaczynski vede nella chiesa
un’alleata, perché le rispettive visioni dell’ordine sociale e
morale sono simili». E questo si trasforma in un “patto”. Che ha
avuto il suo peso alle ultime elezioni. E se sull’aborto c’è una
pausa di riflessione, in compenso il governo ha revocato il
finanziamento statale per la fecondazione assistita, introdotto dal
precedente esecutivo liberale malgrado la contrarietà allora
espressa dalla chiesa. «In Polonia senza un certo rapporto con la
chiesa non si vince né si governa. I liberali hanno sempre cercato
di evitare rotture. L’unica volta che lo hanno fatto è stato,
appunto, sulla fecondazione assistita. Ma solo perché i sondaggi
indicavano che la cosa sarebbe stata accettata dalla maggior parte
dei polacchi», dice Maciej Gajek, esperto di chiesa dell’edizione
polacca del magazine Newsweek.
E sull’aborto, come
andrà a finire? Gajek è convinto che «se l’eventuale
introduzione del divieto di aborto darà a Kaczynski più potere, se
ne ricaverà maggiore sostegno da parte della chiesa, allora
appoggerà questa legge illiberale». Se ne riparlerà dopo l’estate,
quando il parlamento dovrebbe prendere in esame la raccolta firme
depositata dai pro-life. Intanto, la “guerra bioetica” potrebbe
arricchirsi di un altro capitolo. Il governo pensa alla
reintroduzione della prescrizione per la pillola del giorno dopo, al
momento acquistabile senza passare dal medico per chi ha superato i
quindici anni d’età.
Pagina 99, 16 luglio 2016
Nessun commento:
Posta un commento