Questa
rapida rassegna bibliografica su Francesco d'Assisi che, a cura di
Nazareno Fabbretti, “la Repubblica” pubblicò in occasione
dell'ottavo centenario dalla nascita (1981), mi pare tuttora utile.
Necessita, ovviamente, di un aggiornamento relativo agli ultimi
quattro decenni, in cui due letture sono state precipuamente
valorizzate: quella ecologico-ambientalista e quella ecumenica
interreligiosa. L'enciclica del 2015, di un papa che ha scelto come
nome d'arte Francesco, Laudato sì,
oltre ad ispirarsi al santo poverello perfino nel titolo, incipit del
Cantico di frate Sole,
contiene un'interpretazione di Francesco che sussume la costruzione
del santo ecologista cresciuta negli ultimi trent'anni. (S.L.L.)
«Il
più orientale dei santi occidentali, il più occidentale dei santi
orientali», più che una definizione documentata di san Francesco
d’Assisi, sulla soglia dell’ottavo centenario della nascita
(1182-1982), questo d’uno dei suoi ultimi biografi sembra uno
slogan. Sotto il fascismo, alla vigilia della seconda guerra
mondiale, nel 1939, per far coraggio agli italiani, Pio XII lo
proclamò patrono d’Italia e il fascismo ripescò, lasciando
intendere che fosse di Mussolini, una definizione che è invece di
Ruggero Bonghi: «Il più santo degli italiani, il più italiano dei
santi».
Oggi,
invece del «genio della stirpe», si tende a riscoprire e rivalutare
Francesco come esempio di esperienza spirituale o spiritualista, se
ne fa una specie di guru cristiano, come dimostra la biografia del
frate domenicano indiano, Anthony Elenjimittam (Francesco
d’Assisi, lo yogi dell’amore cosmico,
Edizioni dell’Acquario, Torino) da cui è tratta la definizione
citata all’inizio.
Il
settimo centenario della morte di Francesco, nel 1926, impegnò
storici e biografi cattolici e protestanti, credenti e agnostici,
soprattutto allo studio del contesto sociale e politico in cui il
fenomeno Francesco e il suo ordine erano stati possibili e avevano
costituito, per certi aspetti, un superamento del dualismo dei poteri
dominanti, Impero e Chiesa. L’opera di maggiore rigore e di più
efficace stimolo in tal senso, e ricca d’un afflato religioso e
innovatore profondissimo, fu, già dal 1896, la Vita di san
Francesco d’Assisi del pastore
luterano e storico francese Paul Sabatier (ripubblicata in Italia nel
1976, negli Oscar Mondadori, da Lorenzo Bedeschi). Sull’esempio di
Sabatier si mossero, soprattutto nel centenario del 1926, un
convertito svedese, Giovanni Joergensen, che si stabili ad Assisi
fondandovi anche un centro di studi francescani, Maria Sticco, una
collaboratrice di padre Agostino Gemelli, la quale col suo san
Francesco d’Assisi (riaggiornato poi in innumerevoli edizioni, fino
al 1978) copri lo spazio dell’agiografia divulgativa ma con
efficacia anche storica, mentre dal canto suo, il convertito Gemelli
scriveva sul «dopo Francesco» una summa apologetica ad oltranza, Il
francescanesimo, anch’esso
ripubblicato spessissimo dalla Vita e Pensiero. Arnaldo Fortini,
podestà di Assisi, negli anni del fascismo dava fondo a tutto quanto
contenevano gli archivi civili ed ecclesiastici della città e
dell’Umbria, e pubblicava la Vita nova di san Francesco
e altri saggi storici e critici. Anche Salvatore Attal, un ebreo
convertito pubblicava un San Francesco d’Assisi
di notevole rigore storico, e un saggio rivalutatore dell’uomo che
fu, nell’ordine, 1’opposto radicale del santo, Frate Elia da
Cortona.
Per
oltre mezzo secolo, in Italia ma soprattutto all’estero, e in
particolare in Germania e in Francia, l’interesse di storici e
biografi fu rivolto al mistico, al fondatore e riformatore, cioè
all’uomo che, in senso ascetico, aveva fatto una radicale «scelta
di classe», ma senza mai giungere, come Valdo e gli altri eretici e
ribelli dell’epoca, alla «lotta di classe» contro la Chiesa.
Intanto, mentre persino D’Annunzio s’occupava, a suo modo, qua e
là, del Poverello e ne vestiva qualche volta persino il saio, o si
faceva ritrarre nel «lebbroso» baciato dal Poverello, l’agiografia
devozionale continuava a ricalcare passivamente lo schema dei primi e
maggiori biografi del santo, Tommaso da Celano e san Bonaventura,
cioè quello di Francesco come «l’altro Cristo», immagine che
alil’inizio aveva rischiato di condurre l’ordine alla
«francescolatria». Fondamentale fu, nel 1925, e, molto diffuso fino
ad oggi anche in Italia L’ideale di san Francesco,
del cappuccino Ilarino Felder, e uno studio del gesuita Peter
Lippert, insieme ad un San Francesco d’Assisi
dello scrittore inglese Gilbert K. Chesterton, mentre il francescano
tédesco Kajetan Esser si è dedicato seriamente fino alla morte,
avvenuta l’anno scorso, agli studi sulle Origini
dell’ordine francescano,
tradotta e pubblicata in Italia, nel 1976, dalla Jaka Book.
I
nuovi studi, biografie, saggi, inchieste privilegiano finora
Francesco dal punto di vista sociale ed ecclesiale, dal modello
ideale della «Jesus revolution» dei «figli dei fiori» degli anni
sessanta al Francesco innovatore «conciliatore» e protagonista
esistenziale del dramma contemporaneo della ricerca dell’identità
sociale e religiosa. Si è cercato di scavare nei documenti e
nell’immagine di Francesco con intenzioni oneste e metodi spesso
rigorosi, ma finora si è trattato di eccezioni rare, e i risultati
raggiunti, nel complesso non hanno nulla a che vedere con quelli
biografici e storiografici del 1926. Non è mancato chi, in questa
ricerca, ha scelto lo strumento del romanzo, diretto o indiretto.
L’esempio più serio è indubbiamente, su questo versante Le
mura del cielo (Rizzoli) di
Ferruccio Ulivi. Oltre gli ultimi studi storici, ma tenendone conto
nella sostanza, il romanzo di Ulivi è «francescano» almeno nella
sua asciutta scrittura, e nella parsimonia con cui legge la «lotta
con l’angelo» da parte di Francesco, una lotta che, interiormente,
durerà tutta la vita, senza tuttavia darci definitive risposte.
Infatti uno dei biografi contemporanei più acuti e più letti anche
in Italia nelle traduzioni curate dall’Editrice Cittadella di
Assisi, il fiammingo Van Doornik afferma, in Francesco,
profeta per il nostro tempo:
«Chi realmente Francesco sia, nessuno lo sa». Una biografia giocata
popolarmente sull’«io narrante» del santo è quella di fratel
Carlo Carretto (Io, Francesco...
Cittadella/Messaggero, Assisi - Padova), mentre con meno ambizioni si
muove Vasco Lucarelli che traccia la storia intima e familiare di
Francesco prima della nascita dell’ordine, in Giovanni
detto Francesco (Città
Armoniosa).
Quanto
a studi e saggi storici critici, in Italia non disponiamo finora che
del San Francesco di
Raoul Manselli (Ed. Bulzoni, Roma), versione condensata della stessa
opera che vedrà presto la luce provveduta di tutto il corredo
culturale e scientifico. A Manselli si affianca una brava Storia
del Francescanesimo, di Teodoro
Lombardi (Ed. Messaggero, Padova). Sul Francesco, che da Cimabue a
Giotto ha ispirato gli artisti di ogni tempo, non mancheranno, in
questo centenario, gli album di varia (e costosissima) celebrazione.
Il più singolare ed efficace, sinora, è l’omaggio d’un frate
pittore, scultore e architetto di fama internazionale, Costantino
Ruggeri, che ha dedicato a Francesco una cartella di 4 tavole
originali (Francesco e gli amici)
e un libro d’arte Quivi è perfetta amicizia
(Messaggero, Padova) introdotto da David Maria Turoldo. Ruggeri e
Luigi Santucci sono associati (testi in «io narrante» e tavole
relative) in un libro di grande fantasia e grazia, per adulti e
ragazzi; La laude degli animali
(Messaggero, Padova). Le Edizioni Paoline contribuiscono al
centenario con diversi libri di tema francescano, ma soprattutto con
una monumentale edizione dei Fioretti, per biblioteche e amatori,
introdotta da Evelyn Silber e Nazareno Fabbretti, e illustrata con
miniature rare e prenaif di totale delizia dovute a una clarissa
tedesca del sec. XV, Sibilla von Bondorf.
Luigi
Santucci ha curato per Mondadori un monumentale omaggio a Francesco,
Francesco otto secoli,
una raccolta di saggi e testimonianze di alcuni dei maggiori
scrittori e studiosi contemporanei, fra i quali Heinrich Boll, madre
Teresa di Calcutta, M.D. Chenu, Olivier Clèment, Ernesto Balducci,
Lucio Lombardo Radice, Elio Toaf, Vittorino Joannes, Italo Alighiero
Chiusano, Giancarlo Vigorelli e molti altri, e con una documentazione
illustrativa classica e originale di grande ricchezza. Non si tratta
d’un libro critico, bensì di una riflessione corale
sull’attualità-inattualità evangelica del santo più amato e meno
pregato della storia cristiana.
Ma
l’iniziativa più ricca e meritoria che per la prima volta, in
Italia, hanno a disposizione storici e biografi è l’edizione,
curata dalle Edizioni Francescane di Bologna, dalla Biblioteca
francescana di Milano, dal Messaggero di Padova, delle Fonti
Francescane: oltre duemila pagine che offrono (purtroppo non in
edizione critica definitiva, e non sempre in traduzioni degne dei
testi) tutto lo scibile di e su Francesco, Chiara e l’ordine
apparso nel primo secolo francescano; il tutto introdotto, settore
per settore, da una équipe di ottimi storici e critici dell’ordine,
frati, suore, e laici. Il vantaggio è che ora si può dunque
verificare in diretta la figura, la personalità, l’influenza di
Francesco sull’uomo e sulla Chiesa del «Mille e non più Mille»
e, oggi, sull’uomo e sulla Chiesa del «Duemila non più Duemila»,
già sulla soglia di quello che Wojtyla definisce «il secondo
Avvento», e sull’orlo dell’«apocalisse nucleare».
Allegri,
però. Qualcuno non ha di questi amorosi pensieri. All’ultima Fiera
del libro per ragazzi, a Bologna, non è mancato chi ha lanciato
fumetti e fantafioretti francescani, su un’ennesima vicenda di Lupo
de Lupis, ribattezzato La lupa di Gubbio.
Il soggetto è già stato comprato a scatola chiusa per tutto il
mondo.
“la
Repubblica”, 26 settembre 1981
Nessun commento:
Posta un commento