Tra i meriti di Umberto
Eco, il cui geniale acume critico non facciamo che rimpiangere, vi fu
quello del divulgatore. Qualcuno si ricorda la sua insistenza nel
valorizzare in campo didattico la pratica del riassunto nelle sue
varie forme; in questa “bustina di Minerva” passata
dall'“Espresso” alla raccolta Papé Satan Aleppe
egli riassume la teoria di Bauman della “società liquida”. Da
par suo: cioè con una efficacia comunicativa che sa rendere facile
il difficile. Il finale, che segnala una fedeltà non scossa dagli
eventi alla ricerca, all'intelligenza, alla ragione, è anche un
testamento. (S.L.L.)
L’idea di modernità o
società “liquida” è dovuta, com’è noto, a Zygmunt Bauman.
Per chi voglia capire le varie implicazioni di questo concetto può
essere utile Stato di crisi (Einaudi, 2015) dove Bauman e
Carlo Bordoni discutono di questo e altri problemi.
La società liquida
inizia a delinearsi con quella corrente detta postmoderno (peraltro
termine “ombrello” sotto cui si affollano diversi fenomeni,
dall’architettura alla filosofìa e alla letteratura, e non sempre
in modo coerente). Il postmodernismo segnava la crisi delle “grandi
narrazioni” che ritenevano di poter sovrapporre al mondo un modello
di ordine; si è dedicato a una rivisitazione ludica o ironica del
passato, e in vari modi si è intersecato con le pulsioni
nichilistiche. Ma per Bordoni anche il postmodernismo è in fase
decrescente. Esso era di carattere temporaneo, ci siamo passati
attraverso senza neppure accorgercene, e sarà un giorno studiato
come il preromanticismo. Serviva a segnalare un avvenimento in corso
d’opera, ha rappresentato una sorta di traghetto dalla modernità a
un presente ancora senza nome.
Per Bauman tra le
caratteristiche di questo presente in stato nascente si può
annoverare la crisi dello Stato (quale libertà decisionale rimane
agli stati nazionali di fronte ai poteri delle entità
supernazionali?). Scompare un’entità che garantiva ai singoli la
possibilità di risolvere in modo omogeneo i vari problemi del nostro
tempo, e con la sua crisi ecco che si sono profilate la crisi delle
ideologie, e dunque dei partiti, e in generale di ogni appello a una
comunità di valori che permetteva al singolo di sentirsi parte di
qualcosa che ne interpretava i bisogni.
Con la crisi del concetto
di comunità emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più
compagno di strada di ciascuno ma antagonista, da cui guardarsi.
Questo “soggettivismo” ha minato le basi della modernità, l’ha
resa fragile, da cui una situazione nella quale, mancando ogni punto
di riferimento, tutto si dissolve in una sorta di liquidità. Si
perde la certezza del diritto (la magistratura è sentita come
nemica) e le uniche soluzioni per l’individuo senza punti di
riferimento sono l’apparire a tutti i costi, l’apparire come
valore (fenomeni di cui mi sono sovente occupato nelle Bustine) e il
consumismo. Però si tratta di un consumismo che non mira al possesso
di oggetti di desiderio in cui appagarsi, ma che li rende subito
obsoleti, e il singolo passa da un consumo all’altro in una sorta
di bulimia senza scopo (il nuovo telefonino ci dà pochissimo
rispetto al vecchio, ma il vecchio va rottamaio per partecipare a
quest’orgia del desiderio).
Crisi delle ideologie e
dei partiti: qualcuno ha detto che questi ultimi sono ormai dei taxi
sui quali salgono un capopopolo o un capobastone che controllano dei
voti, scegliendoli con disinvoltura a seconda delle opportunità che
consentono - e questo rende persino comprensibili e non più
scandalosi i voltagabbana. Non solo i singoli, ma la società stessa
vive in un continuo processo di precarizzazione.
Che cosa si potrà
sostituire a questa liquefazione? Non lo sappiamo ancora e questo
interregno durerà abbastanza a lungo. Bauman osserva come (finita la
fede in una salvezza proveniente dall’alto, dallo Stato o dalla
rivoluzione), sia tipico dell’interregno il movimento
d’indignazione. Questi movimenti sanno che cosa non vogliono ma non
che cosa vogliono. E vorrei ricordare che uno dei problemi posti dai
responsabili dell’ordine pubblico a proposito dei black bloc è che
non si riesce più a etichettarli, come poteva avvenire con gli
anarchici, coi fascisti, con le Brigate Rosse. Essi agiscono, ma
nessuno sa più quando e in quale direzione. Neppure loro.
C’è un modo per
sopravvivere alla liquidità? C’è, ed è rendersi appunto conto
che si vive in una società liquida che richiede, per essere capita e
forse superata, nuovi strumenti. Ma il guaio è che la politica e in
gran parte l’intellighenzia non hanno ancora compreso la portata
del fenomeno. Bauman rimane per ora una “vox clamantis in deserto”.
2015
da Pape Satàn Aleppe, La nave di Teseo, 2016
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