Gustave Courbet - Proudhon e le sue figlia |
Da “A-Rivista
anarchica” riprendo la prima parte della recensione di due mostre
(a Mendrisio, in Svizzera, e a Lecco) purtroppo già concluse. Lo
scritto di Buncunga è comunque utilissimo a suggerire piste sui
rapporti tra arte e anarchia. (S.L.L.)
Paul Signac - Au temps d'harmonie |
“Au temps de
l'Anarchie, l'age d'or n'est pas dans le passé, il est dans
l'avenir”: questo il titolo originale che Paul Signac,
anarchico e componente del gruppo dei neo-impressionisti diede
originariamente alla sua opera forse più rappresentativa realizzata
nel 1895 - poi ribattezzata più prudentemente “Au temps
d'harmonie” - nel corso dei suoi soggiorni insieme agli altri
esponenti della sua corrente nei pressi di Saint Tropez. La visione
di un futuro liberato dallo sfruttamento, un tempo di armonia in cui
coltivare le arti e godere del tempo libero, l'utopia anarchica di
una società futura fu la base del programma pittorico
neo-impressionista. Come ci ricorda Aurora Scotti Tosini nel suo bel
saggio Intrecci di arte e anarchia, presente nel ricco
catalogo della mostra Addio Lugano bella. Anarchia tra storia e
arte. Da Bakunin al Monte Verità, da Courbet ai dada, realizzata
a Mendrisio (Museo d'arte, 22 marzo-5 luglio 2015): “Elisée
Reclus ritrovava nei villaggi della Francia meridionale le tracce di
un tempo in cui dominava l'armonia e quindi i valori che il pensiero
anarchico pensava di far rivivere”.
Camille Pissarro |
Fortemente influenzati
dalle teorie di Petr Kropotkin e dallo stesso Reclus i
neo-impressionisti furono uno dei gruppi più coerentemente orientati
in modo anarchico, affiancati anche dal vecchio nume tutelare di
Camille Pissarro, fervente kropotkiniano ed amico di Jean Grave, che
per un periodo, soprattutto per affinità ideale, si staccò dagli
impressionisti.
Forse Pissarro può
essere considerato l'archetipo dell'artista anarchico nella sua
accezione più alta ed anche il più coerente e longevo degli
impressionisti. Inizia la sua carriera con influenze realiste,
sopratutto nel suo soggiorno in Venezuela, e sin dall'inizio si
interessa del mondo degli esclusi e degli oppressi. Nato nelle
Antille proseguirà gli studi in Francia dove si stabilirà poi
definitivamente tranne che nel periodo della guerra Franco-Prussiana
quando emigra provvisoriamente in Inghilterra. Espone sin dai primi
tempi con gli impressionisti e diventa il cuore anarchico ed il
legante del gruppo composto da artisti di vario orientamento politico
e provenienza sociale, in qualche modo il vecchio saggio a cui
rivolgersi per un consiglio o un supporto materiale in qualsiasi
momento. È anarchico il connotato fondamentale del gruppo
impressionista: la creazione di un'insieme di individui, legati da un
progetto comune di affinità artistica e contemporaneamente storie
individuali che prenderanno nel tempo vie diverse, senza la presenza
di leader o una struttura gerarchica definita. Progetto che Pissarro
difenderà sino all'ultimo, anche dopo lo scioglimento degli
Impressionisti. Trasmetterà le tecniche e le idee impressioniste
anche a Van Gogh al suo arrivo a Parigi e seguirà il percorso
pittorico di Gauguin, da buon anarchico non trasmettendo ricette ma
aiutando i due artisti ad esprimere la propria individualità. Anche
spesso con grandi delusioni, come l'allontanamento di Gauguin, suo
discepolo preferito, dal realismo per approdare al simbolismo ed allo
spiritualismo, molto in voga all'epoca. Sarà l'unico amico di tutta
una vita del solitario Paul Cezanne con il quale scambierà sino
all'ultimo esperienze e tecniche e spesso anche il pennello sullo
stesso quadro. Crederà di vedere rivivere le sue idee nel movimento
neo-impressionista, politicamente orientato in senso anarchico, ma
alla fine si allontanerà anche da questo, troppo scientifico ed in
qualche modo accademico per i suoi gusti. Darà, tutta la vita,
collaborando con tutti e contemporaneamente mantenendo la sua precisa
individualità.
Nell'esposizione
compaiono alcune delle sue opere più rappresentative, tra le quali
notevoli le incisioni per le Turpitudes sociales, per educare
le nipotine Esther ed Alice agli orrori della moderna società
capitalista. Forse Pissarro mantenne nella sfera privata queste sue
incisioni che davano un netto segno delle sue idee anarchiche anche
per evitare denunce e ritorsioni delle quali era stato oggetto più
volte insieme ai suoi figli in quanto anarchico prima e poi ebreo in
una delle tante epoche di montante anti-semitismo ricorrenti in
Francia. È sporadico l'impegno politico diretto nelle opere di
Pissarro, così come negli altri esponenti impressionisti e
neo-impressionisti che spesso, chiamati ad illustrare le riviste
satiriche ed anarchiche, oppongono la motivazione che l'arte non
debba essere strumento di pura propaganda, ma essere un mezzo di
liberazione in sé e ricerca di armonia. Pissarro spesso rifiuta di
produrre tavole illustrative anche all'amico Jean Grave che lo
sollecita per la sua rivista militante “La Révolte”.
Gustave Courbet - Gli spaccapietre |
Ma la nascita organica di
un forte rapporto tra l'arte ed il pensiero anarchico nasce nel
fecondo rapporto tra Goustave Courbet, l'artista ribelle autodidatta,
capostipite del Realismo in pittura ed il filosofo anarchico
Pierre-Joseph Proudhon. Entusiasta delle prime opere realiste di
Courbet, in primis Gli spaccapietre del 1849, Proudhon si
propone di scrivere un breve pamphlet sul lavoro dell'artista che
finirà per coinvolgerlo per diversi anni sino a divenire un tomo di
quasi cinquecento pagine e finire per essere editato, quasi
completato, solo pochi mesi dopo la sua morte nel 1865 con il titolo
Du principe de l'art et de sa destination sociale. In
quest'opera Proudhon sostanzialmente sostiene che l'opera d'arte
debba essere strumento di denuncia sociale e possa collaborare alla
costruzione di una nuova società più libera. Abolire ogni accademia
e descrivere la società in cui si vive con uno schietto realismo e
senza preconcetti idealistici o classici sarà l'intento di Courbet e
degli artisti che aderiranno al movimento. Courbet parteciperà
attivamente ai moti che culmineranno nella Comune di Parigi durante
la quale sarà il responsabile della politica artistica, ruolo che
gli procurerà in seguito il carcere e poi l'esilio.
Di questa amicizia la
mostra di Mendrisio ci da un'ottima testimonianza nel ritratto di
Proudhon eseguito da Courbet nel 1865 a poca distanza della morte del
filosofo.
Dal realismo in poi i
legami tra il mondo dell'arte e le teorie e le pratiche anarchiche
non verranno mai meno ed arrivano sino ad oggi con alterne fortune ed
attraverso mille rivoli che in maniera carsica scompaiono
improvvisamente per riapparire nei modi più insospettati.
Mi piace ricordare che il
tentativo di ricostruire questi profondi ed intricati rapporti tra il
pensiero anarchico e il mondo dell'arte nasce verso la fine degli
anni Settanta grazie ad alcuni compagni tra i quali vorrei ricordare
almeno Fabio Santin, Dario Bernardi e il sottoscritto. Il nostro
interesse poi sfociò nell'allestimento della mostra Arte e
Anarchia in occasione del Convegno internazionale del settembre
del 1984 a Venezia promosso dal Centro Pinelli, in tempi in cui
accostare i due mondi sembrava un'opera velleitaria e di mera
propaganda che lasciava perplessi molti militanti. Ricordo i
contributi importanti di Arturo Schwarz e di Pietro Ferrua a
quell'esposizione ed in seguito anche di Enrico Baj.
La Mostra di Mendrisio e
quella di Lecco (dedicata ai disegnatori satirici anarchici) in
questo panorama sono una bella sorpresa. Mi aspettavo qualcosa di più
sotto-tono o una presentazione folkloristica della presenza
anarchica, come spesso succede, sono invece rimasto piacevolmente
sorpreso dalla quantità e dalla qualità delle opere esposte e dal
rigore dell'esposizione e delle ricerche storiche testimoniate in un
catalogo, assolutamente necessario per chiunque si interessi
dell'argomento...
A-Rivista anarchica anno
45 n. 399 giugno 2015
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