Edmondo De Amicis |
La notizia non poteva
passare inosservata e quasi tutti i giornali l'hanno data
commentandola (era inevitabile) con un sorriso cattivo. Ma, anche se
siamo in agosto, erano evitabili il facile gioco di parole (Quello
scellerato di De Amicis, marito senza cuore, Il Corriere della
Sera; Senza cuore. De Amicis mostro: lo rivela un romanzo della
moglie, La Stampa-Tutto libri; fino al nostro giornale che fa
esclamare a una ipotetica femminista: De Amicis? Altro che Cuore
quello lì picchiava la moglie) e un certo comune atteggiamento
di ironico distacco dalla notizia ma anche di malcelato disprezzo per
il nostro Edmondo. Colpa di Cuore, naturalmente, più che del
romanzo di settecento pagine dal titolo Conclusione, che la
signora Teresa De Amicis cominciò a scrivere nel 1898, dopo la
separazione di fatto dal marito. Colpa di Cuore, perché come
le persone anche i libri, certi libri, sono seguiti dalla loro ombra.
E ombra lunga è quella di Cuore e contro di essa hanno
lottato, anche in anni recenti, critici letterari e scrittori
provocando al libro (con sorrisi alla Franti...) multipli infarti.
Pensavamo, però, si fosse ormai d'accordo che Edmondo De Amicis è
stato un grande scrittore e che Cuore, in particolare, ha il
pregio di essere una lucida opera di storia del presente;
appassionata e freddamente calcolata, ingenua e talvolta meccanica
quanto può esserlo un racconto costruito abilmente sull'unità di
tempo (dieci mesi), di luogo (una scuola), di personaggio (un ragazzo
e il suo diario) ma che comunque dà una precisa immagine di una
società nel difficile equilibrio dei suoi (ci si passi l'espressione
ma non saprei come sostituirla) rapporti di classe, di ideologie, di
lingua, di costume: insomma, una invenzione che ha per modello il
reale; anzi è una invenzione temporalmente e concettualmente
simmetrica del reale, in un'epoca, gli anni 80 dell'Ottocento, di
accademismi veristici e naturalistici. Semmai il limite di Cuore
è un altro; è la difficoltà di De Amicis di rendere allegorica la
materia prelevata dalla storia del suo tempo, è la sua intenzione di
usare, al posto della metafora, la pedagogia. Solo se non si
riconosce l'importanza letteraria di Cuore si può dare
rilievo letterario (e, mi sembra, anche verità storica) al romanzo
della signora De Amicis e, soprattutto, si possono attribuire al
cuore di Edmondo De Amicis, cioè ai suoi sentimenti la doppiezza e
la falsità con cui si è soliti dipingere la sua opera più famosa.
Ecco allora il De Amicis sadico, canaglia, mostro, libertino spietato
e senza scrupoli (sono queste le parole fra il serio e lo scherzoso
dei giornali che ho citato). Mentre i fatti più verosimili e
attendibili ci dicono di un uomo che ha vissuto un tragico rapporto
coniugale accanto a una donna gelosa, profondamente turbata. Teresa
De Amicis identificava l'adesione al socialismo del marito con una
sorta di libertinaggio morale, contrapponendo la sua immagine di
donna borghese e savia a quella delle abbiette femmine che scalzano
le basi delle famiglie e del mondo. Probabilmente appartenevano alla
prima, esile schiera di donne emancipate che il partito socialista di
Filippo Turati e di Anna Kuliscioff stava suscitando nell' Italia
drammaticamente borghese di fine secolo e che lo scrittore
frequentava. Proprio a Turati, infatti, De Amicis aprirà il suo
animo, sconvolto tra l'altro dal suicidio del figlio ventenne nel
1898, scrivendogli di essere paralizzato e straziato da “scene
domestiche che mi accasciano la vita” e per le quali sarà
costretto, come Tolstoj, a fuggire di casa. Da quel che si sa, Teresa
De Amicis era gelosa di tutte le donne con le quali il marito poteva
entrare in contatto. “Anche quelle che rubano il titolo di oneste -
scrive nel romanzo - nella loro particolarità sono pestilenziali; si
slanciano anch'esse alla caccia dei maschi; nelle vesti, nelle
movenze, nelle parole e nel viso si leggono le loro intime vergogne.
E l'occhio avido dell' uomo le indovina e le segue...”. Ma per
comunicare queste e altre considerazioni antifemminili Teresa ha
scritto e stampato a Torino, nel 1901, un romanzo. Non sarà stata
gelosa soprattutto del romanziere Edmondo De Amicis?
“la Repubblica” 9
agosto 1989
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