Katie Keranen |
Uno studio geologico
pubblicato su “Science” ha confermato che l'ondata di terremoti
che ha colpito l'Oklahoma, a partire dal 2008, è stata causata dalle
operazioni di iniezione delle acque reflue in appositi pozzi
costruiti in profondità. Tali fenomeni sismici rappresentano la metà
di quelli che hanno colpito gli Stati Uniti centrali e orientali tra
il 2008 e il 2013, attirando subito l'attenzione - data la frequenza
assolutamente atipica per la regione interessata.
L'Oklahoma è così
diventato il secondo Stato più sismicamente attivo, subito dopo la
California.
È stato un team
di ricercatori della Cornell University a confermare la scoperta e
gli scienziati, guidati dalla professoressa di geofìsica Katie
Keranen, sono arrivati a una serie di punti fermi che andranno tenuti
in seria considerazione. Secondo i ricercatori, le condizioni
sismiche dei territori in cui vengono smaltite le acque reflue devono
essere monitorate con precisione, rendendo pubblici tutti i dati, a
partire dai volumi e dalla pressione dei liquidi in questione.
In assenza di una
documentazione accurata, resta impossibile definire caso per caso una
correlazione inequivocabile tra i fenomeni sismici e il pompaggio
d'acqua. Grazie a modelli idrogeologici e di misurazione per la
sismicità, il team di Keranen ha dimostrato che i quattro pozzi di
smaltimento più grandi dell'Oklahoma, da soli, sono stati in grado
di scatenare circa il 20% dei terremoti che hanno colpito gli Stati
Uniti centrali, responsabili per un'area di circa 2.000 chilometri.
I terremoti vengono
indotti a distanze superiori ai 30 chilometri dal pozzo di
smaltimento, il che chiarisce l'inadeguatezza dei criteri attuali,
che indagano la possibilità di fenomeni sismici solamente entro i 5
chilometri.
Per di più, aggiungono
gli esperti, l'area in cui la pressione aumenta in relazione alle
attività dei pozzi è in continuo aumento, incrementando la
probabilità che a un certo punto incontri una faglia e scateni un
terremoto di magnitudo molto elevata.
L'ipocentro, ovvero il
punto della Terra in cui ha origine il sisma, ha profondità
variabile: in questi particolari casi, spiega la squadra di Keranen,
tra i due e i cinque chilometri.
La pratica dei pozzi di
iniezione indagata dai ricercatori non va comunque confusa con il
fracking, la fratturazione idraulica, un procedimento di
estrazione molto efficiente che porta tuttavia con sé una serie di
problematiche, assolutamente da non sottovalutare, dai fenomeni
sismici fino all'inquinamento delle acque.
“pagina 99”, sabato
12 luglio 2014
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