18.8.15

Spagna: un solo re, un solo impero. I biglietti di Filippo II (Mario Ajello)

In un sonetto dedicato a Filippo II, il poeta di corte Hernando de Acuna cantava l’arrivo del «giorno promesso» : da quel momento nel mondo ci sarebbe stato «un solo re, un solo impero, una sola spada». Queste parole non potevano non piacere ad un sovrano come Filippo II d’Asburgo (1527-1598), el rey prudente, che riteneva l’unità sotto la sua guida personale l’unica speranza di salvezza in un mondo in preda a guerre ed eresie.
Il figlio di Carlo V era allo stesso tempo convinto di una cosa: solo preservando la fede cattolica dalla minaccia protestante si poteva conservare un impero che andava dai Paesi Bassi all’Africa meridionale, dalla Spagna all’Italia, dal Messico al Perù, al Brasile, alle Filippine e alle Indie orientali. Agli occhi di Filippo il protestantesimo significata disintegrazione e rivolta, il cattolicesimo unità e sottomissione.
Forse non ci sarebbe stato motivo di scrivere un’altra biografia di Filippo II se non fosse venuta alla luce una nuova fonte d’informazioni: le carte dell’archivio d’Altamira. Si tratta di oltre diecimila billetes (appunti, messaggi e promemoria) che il sovrano spagnolo si scambiava con i suoi ministri, di numerose lettere che Filippo scrisse alle figlie a partire dal 1580, di altre che i suoi collaboratori (soprattutto il duce d’Alba e il cardinale Granvelle) inviavano a lui, degli inventari dei beni del re al
momento della sua morte e dei registri amministrativi delle varie case reali. Su questa base documentaria si fonda il volume Un solo re, un solo impero di Geoffrey Parker (Edizioni Il Mulino, 1985), professore di storia moderna a Cambridge e all’università di St. Andrews in Scozia.
Parker ricostruisce fa politica di Filippo II in campo militare, amministrativo e finanziario (un punctum dolens, quest’ultimo, per tutti i sovrani asburgici). Si passa dai momenti di difficoltà — la sconfitta nei Paesi Bassi (1576) o in Inghilterra (1588) — agli «anni del trionfo» con la vittoria di Lepapto sui Turchi (1571) e la conquista del Portogallo (1580). Si va dai problemi connessi al governo e alla cristianizzazione di milioni di americani alla sottomissione dell’aristocrazia feudale e
dei moriscos.
Il ritratto pubblico del rey prudente propostoci da Parker, seppure delineato con rigore analitico, certamente non rovescia ogni immagine precedente né illustra aspetti e orientamenti nuovi dell’azione di governo di Filippo II. Dove invece lo storico inglese riesce a penetrare meglio, e con più originalità, è nella vita privata e nella psicologia del re spagnolo.
Nelle pagine di Un solo re, un solo impero il sovrano asburgico è una personalità meno lineare di quella del «rango nero» rintanato nella sua cella dell’Escurial, dell’uomo cupo e intollerante dipinto dai suoi primi biografi, per lo più di parte protestante.
E’ un uomo contorto che prova lo stesso piacere guardando un auto da fè, il rituale di condanna ed esecuzione degli eretici, o un dipinto di Tiziano, uno dei suoi artisti preferiti. E’ un re che alla spietata sicurezza con cui perseguitava i protestanti unisce “una grande malinconia e tristezza – come lui stesso raccontava nel 1591 – nel pensare allo stato presente della cristianità”.


“il manifesto” mercoledì 12 giugno 1985

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