18.8.15

La civiltà del gabinetto (Giorgio Nebbia)

Ci sono tanti di quegli eventi “ecologici” all’anno che si fa fatica a seguirli tutti, ma uno, che si è svolto nell’agosto scorso a Stoccolma, merita forse attenzione sotto vari aspetti. Nell’ambito di una “settimana dell’acqua” si sono tenute varie conferenze … sui gabinetti.. Nei paesi industrializzati, giustamente, si combattono battaglie per ridurre i milligrammi di metalli o il numero di batteri come Escherichia coli che possono essere tollerati nelle acque di fogna, ma nel nostro pianeta 2800 milioni di persone non solo non hanno fognature, ma non hanno neanche acqua corrente e gabinetti nelle loro case, che talvolta sono soltanto baracche. Gli escrementi finiscono nei campi e da lì, con il loro carico di batteri e di sostanze nocive, sono trascinati dalle piogge nei fiumi e nel sottosuolo e finiscono nei pozzi e contaminano le acque usate poi nelle case: un ciclo perverso dell’acqua che diffonde malattie, epidemie e morte, soprattutto infantile.
Si stima in centinaia di migliaia il numero di bambini in tenera età, una strage degli innocenti, che muoiono ogni anno per mancanza di pur elementari servizi igienici. A Stoccolma la discussione sui servizi igienici per i paesi sottosviluppati non era motivata da considerazioni etiche o dall’amore per il prossimo; la diffusione di apparecchiature igieniche per chi ne è privo rappresenta un grandissimo affare industriale e finanziario; al fianco della conferenza c’era una grande esposizione (una specie di “Fiera del Levante” di gabinetti e fognature) in cui centinaia di imprese hanno esposto le loro proposte di sistemi igienici, possibilmente a basso costo e efficienti, da esportare nei parsi arretrati. Si tratta, infatti, anche di soldi e di lavoro: uno studio della Banca Mondiale ha indicato che nel solo Bangladesh, il popoloso paese musulmano a oriente dell’India, 150 milioni di abitanti in rapido aumento, la mancanza di acqua corrente, di gabinetti, di fognature (per non parlare di depuratori delle acque usate) costa al paese 2 miliardi di euro all’anno. Il calcolo è fatto sulla base delle spese che si devono affrontare per curare dissenteria, malaria ed epidemie responsabili delle morti premature dei bambini a causa del contatto con acqua sporca nelle case e nei villaggi.
E’ quindi evidente che le autorità sanitarie dei vari paesi chiederanno, a chi li sa produrre, apparecchiature igieniche, contando anche su finanziamenti internazionali. La dimensione del problema appare se si considera che ogni persona, sia essa ricca e potente o povera e poverissima, ogni anno introduce, direttamente o con gli alimenti, circa 1000 chili di acqua che vengono eliminati con gli escrementi sotto forma di urina e di feci. Se una persona può utilizzare un gabinetto ad acqua corrente, “consuma”, per lo smaltimento di questi rifiuti, ogni anno da 10 a 20 mila litri di acqua che viene così sporcata e contaminata; se i gabinetti sono collegati ad una fognatura e a qualche depuratore, una parte dei rifiuti organici viene trattata o trasformata; altrimenti le acque sporche vanno a finire nei fiumi o nel mare e sono fonti di inquinamento microbiologico e di diffusione di virus.
L’importanza economica dei gabinetti è dimostrata dal fatto che esiste una “Associazione internazionale di imprese di servizi igienici” che terrà la propria 11^ conferenza mondiale nel prossimo novembre ad Haikou, città all’estremo sud della Cina. Da Stoccolma alla Cina è una nuova corsa a inventare, perfezionare e fabbricare strumenti per migliorare le condizioni igieniche del mondo, specialmente dei paesi più poveri; affari e attività industriali che hanno comunque l’obiettivo di assicurare la sopravvivenza di almeno una parte dei bambini oggi sterminati dalle epidemie di origine fecale. Nei paesi industriali ci sono investimenti e pubblicità per servizi igienici sempre più sofisticati per una popolazione che pure ha già risolto i suoi principali problemi igienici e non c’è attenzione per un “mercato” che pure comprende centinaia di milioni di persone.
Il fatto è che nelle Università può sembrare ridicolo lavorare su problemi così “volgari” come la progettazione di “gabinetti di villaggio” e di tecniche di depurazione delle acque di fogna, benché la loro soluzione richieda spesso avanzate competenze tecnico-scientifiche. Da noi per i paesi arretrati lavorano soltanto le associazioni di volontariato e le Famiglie missionarie, con mezzi limitati e nel disinteresse generale della politica e anche delle imprese. Alla progettazione e costruzione di gabinetti e sistemi igienici per i paesi arretrati lavorano invece intensamente proprio i paesi di nuova industrializzazione, come Cina e India. Eppure queste tecnologie, umili e considerate “povere”, potrebbero dar vita anche in Europa a nuove imprese, a nuovi posti di lavoro, con prospettive di una vastissima richiesta futura. Prospettive per una ingegneria dell’amore per il prossimo e per l’ambiente.


La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 11 ottobre 2011

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