Ricordo un mio incontro
con una certa signora Steinbach, membro autorevole dello staff
pubblicitario di Ava Gardner.
Era la prima volta che la
Gardner veniva in Italia, la tenevano segregata e la signora
Steinbach aveva l’incarico d’illuminare i giornalisti.
Mi mise in mano un
foglietto con sopra dattiloscritte alcune domande. Lessi forte la
prima per orientarmi. «I gusti di miss Gardner?» «Semplicissimi»,
mi rispose la signora con un sorriso troppo dolce. Affascinata,
affrontai la seconda domanda. «La sua vita?» «Esemplare», fu la
risposta, «Il suo carattere?» «The best in the world.» «La
sua giornata?» «Una giornata di lavoro.» «Il suo programma
futuro?» «Lavorare, lavorare, lavorare.» «Il suo desiderio più
vivo?» « Sposarsi e avere tanti bambini.»
Alla mia domanda apocrifa: «Ma non è già sposata?» la signora Steinbach sorrise in modo ancora più dolce e brillante, non disse più una parola, e si alzò per congedarmi.
Alla mia domanda apocrifa: «Ma non è già sposata?» la signora Steinbach sorrise in modo ancora più dolce e brillante, non disse più una parola, e si alzò per congedarmi.
da Noi siamo le signore, Longanesi, 1958
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