Pompeo Colajanni, il comandante Barbato |
Sembrava che il Po ci
guidasse verso Torino. Il nostro itinerario cominciò a delinearsi
fin dai combattimenti di Pian del Re, di Crissolo e dal primo attacco
all’aeroporto di Murello; poi da Staffarda a Trofarello si
intensificò l’azione in pianura. Ci dividemmo dai compagni di
lotta che poi avrebbero liberato Cuneo e spostammo definitivamente il
Comando, con la I Divisione Garibaldi, nel Monferrato. Nominato
comandante della Zona, con sei Divisioni, fui affiancato da Luigi
Masciadri, «Marelli», come commissario per le formazioni G.L.; e
per le Matteotti e le Autonome da «Cadetto» e «René». Il G.L.
«Renato» Vanzetti divenne ispettore con compiti particolari, dati i
suoi legami con le missioni alleate. Capo di stato maggiore, Michele
Mussa Ivaldi, fratello di Carlo, anch’egli del Comando G.L. Aveva
fatto parte con me della cospirazione antifascista nell’esercito,
l’Alleanza militare Italia libera: dalla Sicilia eravamo riusciti a
estenderla fino alla Scuola di Cavalleria di Pinerolo, coinvolgendo
il suo comandante generale Cadorna.
Il 18 febbraio firmai con
«Marelli» un ordine del giorno dove tra l’altro era scritto
questo invito: «Combattere tutto ciò che divide. Favorire tutto ciò
che unisce. Ogni formazione abbia una sola ambizione: superare le
formazioni sorelle in spirito di concordia, in inflessibile volontà
di lotta, in
iniziativa e valore nel
combattimento». Le sei Divisioni combatterono con questo spirito.
Il 18 aprile, con lo
sciopero generale, Torino si preparava all'insurrezione. Proprio in
appoggio allo sciopero, decidemmo ai liberare Chieri: una sfida ai
nazifascisti che con oltre tredicimila uomini e potenti mezzi
corazzati occuavano il capoluogo piemontese, attacco, diretto dal
comandante della prima Divisione Garibaldi, «Petralia», che portava
ancora al collo un braccio ferito in un’azione precedente, si
svolse secondo i piani: Chieri era libera.
Si attendeva l’ordine
finale per entrare a Torino, e intanto di giorno e di notte i reparti
si spostavano attraverso le colline del Monferrato e le Langhe. La
liberazione di Chieri e questa manovra di avvicinamento ci
consentirono di sventare una pericolosa manovra sabotatrice. Era già
giunto un ordine da Torino: «Aldo dice 26 X 1. Realizzate Piano E
27». Ma alle ore 21 del 25 aprile il capitano Pautasso consegnò a
me, quale comandante dell’ottava Zona, questo contr’ordine:
«...non procedere verso gli obiettivi in città se non dietro ordine
specifico del Comando Piazza, cui compete la responsabilità
dell’azione».
Il messaggio mi apparve
gravido di pericoli, anche se formalmente ineccepibile, perché
intorno a Torino si concentravano imponenti forze tedesche al comando
del gen. Schlemmer. Con «Marelli» accertai che l’ordine era stato
emanato non collegialmente dal C.M.R.P.: manifestava l’incrinata
unità, dopo le pressioni esercitate dal colonnello inglese Stevens
perché gli eventi prendessero un altro corso.
Era una situazione molto
pericolosa e delicata. Mi assunsi allora le mie responsabilità di
comandante garibaldino. Diedi ordine al garibaldino «Petralia» di
far proseguire l’attacco anche oltre gli obiettivi periferici. Con
«Petralia» l’intesa fu immediata, posso dire «alla siciliana»:
eravamo certi di disubbidire solo formalmente, ma di ubbidire invece
alla volontà di lotta dei combattenti e all’ansia di libertà
delle popolazioni.
Alle ore 12 del 26 aprile
comunicavo al C.M.R.P. di aver trasmesso gli ordini, ma «consigliando
alle Divisioni di fare delle azioni di pattuglia in profondità anche
dentro la cinta militare» e di aver «deciso di intensificare al
massimo queste azioni di alleggerimento». Veniva sventata cosi
l’insidiosa manovra ispirata dal colonnello Stevens.
Intanto Osvaldo
Negarville, «Valerio», aveva informato Scotti, che riuscì a
ristabilire la piena collegialità ed unità del C.M.R.P. Così alle
14.45 partì l’ordine giusto, che ci venne portato da Marcella
Balconi, nipote di mamma Pajetta. Ma già dall’alba le formazioni
partigiane compivano le «azioni di pattuglia» e entravano in città.
Così i partigiani hanno liberato Torino.
Da Liberi. 25 aprile
1945-1985, supplemento a
“l'Unità”, 25 aprile 1985
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