Il cosiddetto discorso
dell'Ascensione venne pronunciato da Benito Mussolini davanti alla
Camera dei Deputati, già “epurata” da tutte le opposizioni al
fascismo, il 26 maggio 1927. Lo scopo dichiarato è ribadire il
progetto totalitario espresso, qualche mese prima a Milano, in un
intervento al Teatro alla Scala, «tutto nello Stato, niente contro
lo Stato, nulla al di fuori dello Stato», e mostrare come il governo
marci spedito nella sua attuazione pratica.
I contenuti del discorso
dell'Ascensione sono pertanto abbastanza vari e vanno da disposizioni
amministrative come la costituzione di nuove province o la riforma
dell'Opera Nazionale della Maternità e dell'Infanzia alla derisione
degli oppositori, tipica dell'oratoria di Mussolini come lo è oggi
in quella di Renzi.
Il clou della
esibizione del “duce” - la parte qui “postata” - è
rappresentato dalla prima organica esposizione dei progetti
demografici, strettamente collegati all'ambizioso programma di riarmo
a lungo termine che compare sul finire del suo concionare: “il
dovere preciso, fondamentale e pregiudiziale dell'Italia fascista è
quello di mettere a punto tutte le sue forze armate della terra, del
mare e del cielo”. (S.L.L.)
[…]
Voi vedete da queste
cifre che il quadro, pur senza essere tetro e tragico, merita una
severa attenzione. Bisogna quindi vigilare il destino della razza,
bisogna curare la razza, a cominciare dalla maternità e
dall'infanzia. A questo tende l'Opera nazionale per la protezione
della maternità e dell'infanzia, voluta dall'onorevole Federzoni (e
non è questo uno dei suoi ultimi meriti durante il suo passaggio al
ministero dell'Interno); Opera nazionale che oggi è diretta, con un
fervore che ha dell'apostolato, dal nostro collega Blanc. Fatta la
legge, organizzata l'Opera per la Maternità e l'Infanzia nel suo
Comitato centrale, - che era troppo numeroso, ragione per cui venne
sciolto, - e nei suoi Comitati provinciali, bisogna finanziare
quest'Opera.
Esistono nel paese 5.700
istituzioni che si occupano della maternità e dell'infanzia, ma non
hanno denaro sufficiente.
Di qui la tassa sui
celibi, alla quale forse in un lontano domani potrebbe fare seguito
la tassa sui matrimoni infecondi. Questa tassa dà dai 40 ai 50
milioni; ma voi credete realmente che io abbia voluto questa tassa
soltanto a questo scopo? Ho approfittato di questa tassa per dare una
frustata demografica alla Nazione. Questo vi può sorprendere;
qualcuno di voi può dire: «Ma come, ce n'era bisogno?» Ce n'è
bisogno. Qualche inintelligente dice: «Siamo in troppi». Gli
intelligenti rispondono: «Siamo in pochi». Affermo che, dato non
fondamentale ma pregiudiziale della potenza politica, e quindi
economica e morale delle Nazioni, è la loro potenza demografica.
Parliamoci chiaro: che cosa sono 40 milioni d'Italiani di fronte a 90
milioni di Tedeschi e a 200 milioni di Slavi? Volgiamoci a Occidente:
che cosa sono 40 milioni di Italiani di fronte a 40 milioni di
Francesi, più i 90 milioni di abitanti delle Colonie, o di fronte ai
46 milioni di Inglesi, più i 450 milioni che stanno nelle Colonie?
Signori, l'Italia, per
contare qualche cosa, deve affacciarsi sulla soglia della seconda
metà di questo secolo con una popolazione non inferiore ai 60
milioni di abitanti. Voi direte: Come vivranno nel territorio? Lo
stesso ragionamento, molto probabilmente, si faceva nel 1815, quando
in Italia vivevano soltanto 16 milioni di Italiani. Forse anche
allora si credeva impossibile che nello stesso territorio avessero
potuto trovare, con un livello di vita infinitamente superiore,
alloggio e nutrimento i 40 milioni di Italiani di oggidì. Da cinque
anni noi andiamo dicendo che la popolazione italiana straripa. Non è
vero! Il fiume non straripa più, sta rientrando abbastanza
rapidamente nel suo alveo.
Tutte le Nazioni e tutti
gli imperi hanno sentito il morso della loro decadenza, quando hanno
visto diminuire il numero delle loro nascite. Che cosa è la pace
romana di Augusto? La pace romana di Augusto è una facciata
brillante, dietro la quale già fermentavano i segni della decadenza.
Ed in tutto l'ultimo secolo della seconda Repubblica, da Giulio
Cesare, che mandò i suoi legionari muniti di tre figli nelle terre
fertili del Mezzogiorno, alle leggi di Augusto, agli ordines
maritandi, l'angoscia è evidente. Fino a Traiano tutta la storia di
Roma, nell'ultimo secolo della Repubblica e dal primo al terzo secolo
dell'Impero è dominata da questa angoscia: l'Impero non si teneva
più, perché doveva farsi difendere dai mercenari.
Problema: queste leggi
sono efficaci? Queste leggi sono efficaci, se sono tempestive. Le
leggi sono come le medicine: date ad un organismo che è ancora
capace di qualche reazione, giovano; date ad un organismo vicino alla
decomposizione, ne affrettano, per le loro congestioni fatali, la
fine. Non si può discutere se le leggi di Augusto abbiano avuto
efficacia. Tacito diceva di no; Bertillon, dopo 20 secoli, diceva di
sì, in un suo libro molto interessante, dedicato allo spopolamento
della Francia. Comunque, sta di fatto che il destino delle Nazioni è
legato alla loro potenza demografica. Quand'è che la Francia domina
il mondo? Quando poche famiglie di baroni normanni erano così
numerose che bastavano a comporre un esercito. Quando, durante il
periodo brillante della Monarchia, la Francia aveva questa orgogliosa
divisa: «Égale à plusieurs» e quando, accanto ai 25 o 30 milioni
di Francesi, non c'erano che pochi milioni di Tedeschi, pochi milioni
di Italiani, pochi milioni di Spagnoli. Se vogliamo intendere qualche
cosa di quello che è successo negli ultimi 50 anni di storia
europea, dobbiamo pensare che la Francia, dal '70 ad oggi è
aumentata di 2 milioni di abitanti, la Germania di 24, l'Italia di
16.
Andiamo ancora nel
profondo di questo problema che mi interessa. Qualcuno ritiene, -
altro luogo comune che oggi si demolisce, - che la Francia sia la
Nazione a più basso livello demografico che vi sia in Europa. Non è
vero. La Francia si è stabilizzata sul 18 per mille di natalità da
circa 15 anni. Non solo, ma in certi dipartimenti francesi vi è un
risveglio della natalità. La nazione che tiene il primato in questa
triste faccenda è la Svezia, che è al 17 per 1000, mentre la
Danimarca è al 21, la Norvegia al 19 e la Germania è in piena
decadenza demografica; dal 35 per 1000, è discesa al 20. Mancano due
punti e sarà al livello della Francia.
Anche l'Inghilterra non è
in condizioni brillanti. Nel 1926 il suo livello di natalità è
stato il più basso d'Europa: 16,7 per 1000. Delle nazioni europee,
quella che tiene la palma è la Bulgaria, coi 40 per 1000, poi
vengono altre nazioni con livelli diversi, e finalmente vale la pena
di occuparsi d'Italia. Il quinquennio di massima natalità fu tra il
1881 e il 1885, con 38 nati vivi su 1000; il massimo fu nel 1886, con
39. Da allora siamo andati discendendo, cioè dal 39 a 35 per 1000
siamo discesi oggi al 27. È vero che di altrettanto sono diminuite
le morti; ma l'ideale sarebbe: massimo di natalità, minimo di
mortalità. Molte regioni d'Italia sono già al disotto del 27 per
1000. Le regioni che stanno al disopra sono la Basilicata, ed io le
tributo il mio plauso sincero, perché essa dimostra la sua virtù e
la sua forza. Evidentemente la Basilicata non è ancora
sufficientemente infetta da tutte le correnti perniciose della
civiltà contemporanea. Vengono poi la Puglia, la Sardegna, le
Marche, l'Umbria, il Lazio. Ma le regioni che si tengono sul 27 per
1000 sono l'Emilia e la Sicilia; al disotto la Lombardia, la Toscana,
il Piemonte, la Liguria, le Venezie Tridentina e Giulia.
Questo ancora non basta.
C'è un tipo di urbanesimo che è distruttivo, che isterilisce il
popolo, ed è l'urbanesimo industriale. Prendiamo le cifre delle
grandi città, delle città che si aggirano e superano il mezzo
milione di abitanti. Non sono brillanti, queste cifre: Torino, nel
1926, è diminuita di 538 abitanti. Vediamo Milano: è aumentata di
22 abitanti. Genova è aumentata di 158 abitanti. Queste sono tre
città a tipo prevalentemente industriale. Se tutte le città
italiane avessero di queste cifre, tra poco saremmo percossi da
quelle angosce che percuotono altri popoli. Fortunatamente non è
così: Palermo ha 4177 abitanti di più - parlo di quelli che
nascono, non di quelli che ci vanno, perché questo è spostamento,
non aumento -; Napoli 6695 e Roma tiene il primato con 7925. Ciò
significa che, mentre Milano, in 10 anni, crescerà di 220 abitanti,
Roma crescerà di 80.000.
Ma voi credete che,
quando parlo della ruralizzazione dell'Italia, io ne parli per amore
delle belle frasi, che detesto? Ma no! Io sono il clinico che non
trascura i sintomi, e questi sono sintomi che ci devono far
seriamente riflettere. Ed a che cosa conducono queste considerazioni?
primo, che l'urbanesimo industriale porta alla sterilità le
popolazioni; secondo che altrettanto fa la piccola proprietà rurale.
Aggiungete a queste due cause d'ordine economico la infinita
vigliaccheria morale delle classi cosiddette superiori della società.
Se si diminuisce,
signori, non si fa l'Impero, si diventa una colonia! Era tempo di
dirle queste cose; se no, si vive nel regime delle illusioni false e
bugiarde, che preparano delusioni atroci. Vi spiegherete quindi che
io aiuti l'agricoltura, che mi proclami rurale; vi spiegherete quindi
che io non voglia industrie intorno a Roma; vi spiegherete quindi
come io non ammetta in Italia che le industrie sane, le quali
industrie sane sono quelle che trovano da lavorare nell'agricoltura e
nel mare.
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