Da un settimanale di
qualità precocemente scomparso un reportage che ho trovato
interessante. (S.L.L.)
«Cercasi piccoli attori: ragazza fra i 13 e 15 anni bella, viso espressivo e dolente, ragazza dai 9 ai 13 anni, occhi chiarissimi, raffinata, delicata, poetica, meglio se suona il pianoforte ; ragazza dai 14 ai 15 anni supertecnologica, moderna con aria superficiale; ragazzo fra gli 8 e 12 anni strano, particolare; ragazzo cinese dai 13 ai 16 anni, grassottello, che parli cinese e italiano (con forti inflessioni dialettali)». E ancora cercasi: «BAMBINI E BAMBINE, 3/16 anni, magri, volti scavati, NON ABBRONZATI, anche pelati e/o con capelli corti e chiarissimi e/o disposti a radersi completamente (varie etnie, italiani, africani, asiatici ma residenti in Puglia)».
Braccialetti rossi,
composta da soli ragazzi, un successo inaspettato preso da un format
spagnolo, una fiction giunta alla seconda stagione, prevista
per la Rai nei primi mesi del 2015. Ma ci sono anche altri annunci
per altre audizioni in cui si cerca «bambino 120-125 cm» e «bambine
123-126 cm», «altezza compresa tra 116 e 133 cm. BELLISSIMI/E
MAGRI/E o NORMOPESO (no sovrappeso, no panciottini o paffutelli)
preferibilmente per le bambine capelli lunghi maschietti, NO creste,
NO rasati».
È l’Italia dei casting
per minori, neonati, ragazzi, adolescenti, tutti arruolabili in una
fila che non conosce crisi perché Bellissima di Luchino
Visconti non ha bisogno di anniversari, è un sogno a occhi aperti
sempre in voga. Hai voglia a scoraggiare.
Zavattini e Suso Cecchi
d’Amico avevano piazzato davanti alla Magnani il monito di un’ex
attrice per caso (Liliana Mancini) finita a fare la montatrice perché
nessuno l’aveva più chiamata a lavorare in scena. Ma la Magnani
ostinata pensava che ognuno avesse la propria opportunità. Infatti i
casting per minori continuano a essere come i premi letterari,
ne spunta uno ogni giorno, anche finti e illegali.
L’Istat intanto dice
che per il quinto anno consecutivo le nascite sono diminuite, ma 514
mila neonati (2013) sono sempre un grande bacino per le audizioni e
per le speranze dei genitori. In tempo di crisi economica l’offerta
cresce, ma anche la domanda non scherza perché quando sono chiamati
in tv o al cinema i bambini esistono da protagonisti, in funzione di
ciò che fanno e di ciò che evocano e soltanto in minima parte
raccontati e discussi, anche perché devono sottostare a regole
ferree che ne disciplinano le apparizioni.
Anche per i minori c’è
un ballo dei debuttanti. Spesso il primo, vero gancio è la moda, con
le sfilate di Pitti Bimbo. «A Firenze sfilano 50/70 bambini per
agenzia, tra sfilate ed eventi ci saranno almeno cinquecento bambini.
È il Sanremo della mia attività, ma con guadagni pari a zero, i
bambini sono autofinanziati, è una vetrina pazzesca, nessuno
rinuncia», racconta Elena Meazza, che dirige la start-up
Piccolissimo Me a Milano con clienti come Armani, Cavalli,
D&G, Hogan, Fendi, Publitalia e Giochi Preziosi. «C’è sempre
molto lavoro, anche se tutto dipende sempre dai budget delle aziende.
Quelle di moda e le case di produzione hanno attività cicliche ma
poi comunque c’è la cartellonistica, la pubblicità, le campagne
stampa. Gli spot sono continuamente rinnovati, non è un periodo di
crisi per il settore almeno per i clienti. L’unico abbassamento è
sui compensi che una volta erano il doppio o il triplo rispetto a
oggi. Uno spot tv è pagato intorno ai 300 euro lordi al giorno, i
cataloghi invece 300/400 euro a giornata ma ci sono redazionali che
arrivano a molto meno. Noi come agenzia prendiamo il 20% sul compenso
del bambino».
L’occasione di un
casting, anche a distanza e quindi con un investimento
maggiore (viaggi e giorni di ferie e scuole saltate), tira molto in
tempo di crisi. Il miraggio è quello di far quadrare i conti di
casa. «C’è più gente, probabilmente per la crisi», spiega
Meazza, «ci sono famiglie che esagerano, non le scoraggia nessuno,
diventa un secondo lavoro, fanno casting ogni giorno e si
sobbarcano anche viaggi di 800 chilometri. A Milano ci sono 2-3
casting al giorno, in diversi settori. Io ricevo 150 mail
al giorno ma ne scelgo soltanto due, devo essere selettiva».
Anche i casting
hanno subito un’evoluzione. Nel passato erano massicci, senza
preselezione, adesso è tutto più regolamentato e viene richiesta
selezione e maggiore professionalità: «Molte agenzie hanno chiuso
per cattiva gestione anche dei pagamenti e i genitori se ne sono
andati».
Gestire i bambini nei
provini e sul set non è facile. «Bisogna stare molto attenti»,
sottolineala manager, «c’è l’ispettorato del lavoro, ci sono
precise condizioni legislative. Abbiamo la solita trafila italiana
dai tempi biblici per tutti i permessi, però è anche vero che ho
visto fare molti controlli». Elena ha un figlio che ogni tanto fa
qualche posa ma alle regole della mamma, mai in orario scolastico.
«Può essere un’esperienza creativa e carina. Le bambine si
divertono di più per abitudine e civetteria, i maschi si annoiano
prima. Ma può essere molto stancante per tutti anche perché se
troppo giovani non imparano nulla. Noi oltre i 13 anni non andiamo, a
meno di trovarci di fronte a dei fenomeni di recitazione o alta moda.
Chi è molto fissato ha la prospettiva di velina, di modella e
attore».
L’icona è Belen:
«Attira tantissimo le ragazzine, è molto attiva sui social,
quelle tra gli 11 e i 13 guardano a lei, mentre Violetta la guardano
bambine più piccole (dai 7 ai 9 anni) della reginetta Disney».
Fin qui la moda, poi che
si fa con un pupo in braccio? Il cinema per esempio, là dove il mito
di Bellissima resiste più strenuamente «perché la richiesta
continua a esserci», racconta un addetto ai lavori a “pagina99”,
«e oggi è più facile convincere un bambino, anche se poi
sottoporsi a trucco, parrucco e mille attenzioni comporta uno stress
ed è diffìcile che il bambino accetti tutto questo. Poi comunque
per andare avanti oltre la semplice partecipazione devi azzeccare
l’agenzia, l’agente che ti spinge e il film che ti lancia, e poi
magari entrare nel giro delle fiction». Anche qui la media di
compensi è bassa, sui 180 euro lordi a giornata, contro i 90/100
euro per i figuranti adulti. I controlli restano severi e spuntano
fuori anche i tutor per rimediare alla scuola persa.
Lavinia De Cocci, dieci
anni, bilingue, a otto anni ha passato un provino nazionale per
Cattleya e quest’anno ha esordito al cinema nella commedia Un
boss in salotto di Luca Minero, accanto a Paola Cortellesi, Rocco
Papaleo e Luca Argentero. Il padre Danilo racconta che la sua bambina
«ha cominciato a fare la prima sfilata a 5/6 anni, poi siamo andati
a Pitti Bimbo a Firenze, poi abbiamo fatto dei book
fotografici e dei servizi per riviste di moda per bambino. Poi ha
lavorato come generica per servizi tv sulla moda e cataloghi. Per lei
è stato ogni volta un divertimento nonostante gli isterismi dovuti
ai tempi stretti delle sfilate. Per noi è stato un sacrificio, con
qualche rimborso, ma perdi delle giornate intere. Inizialmente era
come andare in gita a Gardaland o al concerto di Violetta a Milano.
Le prime sfilate sono state un momento di eccitazione mostruosa, poi
non è più la recita di Natale, diventa un impegno». Se si riesce a
passare il turno dei provini i sacrifici cominciano a pagare: «La
casa di produzione ha messo a disposizione un tutor per la
scuola durante le quattro settimane di riprese in Trentino, e con mia
moglie ci siamo dati il cambio».
Non esistono cachet
precisi nell’audiovisivo, oscillano a seconda dei casi, vanno dal
forfettario ai piccoli divi che arrivano anche a 1.000 euro. Però
una cosa è certa: qualsiasi produzione di rilievo, anche se paga
poco, «fa curriculum, aumenta la riconoscibilità del junior e
facilita il posizionamento tramite agenzia».
Nella terra promessa del
talento c’è anche - soprattutto - la televisione. Finito il
monopolio televisivo dello Zecchino d’oro è venuto il tempo di
X-Factor. Lo spazio per bambini è disseminato nei palinsesti,
la tv dei ragazzi si è trasferita sui canali digitali. Ci sono le
soap opera come Un posto al sole con Ilenia Lazzarin,
che debuttò a 17 anni e ora ne ha 32 e viene seguita da 50 mila
follower su Instagram e quasi 200 mila su Facebook. «Oggi ci
sono pochissimi provini» racconta l’attrice a “pagina99”, «la
crisi ha colpito e stramazzato anche questo nostro settore. Era già
un lavoro precario 14 anni fa, oggi è ancor peggio, è un privilegio
per pochi, ma cercando di guardare il bicchiere mezzo pieno, questo
ha permesso di fare una grande selezione di attori e produzioni».
Ci sono le fiction
e anche le audizioni per Forum di Barbara Palombelli con il
famoso Paese reale in fila davanti agli studi Mediaset. «I
casting spesso li fanno direttamente i canali» spiega l’autore tv
Beppe Bosin. «La televisione è quello che i genitori vorrebbero
fare. Ed è ancora uno status symbol. Ma è più difficile
trovare bambini motivati». Più che le fiction, però, i
palchi che fanno vera concorrenza al grande schermo sono altri: Io
canto, Ti lascio una canzone e persino Junior
Masterchef.
Qui inizia il territorio
della disciplina e della costanza personale più che
dell’organizzazione dei genitori. Al “Velino”, la dodicenne
Lucrezia Bani, che prende lezioni di canto e pianoforte e fa concorsi
nel weekend mentre sogna di andare all'X-Factor Usa, ha
raccontato il suo lento apprendistato da Bellissima così:
«Sei in una teca di vetro, il primo pensiero è sempre lo stesso,
preservare la voce. Anche quando sei a scuola o alla cena di classe,
sai che non puoi urlare troppo e non puoi prendere freddo. Te ne stai
in disparte con il tuo foulard a proteggere la gola, mentre intorno a
te vedi tutti i compagni che si divertono, corrono, schiamazzano». È
il cachet della solitudine da bimbi belli.
“pagina 99”, 8
novembre 2014
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