18.8.15

Liselotte, la Principessa Palatina innamorata del Re Sole (Benedetta Craveri)

Van de Palts - Ritratto della pricipessa Liselotte 
Il 16 novembre 1671, sedici mesi dopo la tragica fine di Enrichetta d’Inghilterra, Filippo d’Orléans, detto Monsieur, fratello di Re Sole, è costretto, nonostante la sua scarsa propensione per le donne, a riprendere moglie. Si dice che a convincerlo sia stata la promessa, da parte di Luigi XIV, di richiamare dall’esilio il suo favorito, quel cavaliere di Lorena, su cui gravava il sospetto di aver fatto avvelenare Enrichetta. Ma la nuova sposa prescelta, Elisabetta Carlotta, figlia dell’Elettore palatino, non ha bisogno di conoscere questi foschi retroscena per «bramire di dolore» nella carrozza che la porta in Francia; Liselotte, come la chiamano a casa, ama con passione la sua famiglia, il suo Paese, la sua religione - per imparentarsi con il Re Cristianissimo si impone naturalmente l'abiura del protestantesimo - ed è improvvisamente costretta dalla ragion di Stato a separarsene per sempre.
Nell’accogliere con ironica condiscendenza la nuova Madame, sulla cui indiscutibile mancanza di bellezza, di eleganza, di grazia, pesa il ricordo del fascino di Enrichetta e il comico confronto con l’effeminato consorte, la corte di Re Sole è lontana dall’immaginare che quella tedesca, così goffamente refrattaria ad assimilare il suo sistema di valori e il suo codice mondano, è destinata a diventare la sua cronista implacabile, a smascherare le sue debolezze e le sue miserie. Mentre Saint-Simon depositerà le sue ossessioni e i suoi rancori nelle pagine di un immenso memoriale segreto, Madame affiderà la cronaca della sua vita, inestricabilmente intrecciata a quella della famiglia reale francese e della sua corte, alle pagine sparse di un immenso epistolario.
Fin dal suo arrivo in Francia, per i successivi cinquant’anni, Liselotte dedica, non appena le è possibile, alcune ore della sua giornata a redigere lettere. Per avere un’idea della mole di questo carteggio basti pensare a quel che ne è sopravvissuto: oltre quattromila lettere, scritte per più di tre quarti negli ultimi vent'anni di vita e indirizzate a una settantina di destinari.
Madame non ha alcuna ambizione artistica, scrive per combattere la solitudine, la nostalgia, scrive per fedeltà agli affetti familiari, per bisogno di confidarsi con chi pensa e sente come lei e. non ultimo, per il piacere di raccontare. Prigioniera della reggia più popolata e fastosa d’Europa. Madame scrive, scrive, scrive per sottrarsi a un mondo che le è sostanzialmente estraneo e per cancellare la distanza che la separa da ciò che ama.
Delle molte prove che attendono Liselotte in Francia, l'omosessualità del marito è probabilmente una tra le meno gravose da sopportare. Le circostanze, certo non travolgenti, grazie a cui Monsieur l'ha messa in grado di assicurare la discendenza degli Orléans, unite a un temperamento estremamente placido e un forte senso della propria dignità, le fanno accettare filosoficamente di «ridiventare vergine» a ventiquattro anni. Inoltre, nonostante la sua ruvida saggezza, Madame custodisce un sentimento segreto: non a Monsieur, ma al suo reale cognato ella ha dedicato, in totale innocenza, il suo cuore.
Generosa, bonaria ed esente da ambizioni, retta ma non bigotta, con un innato senso della regalità, amante della natura e degli animali piuttosto che del potere e degli intrighi di corte, la Principessa Palatina — è questo il titolo con cui passerà alla storia — è accolta con simpatia da Luigi XIV. Egli concede alla cognata un'attenzione particolare, ne fa la sua compagna di caccia e di cavalcate, si diverte del suo spirito franco e un po’ brutale, le dimostra stima e affetto Ma la fragile felicità di Liselotte va in frantumi con la comparsa di Madame de Maintenon. Consapevole che l’ambizione della nuova favorita è di impossessarsi della coscienza del re e di monopolizzarne la fiducia e la confidenza. Madame viene travolta dalla gelosia e il suo rancore, appena dissimulato sotto la maschera del cerimoniale e dell’etichetta, esplode, incontenibile, nella corrispondenza.
Il Re si vendica dell’insubordinazione della cognata e degli epiteti oltraggiosi — «vecchio pattume», «vecchia Rompompel», «pantocrate» — di cui ella gratifica, con accanimento ossessivo, in lettere puntualmente intercettate dalla censura, Madame de Maintenon, privandola della sua benevolenza. Non più protetta dal favore reale, Liselotte è esposta inerme alle cabale e ai soprusi dei mignons del marito che dettano legge sulla sua casa, all’avarizia e al cieco egoismo di Monsieur, Madame è ormai una comparsa senza credito né autorità in un sistema che respinge e abbandona chi è colpito dall’interdetto del monarca.
Ai dispiaceri e alle mortificazioni personali si assommano intanto — dolori ben più atroci — le tragiche conseguenze della politica di potenza di Re Sole: l’amato Palatinato è messo per ben due volte a ferro e fuoco dalle truppe francesi e i protestanti sono fatti oggetto di nuove, violente persecuzioni. La tirannide di Luigi XIV non risparmia nemmeno la sua famiglia, calpesta le regole del sangue e dell’onore: l’unico figlio maschio di Monsieur e Madame, Filippo, è costretto a prendere in moglie una delle bastarde nate dagli amori del monarca con Madame de Montespan.
Trincerata dietro un dignitoso isolamento la Palatina si difende con la sola arma in suo possesso, il disprezzo. Alla morte di Monsieur (1701), tuttavia, non più garantita dallo status di moglie, Liselotte è costretta ad abdicare anche all’orgoglio e ad umiliarsi davanti alla «vecchia puttana», ma, con commovente schiettezza, grida al re, finalmente disposto a una riconciliazione formale, il suo lacerante segreto: «Se non vi avessi tanto amato, non avrei odiato così Madame de Maintenon».
La vecchiaia regala finalmente a Madame un po’ di serenità. Sopravvissuta a tutta la famiglia reale — quella famiglia di cui ha lasciato nelle sue lettere una terribile «autopsia» —, a Monsieur, al Gran Delfino, ai duchi di Borgogna, a Luigi XIV, all’odiata Maintenon, la Palatina ha la gioia di vedere il figlio prediletto, Filippo d’Orléans, assumere la reggenza del regno (1715). Ma i tempi sono profondamente mutati, sono troppe dissonanti dalla morale a cui Madame si è sempre mostrata fedele: meglio continuare ad astenersi dagli intrighi politici, godere invece delle bellezze dei giardini di Saint-Cloud, passare in rassegna le sue preziose collezioni di minerali e di monete antiche, accudire alla sua nidiata di cani e, naturalmente, dedicarsi alla sua corrispondenza nel piccolo studio tappezzato di ritratti degli avi palatini, prepararsi ad accogliere coraggiosamente la morte, che sopraggiunge nel luglio del 1715.
Il modo migliore per fare la conoscenza di Madame è senza dubbio quello di leggere il suo appassionante epistolario e i lettori italiani ne avranno presto a disposizione um scelta curata da Daria Galateria per l’editore Sellerio. Tuttavia l’affettuosa biografia che Arlette Lebigre, studiosa di storia delle istituzioni, ha appena dedicato a La Princesse Palatine (Edizioni Albin Michel) presta ascolto, oltre che alla voce di Madame, a quella dei suoi contemporanei e ci fornisce, con esattezza e competenza, gli elementi storici indispensabili per ricostruire una vicenda dove anche i dettagli più privati non si sottraggono agli ingranaggi di quella immensa, onnicomprensiva macchina scenica a cui Luigi XIV aveva affidato lo spettacolo della sua grandezza.


Tuttolibri La Stampa, 6 settembre 1986

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