L'altissima scalinata di S. Maria del Monte (foto Franco Barbagallo) |
Recupero il brano che
segue da un ritaglio, il cui testo è di Franco Barbagallo,
eccellente giornalista e fotografo di Acireale, specializzato in
reportage geografici,
naturalistici e di viaggio, ma non trovo traccia della “testata”
(quasi certamente “Bellitalia”) come del periodo di pubblicazione
(probabilmente ultimi anni '80 del Novecento). (S.L.L.)
Un dettaglio della scalinata (foto Salvatore Lo Leggio) |
“Cal’at ghiran”,
il “castello dei vasi”. Così, durante la dominazione araba della
Sicilia, veniva chiamata l’odierna Caltagirone. La cittadina
siciliana, a quel tempo, era difesa da un munito castello e si
stendeva arroccata in cima al più alto di tre colli attigui, in una
posizione strategicamente molto importante che dominava le pianure di
Catania e di Gela. Il borgo era ben conosciuto per i suoi artigiani,
capaci di realizzare laterizi e vasi di ottima qualità lavorando
sapientemente l’argilla che abbondava nel territorio circostante.
Plasmata dalle loro abili mani, cotta per 13-14 ore in grandi forni
alimentati dal legno della vicina ed immensa foresta di Santo Pietro,
la loro terracotta veniva utilizzata in tutta la val di Noto.
Caltagirone - Il muro di cinta della caserma dei Carabinieri (foto Franco Barbagallo) |
Questa tradizione
artigiana calatina, giunta fino ai nostri giorni evolvendosi
continuamente, affonda le sue radici fino a raggiungere le fasi più
antiche dello sviluppo della città. Sul fianco della collina di S.
Ippolito, abitata dal V millennio fino al VII sec. a.C., sono stati
ritrovate tracce di antiche fabbriche di ceramica e tutta una serie
di vasi e cocci appartenenti ai periodi più remoti della storia
dell’isola. Nella contrada di S. Mauro sono state rinvenute le
fornaci siciliane più antiche e meglio conservate. Già nel periodo
ellenico mattoni, embrici, tegole di ottima fattura, venivano
realizzati in quantità quasi “industriali” e fu così per buona
parte degli otto secoli della dipendenza da Roma. Poi le successive
invasioni barbariche e le sanguinose vicende che condussero alla
conquista della Sicilia da parte degli arabi fecero letteralmente
crollare la richiesta, e quindi la produzione, di ceramiche. Fu
quello il periodo più nero della storia calatina. Con gli arabi
giunsero nuove tecniche di lavorazione e di colorazione che diedero
nuovo impulso alla produzione ceramicola e al suo commercio, ripreso
a espandersi grazie al periodo di pace che seguì la presa di
possesso araba della Sicilia.
Nel 1030 i liguri
capitanati da Giorgio il Maniace e, nel 1090, i normanni del Conte
Ruggero, espugnano e conquistano definitivamente il Castello di
Caltagirone e assoggettano l’intero territorio. La città prospera,
aumenta la popolazione e cresce la sua importanza politica ed
economica fino ad avere, con gli Svevi, persino suoi rappresentanti
al Parlamento di Foggia (anno 1240). Nel contempo si affinano le
tecniche di produzione della ceramica. Non si utilizzano più vernici
per la colorazione ma nuovi e rivoluzionari procedimenti di
invetriatura a piombo ed a stagno. Il numero dei “Cannatari”,
così venivano chiamati i produttori di ceramiche, cresce fino ad
avere nel XVII secolo, su una popolazione di poco meno di 20 mila
abitanti, più di mille addetti, occupati in oltre cento laboratori.
Dal XV al XVII secolo Caltagirone ha il suo periodo d’oro. Le sue
ceramiche vengono richieste da tutta l’isola e la città acquista
nuova ricchezza e prestigio. A quel tempo vivono a Caltagirone i
migliori architetti e artisti della Sicilia orientale, la città ha
università, teatri, palazzi nobiliari, chiese e si pone quasi al
centro della cultura e dell’arte siciliana.
Caltagirone - Una bottega (foto Salvatore Lo Leggio) |
Poi si scatena il sisma
del 1693. Caltagirone viene in gran parte distrutta e i danni più
gravi si hanno proprio nel quartiere della “Cannataria”,
quello dove erano concentrate gran parte delle botteghe ceramicole.
Alla ricostruzione seguì lo sviluppo della ceramica decorata
plasticamente che diede nuovo impulso qualitativo alla produzione
calatina. Il nuovo centro urbano venne abbellito da nuovi palazzi e
chiese che vennero ornati da splendide decorazioni ceramiche
policrome e da pavimenti in maiolica. L’artigianato della ceramica
superò in breve il difficile momento e tornò a rifiorire.
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