Patty Pravo in una foto del 1967 |
…. Ma c'è anche il
bisogno di sottolineare la propria «diversità», di esibirla con
orgoglio: i capelli lunghi, i jeans, le minigonne, gli
indumenti di tipo militare opportunamente modificati per
ridicolizzare i simboli dell'autorità, sono tutti segnali di rivolta
e di rifiuto del perbenismo e delle regole scritte. Quella che molti
anni dopo, parlando dei punk, i sociologi definiranno «la
rivolta dello stile», ha le sue lontane origini in quegli anni. Il
rigetto così improvviso degli standard di costume provoca, com'è
ovvio, reazioni contrastanti a partire dalla famiglia e dal mondo
della scuola (all'inizio molti giovani, non potendo portare i capelli
lunghi né in famiglia né a scuola, optano per delle parrucche che
tolgono e mettono prima di entrare e uscire dalle due istituzioni).
Ma il processo è ormai
innescato, e da queste prime scelte di tipo simbolico si passa
rapidamente alla critica di tutte le istituzioni. A partire dalla più
prossima e individuale che è la famiglia. Inizia così il fenomeno
delle «fughe» dall'autorità dei genitori, anche se si tratta di
«fughe» che coesistono conflittualmente nell'ambito familiare.
Altre fughe, con funzione
di avanguardia, si dirigono verso il fascino della metropoli, alla
ricerca di esperienze diverse. Minoranze intelligenti cominciano a
praticare la «cultura del viaggio», in Olanda dove ci sono i Provos
(che si ispirano ai beat e agli hippies americani), in
Inghilterra che è il punto di riferimento della rivolta giovanile.
Quando tornano riportano giornali controculturali, dischi,
abbigliamenti e la pratica dell'uso di droghe leggere (all'inizio
quasi esclusivamente marijuana) come dilatazione della sensibilità.
Nel rapporto tra i sessi
si comincia a mettere in discussione, sia pure in modo confuso, la
cultura del maschile e del femminile — in questo campo le ragazze
sono, com'è ovvio, molto più impegnate — e un prodotto tutto
italiano come Patty Pravo (amatissima cantante del Pi-per di Roma)
con la sua spregiudicatezza diventa il simbolo dell'emancipazione ma
anche dell'inquietudine giovanile. La sua canzone Ragazzo triste
centra molte emozioni reali.
Ragazzo triste
Ragazzo triste come me
ah, ah
che sogni sempre come
me ah, ah
non c'è nessuno che ti
aspetta mai,
perché non sanno come
sei.
Ragazzo triste sono
uguale a te:
a volte piango e non so
perché.
Altri son soli come me eh, eh
ma un giorno spero
cambierà.
Nessuno può star solo,
non deve stare solo.
Quando si è giovani
così
dobbiamo stare insieme,
parlare tra di noi,
scoprire il mondo che
ci ospiterà.
Ragazzo triste come me
ah, ah
che sogni sempre come
me ah, ah
altri son soli come noi
ah, ah
ma un giorno spero
cambierà, vedrai... vedrai.,
Non dobbiamo stare soli
mai.
Non dobbiamo stare soli
mai.
Non dobbiamo stare soli
mai.
Da
L'orda d'oro 1968-1977, Sugar, 1988
Nessun commento:
Posta un commento