La storia è nota. Nel
1934 è partita da Perugia una svolta - almeno per l’Italia - nella
storia della pubblicità, allora radiofonica: pubblicità non solo
all’interno di specifici contenitori (come 20 anni più tardi anche
la Tv con “Carosello”) ma in appoggio a singoli programmi. Negli
anni a venire si chiamerà “sponsorizzazione”. Due giovani autori
ricchi di fantasia, gusto ed eleganza, Nizza e Morbelli, avevano
costruito per la radio di allora, Eiar (Ente italiano audizioni
radiofoniche), un programma a puntate, un serial, dal titolo I
quattro moschettieri, parodia comico-musicale da I tre
moschettieri di Alexandre Dumas. La Buitoni-Perugina, già a partire
dalla seconda puntata, ne fa un cavallo di battaglia della sua
“offerta” - come si diceva allora - pubblicitaria, in un momento
non facile caratterizzato da una recente tassazione dello zucchero.
Successivamente,
Buitoni-Perugina lanciano nel mercato 100 figurine, accompagnate ai
prodotti delle due aziende, raffiguranti i personaggi dello
spettacolo radiofonico, da raccogliere in album che, completati,
aprono ad una larga serie di premi fino all’allora irraggiungibile,
mitica Fiat 500 “Topolino”.
Ancora un primo esempio
di pubblicità multimediale, con un successo di massa: incremento di
vendite dei prodotti reclamizzati, aumento vertiginoso di abbonamenti
all’Eiar, strade che la domenica all’improvviso si vuotano per
andare a tavola a godersi la trasmissione radiofonica, strade e
piazze che nel tardo pomeriggio si riempono per il rito dello scambio
delle figurine, di valore diverso a seconda della quantità di
immissione nel mercato.
Al tardo pomeriggio,
perché un quotidiano romano della sera, “Il piccolo”, giorno per
giorno pubblica i valori delle singole figurine: una specie, insomma,
di borsa valori. Dopo tre anni la festa finì, anche per l’intervento
del regime dall’aria truce e austera che mal sopportava quella
diffusa atmosfera festaiola.
Masolino D’Amico ha
scritto su “La Stampa” che gli italiani “parevano non sapere
che stavano ballando su una nave silurata”. Chissà, forse lo
intuivano e, cercavano di nascondersi dietro al panem (poco) e
ai circenses: erano tempi duri, e lo sferragliare d’armi
cominciava a udirsi in lontananza. Erano i tempi dell’avvento di
Hitler, della rimilitarizzazione della Renania, dell’avventura
coloniale in Abissinia, della guerra di Spagna.
Oggi, nel 2004, settanta
anni dopo, i quattro moschettieri tornano alla ribalta, a ricordare e
festeggiare quegli eventi, con uno spettacolo (I quattro
moschettieri appunto) al Teatro Pavone di Perugia in cartellone
sino al 6 giugno, per la produzione del Teatro dell’Umbria. Gli
autori del testo (Enrico Vaime e Nicola Fano) avevano a disposizione
varie modalità di lettura del grande show degli anni ‘30: la
originale invenzione di una pubblicità sponsorizzante e multimediale
(la radio, il libro con i testi delle trasmissioni, il concorso
figurine); la collocazione del successo strepitoso dell’evento nel
contesto storico e di costume del tempo; la riproposizione in uno
spettacolo di 100 minuti, di testi e di motivi del serial
radiofonico. Gli autori, con modestia, ma non modestamente, hanno
optato per quest’ultima soluzione, lavorando, e in certo modo
aggiornando, sui testi originali di Nizza e Morbelli. Ne è uscito
uno spettacolo piacevole, presentato con gusto, divertente, con una
certa memoria d’antan, con buoni attori, di grande consenso e
successo.
Chi scrive non può dire
di più, perché sa di non essere - non essere stato – uno
spettatore “normale”. Chi scrive pensa di essere uno dei non
molti rimasti di quei ragazzini che in Corso Vannucci andavano a
scambiarsi le figurine e a scontrarsi con altri ragazzini a tanti
adulti, in cerca del Feroce Saladino o, almeno, del Padrone di casa.
E allora la sua visione dello spettacolo è stata un po’
un’immersione, o una riemersione, in e dai tempi andati, e il suo
giudizio può peccare di nostalgica soggettività.
Amarcord. Scusatelo.
La storia è nota. Nel
1934 è partita da Perugia una svolta - almeno per l’Italia - nella
storia della pubblicità, allora radiofonica: pubblicità non solo
all’interno di specifici contenitori (come 20 anni più tardi anche
la Tv con “Carosello”) ma in appoggio a singoli programmi. Negli
anni a venire si chiamerà “sponsorizzazione”. Due giovani autori
ricchi di fantasia, gusto ed eleganza, Nizza e Morbelli, avevano
costruito per la radio di allora, Eiar (Ente italiano audizioni
radiofoniche), un programma a puntate, un serial, dal titolo I
quattro moschettieri, parodia comico-musicale da I tre
moschettieri di Alexandre Dumas. La Buitoni-Perugina, già a partire
dalla seconda puntata, ne fa un cavallo di battaglia della sua
“offerta” - come si diceva allora - pubblicitaria, in un momento
non facile caratterizzato da una recente tassazione dello zucchero.
Successivamente,
Buitoni-Perugina lanciano nel mercato 100 figurine, accompagnate ai
prodotti delle due aziende, raffiguranti i personaggi dello
spettacolo radiofonico, da raccogliere in album che, completati,
aprono ad una larga serie di premi fino all’allora irraggiungibile,
mitica Fiat 500 “Topolino”.
Ancora un primo esempio
di pubblicità multimediale, con un successo di massa: incremento di
vendite dei prodotti reclamizzati, aumento vertiginoso di abbonamenti
all’Eiar, strade che la domenica all’improvviso si vuotano per
andare a tavola a godersi la trasmissione radiofonica, strade e
piazze che nel tardo pomeriggio si riempono per il rito dello scambio
delle figurine, di valore diverso a seconda della quantità di
immissione nel mercato.
Al tardo pomeriggio,
perché un quotidiano romano della sera, “Il piccolo”, giorno per
giorno pubblica i valori delle singole figurine: una specie, insomma,
di borsa valori. Dopo tre anni la festa finì, anche per l’intervento
del regime dall’aria truce e austera che mal sopportava quella
diffusa atmosfera festaiola.
Masolino D’Amico ha
scritto su “La Stampa” che gli italiani “parevano non sapere
che stavano ballando su una nave silurata”. Chissà, forse lo
intuivano e, cercavano di nascondersi dietro al panem (poco) e
ai circenses: erano tempi duri, e lo sferragliare d’armi
cominciava a udirsi in lontananza. Erano i tempi dell’avvento di
Hitler, della rimilitarizzazione della Renania, dell’avventura
coloniale in Abissinia, della guerra di Spagna.
Oggi, nel 2004, settanta
anni dopo, i quattro moschettieri tornano alla ribalta, a ricordare e
festeggiare quegli eventi, con uno spettacolo (I quattro
moschettieri appunto) al Teatro Pavone di Perugia in cartellone
sino al 6 giugno, per la produzione del Teatro dell’Umbria. Gli
autori del testo (Enrico Vaime e Nicola Fano) avevano a disposizione
varie modalità di lettura del grande show degli anni ‘30: la
originale invenzione di una pubblicità sponsorizzante e multimediale
(la radio, il libro con i testi delle trasmissioni, il concorso
figurine); la collocazione del successo strepitoso dell’evento nel
contesto storico e di costume del tempo; la riproposizione in uno
spettacolo di 100 minuti, di testi e di motivi del serial
radiofonico. Gli autori, con modestia, ma non modestamente, hanno
optato per quest’ultima soluzione, lavorando, e in certo modo
aggiornando, sui testi originali di Nizza e Morbelli. Ne è uscito
uno spettacolo piacevole, presentato con gusto, divertente, con una
certa memoria d’antan, con buoni attori, di grande consenso e
successo.
Chi scrive non può dire
di più, perché sa di non essere - non essere stato – uno
spettatore “normale”. Chi scrive pensa di essere uno dei non
molti rimasti di quei ragazzini che in Corso Vannucci andavano a
scambiarsi le figurine e a scontrarsi con altri ragazzini a tanti
adulti, in cerca del Feroce Saladino o, almeno, del Padrone di casa.
E allora la sua visione dello spettacolo è stata un po’
un’immersione, o una riemersione, in e dai tempi andati, e il suo
giudizio può peccare di nostalgica soggettività.
Amarcord. Scusatelo.
“micropolis”, maggio
2004
Nessun commento:
Posta un commento