«…è la Wanda!!!»
La vedevo passare dalle
finestre dell’ufficio: una signora piccola con un turbante,
guidata, quasi portata a spasso da un cane minuscolo. A quel richiamo
i colleghi si radunavano svelti per guardarla, lei, il simbolo stesso
del Varietà e di un mondo perduto.
Ancora le bastava solo
camminare per incantarci tutti.
«Lei recita, canta??»
«No, cammino. Vado
avanti e indietro per il palcoscenico, faccio la passerella, prendo
questo po’ po’ di applausi e credo di avere ragione io.»
Figlia di un palafreniere
di Umberto I°, ha una passione per il teatro che i genitori non
condividono. Loro avrebbero voluto che studiasse il violino. Così, a
16 anni sceglie la sua strada.
«…Quali studi ha
fatto?»
«Quelli che bastano per
andare avanti nella vita!»
È il 1923. Anna Maria
Menzio si presenta al teatro Eden, a Milano: capelli neri lunghi e
lisci, grandi occhi chiari già molto truccati, una ferma volontà di
recitare. Il suo aspetto ricorda una dea egizia, l’impresario ne
intuisce il talento, o almeno la personalità, e la fa debuttare
nella rivista Il vile pedone con il nome di Jole Anna Menzio.
In breve tempo Anna Maria
trasforma l’immagine del suo personaggio, i capelli diventano
platinati, si copre di cerone color ocra, caricando l’esotismo del
suo personaggio. Il suo nome d’arte diventa Osiris, Wanda Osiris…
L’autarchia fascista toglierà solo per un breve periodo una “s”
al suo nome (che diventa Osiri), nel tentativo di italianizzarlo.
Il primo vero trionfo è
agli inizi degli anni Trenta, all’Excelsior di Milano, accanto a
Totò ne Il piccolo caffè. Con la fama viene coniato per lei
un superlativo assoluto, fino ad allora riservato agli aggettivi:
diventa “la Wandissima”, regina del teatro di varietà. Le fa eco
una sola rivale, forse, Elena Giusti, ma la sua popolarità non ha
confronti in Italia e si misura alla pari di personaggi come
Mistinguette, Josephine Baker, Marlène Dietrich, Greta Garbo.
Nonostante questa notorietà, voluta e ricercata, Wanda riuscirà a
mantenere in una strettissima riservatezza la sua vita privata,
persino sulla paternità della figlia, arrivata per lei, nubile, nel
pieno del suo successo.
Trascorre a Roma gli anni
della guerra. Nel 1945, dopo la Liberazione, torna a Milano,
protagonista in Gran Varietà con Carlo Dapporto e partecipa a
spettacoli di beneficenza. Il lusso dei suoi spettacoli può sembrare
stridente, ma accende un po’ di luce in un paese ferito: i suoi
abiti sono fantasiosi, le è consentito qualsiasi eccesso, deve
stupire sia il pubblico della platea che quello del loggione. Le sue
entrate in scena sono grandiose: in un’occasione vengono
cronometrati 11 minuti di applausi al suo solo apparire. Scende
disinvolta le grandi scalinate, a volte verosimili riproduzioni di
Trinità de Monti o Montmartre: «le scendo con tranquillità, occhi
negli occhi al pubblico, nonostante i tacchi e le crinoline». I
riflettori, puntati su di lei, le cambiano il colore della pelle che
diventa bianca, ocra, azzurra.
Nella sua insolitamente
lunga carriera di soubrette Wanda Osiris si esibisce, tra gli altri,
oltre che con i citati Totò e Carlo Dapporto, con Macario, Nino
Taranto, Walter Chiari, Renato Rascel.
Fra i suoi maggiori
successi si ricordano Tutte donne (1939), Che succede a
Copacabana? (1943), Al Grand Hotel (1948), sfarzoso
spettacolo di Garinei e Giovannini accanto a Gianni Agus, a lungo suo
compagno di palcoscenico e di vita. Da questa rivista sgorgano due
canzoni Sentimental e Ti parlerò d’amor, per sempre,
da quel momento, associate al suo nome.
Wanda non è una
ballerina. Spesso rimane ferma mentre i suoi boys le danzano
attorno. Quasi non le viene chiesto di recitare, canta con una voce
sottile, allunga e allarga le vocali, le braccia accompagnano ogni
verso. È un sogno, una presenza radiosa, sorride, ringrazia, lancia
al pubblico le rose Baccarat, comprate a sue spese e da lei
personalmente cosparse con il suo profumo Arpège, scelta che le farà
dichiarare: «il teatro fu per me un magnifico deficit».
Seguono altri trionfi tra
i quali: Il Diavolo custode (1950, Garinei e Giovannini),
Galanteria (1951, Galdieri) che, a causa della satira
politica, avrà problemi con la censura, Gran Baraonda con il
Quartetto Cetra (1952) e Made in Italy (1953) nel quale si
ricompone il duo con Macario. Festival (1954), con Lionello,
Pisu, Pandolfi, che pure vanta Luchino Visconti alla consulenza di
regia, incontra solo una tiepida accoglienza da parte del pubblico.
Wanda ha amato il cinema
e le sue grandi muse: Marlène Dietrich, Greta Garbo. Interpreterà
alcune commedie, solo sporadicamente e nei panni di se stessa: Non
me lo dire, con Macario (1940, Mario Mattoli), I pompieri di
Viggiù (1949, Mario Mattoli) e Carosello del varietà
(1955, Aldo Bonaldi).
Alcuni episodi sfortunati
caratterizzano la parte finale della sua carriera: una sera al
Lirico, impegnata in La granduchessa e i camerieri (1955 –
musiche di Gorni Kramer), scivola e la compagnia deve fermarsi per
alcuni giorni. Segue Okay fortuna (1956), ma un cornicione
crolla sulle ballerine e infine, al Politeama di Napoli, con un
grande cast per I Fuoriserie, Bramieri, Vianello, Durano
(1957), un incidente brucia i costumi e le scenografie. Riappare, nel
1963, nella parte della suocera, in Buonanotte Bettina di
Garinei e Giovannini con Walter Chiari e Alida Chelli.
Le sue prime gareggiavano
con quelle della Scala ma con l’avvento della televisione i costi
delle riviste sono ormai insostenibili e i teatri si svuotano. Il
vento è cambiato e la leggerezza del varietà verrà cantata da
Fellini, ma forse proprio perché perduta per sempre. Wanda nel 1974,
torna in palcoscenico, nel teatro di prosa, con lo spettacolo Nerone
è morto? di Hubay.
Molto religiosa ma anche
superstiziosa, non sopporta il colore viola e gli uccelli, neppure di
stoffa. Una certa incredibile consapevolezza della sua arte così
effimera le consente di apparire sorridente e ironica in alcune
trasmissioni televisive: è “la Wandissima” anche mentre canta la
sua Sentimental, su una scala da imbianchino, accompagnata solo da un
pianoforte…
Wanda si ritira dalle
scene quando intuisce che un diverso modo di porgersi si sta
imponendo nei gusti del pubblico. Ha la capacità di uscire di scena
all’apice del successo quasi indicando che uno spazio vuoto, fatto
di nulla o di illusione deve restare tale.
Vivrà sempre a Milano
(che, seppure in periferia, le dedica un giardino), in compagnia
della sua unica figlia Cicci e della nipote Fiorenza, nella casa di
via Verri vicina al teatro Nuovo, dove aveva tante volte trionfato.
«Ti parlerò d’amor
e coglierò una rosa, non c’è più dolce cosa.. per far felice il
cuor».
Luigi Cesareo
Da “Enciclopedia delle
donne” (http://www.enciclopediadelledonne.it/)
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