"Ti piace essere
venuto a questo mondo?"
Bambino: “Sì, perché
c'è la STANDA".
Che sarà della neve
che sarà di noi?
Una curva sul ghiaccio
e poi e poi... ma i pini, i pini
tutti uscenti alla neve, e fin l'ultima
età
circondata da pini. Sic et simpliciter?
E perché si è - il mondo pinoso il
mondo nevoso -
perché si è fatto bambucci-ucci,
odore di cristianucci,
perché si è fatto noi, roba per noi?
E questo valere in persona ed
ex-persona
un solo possibile ed ex-possibile?
Hölderlin: "siamo un segno senza
significato":
ma dove le due serie entrano in
contatto?
Ma è vero? E che sarà di noi?
E tu perché, perché tu?
E perché e che fanno i grandi oggetti
e tutte le cose-cause
e il radiante e il radioso?
Il nucleo stellare
là in fondo alla curva di ghiaccio,
versi inventive calligrammi ricchezze,
sì,
ma che sarà della neve dei pini
di quello che non sta e sta là, in
fondo?
Non c'è noi eppure la neve si affisa a
noi
e quello che scotta
e l'immancabilmente evaso o morto
evasa o morta.
Buona neve, buone ombre, glissate
glissate.
Ma c'è chi non si stanca di
riavviticchiarsi
graffignare sgranocchiare solleticare,
di scoiattolizzare le scene che abbiamo
pronte,
non si stanca di riassestarsi
- l'ho, sempre, molto, saputo -
al luogo al bello al bel modulo
a cieli arcaici aciduli come slambròt
cimbrici
al seminato d'immagini
all'ingorgo di tenebrelle e stelle
edelweiss
al tutto ch'è tutto bianco tutto
nobile:
e la volpazza di gran coda e l'autobus
quello rosso sul campo nevato.
Biancaneve biancosole biancume del mio
vecchio io.
Ma presto i bambucci-ucci
vanno al grande magazzino
- ai piedi della grande selva -
dove c'è pappa bonissima e a
maraviglia
per voi bimbi bambi con diritto
e programma di pappa, per tutti
ferocemente tutti, voi (sniff sniff
gran gnam yum yum slurp slurp:
perché sempre si continui l'"umbra
fuimus fumo e fumetto"):
ma qui
ahi colorini più o meno truffaldini
plasmon nipiol auxol lustrine e
figurine
più o meno truffaldine:
meglio là, sottomano nevata sottofelce
nevata...
O luna, ormai,
e perfino magnolia e perfino
cometa di neve in afflusso, la neve.
Ma che sarà di noi?
Che sarà della neve, del giardino,
che sarà del libero arbitrio e del
destino
e di chi ha perso nella neve il cammino
(e la neve saliva saliva - e lei
moriva)?
E che si dice là nella vita?
E che messaggi ha la fonte di messaggi?
Ed esiste la fonte, o non sono
che io-tu-questi-quaggiù
questi cloffete clocchete ch ch
più che incomunicante scomunicato
tutti scomunicati?
Eppure negli alti livelli
sopra il coma e il semicoma e il limine
si brusisce e si ronza e si
cicala-ciàcola
- ancora - per una minima e semiminima
biscroma semibiscroma nanobiscroma
cose e cosine
scienze lingue e profezie
cronaca bianca nera azzurra
di stimoli anime e dèi,
libido e cupìdo e la loro
prestidigitazione finissima;
è così, scoiattoli afrori e
fiordineve in frescura
e "acqua che devia
si dispera si scioglie s'allontana"
oltre il grande magazzino ai piedi
della selva
dove i bambucci piluccano zizzole...
E le falci e le mezzelune e i martelli
e le croci e i designs-disegni
e la nube filata di zucchero che alla
psiche ne vie?
E la tradizione tramanda tramanda fa
passamano?
E l'avanguardia ha trovato, ha trovato?
E dove il fru-fruire dei fruitori
nel truogolo nel buio bugliolo nel
disincanto,
dove, invece, l'entusiasmo l'empireirsi
l'incanto?
Che si dice lassù nella vita,
là da quelle parti là in parte;
che si cova si sbuccia si spampana
in quel poco in quel fioco
dentro la nocciolina dentro la
mandorletta?
E i mille dentini che la minano?
E il pino. E i pini-ini-ini per profili
e profili mai scissi mai cuciti
ini-ini a fianco davanti
dietro l'eterno l'esterno l'interno (il
paesaggio)
dietro davanti da tutti i lati,
i pini come stanno, stanno bene?
Detto alla neve: "Non mi
abbandonerai mai, vero?"
E una pinzetta, ora, una graffetta
da La Beltà (1968)
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