William Herschel |
Urano, il pianeta che la sonda Voyager
2 sta sorvolando in queste ore, fu scoperto nel 1781 dall'astronomo
William Herschel: o perlomeno così sta scritto sui libri di storia
della scienza. L'attribuzione, in realtà, non è pacifica, e c'è
chi propende ad assegnare il merito della scoperta a un altro
studioso del cielo, Anders J. Lexell. Ma la questione della priorità
interessa sino a un certo punto. Gli epistemologi si occupano oggi di
Urano soprattutto perché il processo intellettuale che portò alla
identificazione del pianeta è in qualche modo un paradigma nella
moderna riflessione sulla struttura delle scoperte scientifiche. Come
avvenne il riconoscimento? Abbandonata la nativa Germania per l'
Inghilterra, lasciato il posto che occupava nella banda del
reggimento per seguire più celesti armonie, Herschel si dedicò
all'osservazione del cielo con grande impegno, e con l'aiuto di
strumenti da lui stesso costruiti. Nella notte del 13 marzo 1781 lo
scienziato annotò sul suo Giornale astronomico quanto segue: "Nel
quadratino vicino a Zeta Tauri c' è un oggetto curioso, direi una
stella nebulosa o forse una cometa". E' appunto a questa
annotazione che si fa generalmente risalire la scoperta di Urano.
Osserva però Thomas Kuhn, il pensatore americano che ha sferrato il
più coraggioso attacco alla concezione "progressiva" dello
sviluppo storico della scienza: dal 1690 in avanti, Urano era stato
visto almeno diciassette volte da altrettanti osservatori, venendo
peraltro scambiato sempre per una stella. Herschel si distinse dunque
dai precedenti scrutatori - continua Kuhn - per il fatto di
riconoscere nel corpo luminoso una cometa. Le osservazioni
successive, il 17 e 19 marzo, confermarono l'astronomo nell'ipotesi
cometaria. Gli studiosi europei vennero così informati dell'evento e
quelli tra loro che avevano dimestichezza con la matematica presero a
calcolare l'orbita della "cometa", non riuscendo ovviamente
a far tornare i conti. Alcuni mesi più tardi, l'astronomo Lexell
suggerì trattarsi invece di un pianeta. Questa volta i calcoli
combaciarono con le osservazioni e l'ipotesi del pianeta fu accettata
dalla comunità scientifica. In quale momento di quel fatidico 1781 -
si domanda Kuhn - possiamo allora collocare la scoperta di Urano? E
siamo proprio sicuri che fu Herschel e non Lexell a compierla? Quando
ci chiniamo a esaminare le scoperte scientifiche e la loro storia
interna, gli schemi della Storia ufficiale si dimostrano spesso
inadeguati. Vista da vicino, la scoperta perde quei contorni definiti
e anche quell' alone di magia che gli storiografi dell'"accrescimento
regolare" tengono fatalmente a conferire. Ciò che appariva
chiaro si complica e si scioglie in lampi di intuizione e
obnubilamento di pregiudizi, dai quali neppure gli uomini di talento
risultano immuni. L'"anomalia" rappresentata dalla
dimensione inaspettata del nuovo oggetto non avrebbe potuto essere
riconosciuta nè quindi portare alla scoperta scientifica fintanto
che gli strumenti dell'osservazione (il telescopio) e le categorie
concettuali in cui inquadrarla non avessero raggiunto un opportuno
sviluppo. Kuhn - che Giulio Giorello chiama, con ammirazione e
irriverenza, "dottor Sottile" - sa scavare nelle pieghe
della scoperta scientifica. E che cosa vi trova? In sostanza -
risponde Giorello - quello che gli antichi già conoscevano, e cioè
che vedono più gli occhi della mente che gli occhi del corpo.
Naturalmente l'analisi di Kuhn è più puntuale. Ma già Isacco
Barrow, il pensatore seicentesco maestro del grande Newton,
riconosceva questa priorità delle immagini interiori. Un altro
esempio? Cristoforo Colombo intuì, unico tra gli uomini del suo
equipaggio, che le foglie e i relitti galleggianti di fronte alla
caravella annunciavano la prossimità del nuovo mondo. Ma il
navigatore era così convinto che quel mondo fossero le Indie da non
riconoscervi, alla prova dei fatti, l'America. Gli occhi della mente
vedono lontano ma sono appannati dall'ideologia. Urano è visibile a
occhio nudo e fu avvistato, come abbiamo detto, numerose volte nel
corso della storia senza venire riconosciuto. Tale riconoscimento era
infatti inconcepibile in un'opera in cui i pianeti del sistema solare
non potevano essere più dei cinque osservati dagli antichi. Per
superare il blocco occorrevano ardimento, elasticità, tenacia, tutte
qualità di cui Herschel diede prova (e Lexell, e altri astronomi di
quegli anni). Il ghiaccio era rotto. Bastò aumentare di uno il
numero sacro dei corpi planetari per far vedere agli astronomi cose
che i dottori del cielo non erano mai riusciti a leggere nel pur
familiare paesaggio notturno.
la Repubblica, 25 gennaio 1986
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