11.8.14

Con gli occhi della mente. 1781, la scoperta di Urano (Giovanni Maria Pace)

William Herschel
Urano, il pianeta che la sonda Voyager 2 sta sorvolando in queste ore, fu scoperto nel 1781 dall'astronomo William Herschel: o perlomeno così sta scritto sui libri di storia della scienza. L'attribuzione, in realtà, non è pacifica, e c'è chi propende ad assegnare il merito della scoperta a un altro studioso del cielo, Anders J. Lexell. Ma la questione della priorità interessa sino a un certo punto. Gli epistemologi si occupano oggi di Urano soprattutto perché il processo intellettuale che portò alla identificazione del pianeta è in qualche modo un paradigma nella moderna riflessione sulla struttura delle scoperte scientifiche. Come avvenne il riconoscimento? Abbandonata la nativa Germania per l' Inghilterra, lasciato il posto che occupava nella banda del reggimento per seguire più celesti armonie, Herschel si dedicò all'osservazione del cielo con grande impegno, e con l'aiuto di strumenti da lui stesso costruiti. Nella notte del 13 marzo 1781 lo scienziato annotò sul suo Giornale astronomico quanto segue: "Nel quadratino vicino a Zeta Tauri c' è un oggetto curioso, direi una stella nebulosa o forse una cometa". E' appunto a questa annotazione che si fa generalmente risalire la scoperta di Urano. Osserva però Thomas Kuhn, il pensatore americano che ha sferrato il più coraggioso attacco alla concezione "progressiva" dello sviluppo storico della scienza: dal 1690 in avanti, Urano era stato visto almeno diciassette volte da altrettanti osservatori, venendo peraltro scambiato sempre per una stella. Herschel si distinse dunque dai precedenti scrutatori - continua Kuhn - per il fatto di riconoscere nel corpo luminoso una cometa. Le osservazioni successive, il 17 e 19 marzo, confermarono l'astronomo nell'ipotesi cometaria. Gli studiosi europei vennero così informati dell'evento e quelli tra loro che avevano dimestichezza con la matematica presero a calcolare l'orbita della "cometa", non riuscendo ovviamente a far tornare i conti. Alcuni mesi più tardi, l'astronomo Lexell suggerì trattarsi invece di un pianeta. Questa volta i calcoli combaciarono con le osservazioni e l'ipotesi del pianeta fu accettata dalla comunità scientifica. In quale momento di quel fatidico 1781 - si domanda Kuhn - possiamo allora collocare la scoperta di Urano? E siamo proprio sicuri che fu Herschel e non Lexell a compierla? Quando ci chiniamo a esaminare le scoperte scientifiche e la loro storia interna, gli schemi della Storia ufficiale si dimostrano spesso inadeguati. Vista da vicino, la scoperta perde quei contorni definiti e anche quell' alone di magia che gli storiografi dell'"accrescimento regolare" tengono fatalmente a conferire. Ciò che appariva chiaro si complica e si scioglie in lampi di intuizione e obnubilamento di pregiudizi, dai quali neppure gli uomini di talento risultano immuni. L'"anomalia" rappresentata dalla dimensione inaspettata del nuovo oggetto non avrebbe potuto essere riconosciuta nè quindi portare alla scoperta scientifica fintanto che gli strumenti dell'osservazione (il telescopio) e le categorie concettuali in cui inquadrarla non avessero raggiunto un opportuno sviluppo. Kuhn - che Giulio Giorello chiama, con ammirazione e irriverenza, "dottor Sottile" - sa scavare nelle pieghe della scoperta scientifica. E che cosa vi trova? In sostanza - risponde Giorello - quello che gli antichi già conoscevano, e cioè che vedono più gli occhi della mente che gli occhi del corpo. Naturalmente l'analisi di Kuhn è più puntuale. Ma già Isacco Barrow, il pensatore seicentesco maestro del grande Newton, riconosceva questa priorità delle immagini interiori. Un altro esempio? Cristoforo Colombo intuì, unico tra gli uomini del suo equipaggio, che le foglie e i relitti galleggianti di fronte alla caravella annunciavano la prossimità del nuovo mondo. Ma il navigatore era così convinto che quel mondo fossero le Indie da non riconoscervi, alla prova dei fatti, l'America. Gli occhi della mente vedono lontano ma sono appannati dall'ideologia. Urano è visibile a occhio nudo e fu avvistato, come abbiamo detto, numerose volte nel corso della storia senza venire riconosciuto. Tale riconoscimento era infatti inconcepibile in un'opera in cui i pianeti del sistema solare non potevano essere più dei cinque osservati dagli antichi. Per superare il blocco occorrevano ardimento, elasticità, tenacia, tutte qualità di cui Herschel diede prova (e Lexell, e altri astronomi di quegli anni). Il ghiaccio era rotto. Bastò aumentare di uno il numero sacro dei corpi planetari per far vedere agli astronomi cose che i dottori del cielo non erano mai riusciti a leggere nel pur familiare paesaggio notturno.

la Repubblica, 25 gennaio 1986

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