Una vecchia foto dell'aula consiliare nel palazzo Cesaroni di Perugia, sede della Regione Umbria |
Vi racconto una storia
non recentissima (un anno fa all'incirca, o poco più), ma tuttora degna di
attenzione, quella dei “vitalizi” dei Consiglieri emeriti della
Regione Umbria.
La cosa nacque molto
tempo fa, al tempo – credo – della Prima Repubblica e sospetto
che avesse molti padri, di molte fedi politiche: imitava un
meccanismo analogo in vigore alla Camera e al Senato e trovò i
consensi necessari in tutte le regioni.
La legge che la
istituiva, in Umbria come altrove, aveva il suo perno nella
“mutualità”, cioè nel sostegno reciproco tra i consiglieri
regionali: si tratteneva una quota dall'indennità mensile e con essa
si costituiva un Fondo, con il quale si sarebbero pagate le
“pensioni” dei Consiglieri anziani non rieletti, con un
meccanismo che prevedeva la giusta età di accesso e una sorta di
“reversibilità” a favore del coniuge superstite o di altri eredi
indicati dall'interessato. Le finanze regionali sarebbero intervenute
solo se fossero mancate le risorse, ad integrare il fondo. La cosa,
com'era prevedibile, accadde dopo qualche legislatura e divenne una
prassi fin dagli anni Novanta. Da allora in poi sono state
necessarie successive “rimesse” fino a inserire stabilmente il
Fondo tra le voci passive del bilancio regionale. La percentuale di
contribuzione dell'Ente peraltro è andata progressivamente
aumentando fino a superare ampiamente il cinquanta per cento.
Le ragioni di tutto ciò
si intuiscono facilmente: il numero di consiglieri che paga è sempre
quello, il numero di quelli che percepiscono aumenta ad ogni
legislatura, anche per l'allungarsi della durata media della vita e
per il meccanismo di reversibilità.
Era nei poteri della
Regione una simile normativa? E' cosa dubbia. L'Ente può sicuramente
farsi garante di alcune forme di mutualità e dunque l'integrazione
del fondo può essere fatta rientrare tra i suoi compiti (a parte i
difetti di moralità e di stile di una provvidenza di cui beneficiano
gli stessi consiglieri regionali e che non ha alla base un vero
bisogno sociale). Gli “amici del vitalizio” aggiungono che le
integrazioni che nel tempo sono state deliberate non costituiscono
affatto conflitto di interesse, perché esse non riguardano i
consiglieri in carica, ma quelli usciti dal ruolo.
Il ragionamento
avvocatizio sembra filare, ma c'è nelle leggi nazionali un divieto
di aumentare “in qualsiasi forma” emolumenti e provvidenze
destinati ai Consiglieri regionali e queste norme bellamente lo
aggirano.
C'è da aggiungere una
notazione. I consiglieri regionali vecchi non resterebbero nella
penuria e nell'indigenza senza “vitalizio”: dispongono di
copertura pensionistica a prescindere. Ciascun consigliere regionale,
secondo la condizione di origine (lavoratore dipendente, libero
professionista, imprenditore, giornalista ecc.), versa contributi
figurativi per la propria pensione all'Ente competente e non perde
neanche un giorno di anzianità pensionistica.
A questo punto la domanda
sorge spontanea: ma, dopo le denunce e gli scandali degli anni
scorsi, i vitalizi umbri non erano stati aboliti per effetto di una
legge dello Stato?
Sì, sono stati aboliti.
Ma questo, paradossalmente, aumenta i costi per il bilancio della
Regione. I vitalizi aboliti riguardano gli attuali componenti del
Consiglio Regionale, ma non sono quelli già in godimento, né quelli
maturati nelle passate legislature. Insomma le cose sono cambiate
addirittura in peggio: i Consiglieri regionali in carica non hanno le
trattenute e la Regione paga tutto. Un risparmio, ovviamente, ci sarà
in futuro, tra 25 anni all'incirca; ora come ora la spesa risulta
quasi raddoppiata e viene sottratta alla spesa sociale (per esempio
al fondo per i non autosufficienti, che è stato tagliato quasi
completamente proprio in soccorso degli ex consiglieri regionali).
L'anno scorso un gruppo
di associazioni, Libera, Lega Ambiente, Cittadinanza Attiva, e una
confederazione sindacale, la Cisl, presentarono una petizione per una
vera abolizione: in tempi di “esodati” e di persone costrette a
lavorare fino a 67 anni per poter andare in pensione un tale
privilegio, in altri tempi tollerato, appariva giustamente
insopportabile. La Cgil non aderì, forse frenata da una tradizione
per cui i suoi dirigenti divengono consiglieri regionali (ma Brutti,
Mariotti e Galanello, gli ex dirigenti Cgil oggi a Palazzo Cesaroni
per la prima legislatura, non avranno vitalizi).
La petizione prevedeva la
fine immediata di ogni erogazione, previa la restituzione delle
trattenute versate dai consiglieri, aumentate degli interessi legali
nel frattempo maturati, per i Consiglieri che non avevano avuto
accesso al vitalizio e la restituzione della differenza per quelli
che non avevano ancora recuperato tutte le somme versate. Tale spesa
peraltro riguarderebbe non molte persone e inciderebbe sul bilancio
di un solo anno, rimanendo comunque inferiore a quella prevista per i
vitalizi. Insomma già il primo anno ci sarebbero risparmi per
iniziative di sostegno a chi, nella crisi, ha veramente bisogno; e
per gli anni successivi si tratterebbe di milioni.
Il Consiglio Regionale
umbro, tuttavia, facendosi forte di un parere dei consulenti legali
che lo stesso Consiglio paga, ha risposto picche. Hanno detto che si
tratta di diritti acquisiti e inalienabili degli ex consiglieri e dei
loro eredi. Nell'audizione un consigliere berlusconiano se ne è
addirittura uscito con insulti e vaghe minacce.
In verità neppure altri
consigli regionali d'Italia sottoposti ad analoga sollecitazione
hanno risposto positivamente, ma in Friuli e in Puglia hanno almeno
deciso di togliere i “vitalizi” ai condannati in via definitiva
per reati contro la pubblica amministrazione, dimostrando nei fatti
che non si tratta di diritti indisponibili, ma di privilegi che è
possibile abolire, se si vuole.
Per ora, insomma, i
“vitalizzati” fanno salti di gioia per lo scampato pericolo,
anche se le associazioni proponenti intendono trasferire la campagna
sul livello nazionale.
Piccolo corollario, gli
improperi di un ex consigliere regionale, percettore di vitalizio,
verso l'esponente di una delle associazioni che hanno proposto la
petizione, suo amico: “Vergognatevi!. Questo è qualunquismo della
peggiore specie. Questo alimenta l'antipolitica. Quando ho accolto la
proposta del mio partito di candidarmi alla Regione, l'ho fatto
perché sapevo che c'era il vitalizio. Senza non avrei accettato”.
Ma va!
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