Una delle letture estive proposte dal
“manifesto” nel 2011, fu una serie di racconti di autori
latino-americani, nuovi e meno nuovi, più o meno conosciuti in
Italia. Nel secondo dei racconti della serie dedicata alla narrativa
dell'America latina, Héctor Abad Faciolince evoca con grande
efficacia il clima di violenza e paura che tormenta il suo paese, la
Colombia: «Al mio funerale parleranno il sindaco e un viceministro e
diranno che non sono morto invano, un martire della libertà, un
difensore dei diritti dell'uomo...».
Hector Abad Faciolince è nato nel 1958
a Medellín, in Colombia, e ha vissuto e studiato in Messico e in
Italia, dove nel 1986 si è laureato in lingue e letteratura
contemporanea all'Università di Torino. Dopo l'assassinio di suo
padre (medico, intellettuale e uomo politico assai noto in Colombia)
da parte di un gruppo paramilitare, è stato costretto all'esilio
prima in Spagna e poi in Italia, dove ha insegnato all'Università di
Verona fino al 1992. Attualmente vive in Colombia, dove lavora per
quotidiani e riviste (nel 1998 e nel 2007 ha ricevuto il premio Simón
Bolívar per il giornalismo) e per diverse case editrici. Traduttore
di Sciascia, Calvino, Tomasi di Lampedusa, Bufalino, Eco, è autore
di saggi, ma soprattutto di romanzi e racconti tradotti in molti
paesi. In Italia sono apparsi: Trattato di culinaria per donne
tristi (Sellerio 1997/ 2007), Scarti (Bollati Boringhieri,
2008), L'oblio che saremo (Einaudi 2009).
Il racconto pubblicato dal “manifesto”
per concessione dell'autore è tratto e qui ripreso è tratto da El
amancer de un marido (2008), ancora inedito in Italia.
Héctor Abad Faciolince |
Presto o tardi verranno anche per me.
Butteranno giù la porta con una mazza, come al vicino del piano di
sotto, butteranno giù la porta a colpi di mazza mentre mi rado in
bagno e non avrò neanche il tempo di infilarmi i pantaloni. Così,
io con l'asciugamano intorno alla vita, verranno con i loro occhiali
scuri, lo sguardo torbido, le dita nervose, e scaricheranno sul mio
corpo umido una pioggia di pallottole. E poi se ne torneranno da dove
sono venuti, senza neanche correre, quasi con calma risaliranno sulle
loro enormi jeep, vetri blindati e fari accesi, con calma svolteranno
l'angolo e si perderanno nel viale e nessuno saprà chi fossero, se
la guerriglia, i paramilitari, la polizia, i Pepes, i majacas, i
delinquenti comuni, le milizie, i narcos, l'esercito, gli sgherri di
qualche politico, i latifondisti, i commercianti, i contrabbandieri,
chiunque e chicchessia, questi e quelli, tutti insieme, transfughi da
una parte all'altra, sicari, mercenari, sgherri al soldo dei molti
terrori che ci danno ordini e ci uccidono.
Fa lo stesso. Magari
non soffrirò neanche troppo. Il cuore batterà disperato nel petto
per qualche secondo, riuscirò a gridare che per favore non lo
facciano, spaventato come ci spaventiamo tutti davanti alla morte,
attaccati come siamo al dolce aroma dell'esistenza, desiderosi di
continuare a respirare finché qualche malattia non ci rubi il fiato
nel letto, ma le parole mi resteranno in gola e sarò solamente un
rivolo di sangue accanto al mio corpo umido e quando mia figlia verrà
a vedermi e quando verrà mio figlio e tutti e due piangeranno di
dolore e di paura, quando verranno a vedermi le mie sorelle, sarò
così bianco, così livido e freddo che non vorranno vedermi più e
diranno seppellitelo, seppellitelo in fretta, o crematelo, crematelo
al più presto, e se ne andranno a vivere in un altro paese.
Cercheranno di dimenticare, si difenderanno dal ricordo della mia
morte come da un incubo che li perseguita notte dopo notte, non
vorranno ricordare il mio corpo rigido né i fori violacei delle
pallottole.
Venderanno al miglior offerente tutto quello che hanno e che lascerò loro, riscuoteranno la mia miserabile assicurazione e se ne andranno a vivere in un paese dove uomini con o senza cappuccio non ti entrino in casa di notte o a mezzogiorno e non ti uccidano perché sì o perché no, perché hai scritto un articolo o perché non lo hai scritto, perché ti hanno visto con tizio o con caio, perché ti hanno sentito dire che i latifondisti sono assassini e i guerriglieri anche, e la polizia una muta di assassini, e i poveri una turba di assassini e i ricchi un branco di assassini e il politici dei ladri assassini e i preti complici piagnucolosi degli assassini, e i mafiosi altri assassini che hanno perfezionato l'arte di assassinare, e i militari altri assassini ancora, e solo per aver detto la verità, e cioè che questo paese è abitato da una folle orda di assassini che non sanno cosa siano il dolore e la compassione, solo per averlo detto, verranno ad assassinarti come assassineranno me per averlo detto o scritto, verranno per me nella casa di città o in quella di campagna, non so quando, di giorno o di notte, a un certo momento, in una data qualsiasi, presto o tardi, come accade a tutti in questo orribile posto. E nel frattempo scrivo il mio terrore. Posso farlo, nessuno me lo impedisce, me lo pubblicano addirittura e mi dicono è proprio il tuo ritratto, sempre lo stesso paranoico, mi diranno, indifferenti, sorridenti come il cielo con i loro occhi di cielo, il loro sguardo di cielo, il cielo è azzurro, di un azzurro profondo e indifferente come solo la bellezza può esserlo, altero nella sua azzurra grazia, un azzurro da cartolina, e il clima così perfetto, si sta bene in camicia e senza camicia, si sta bene con la giacca e senza giacca, posso andare in giro col cane e passeggiare per viottoli di campagna e vedere mucche Holstein come se fossimo in Svizzera e giardini ben curati e alberi frondosi, tutto sembra così placido e tranquillo (le nuvole bianche, il cielo azzurrissimo, l'aria così limpida) da far pensare che qui vada tutto bene, qui non mi succederà mai nulla, questo paese è bellissimo, queste montagne andine sono bellissime e la gente è amabile, ti saluta sempre, buongiorno, buongiorno signore, mentre continuano a mungere, e passano in bicicletta schivando le pozzanghere perché di notte piove e di giorno c'è il sole, tutto perfetto, perfetto il clima, il verde intenso quanto l'azzurro, acqua pulita che di notte cade come un'immensa doccia su tutta la pianura, a Llanogrande, in questo paradiso dove niente può succedermi, in questa casa che fu del mio bisnonno ed è stata di mia nonna ed era di mia madre e adesso è mia non può succedermi niente, l'erba cresce, il sole sorge e tramonta, tutto è così perfetto, le pareti imbiancate a calce, le verdure dell'orto, ma verranno, loro verranno, i fari accesi, i vetri polarizzati, veniamo per lei, ma non si preoccupi, la portiamo qui vicino a fare due chiacchiere con il capo e la riporteremo indietro, salga tranquillo, e mi portano in una boscaglia, in un campo di stoppie, e appena oltrepassate le griglie metalliche che impediscono al bestiame di uscire dalla proprietà mi diranno ora sì che sei morto figlio di puttana, pezzo di merda, coglione, ora sì che sei morto, e prima di uccidermi mi prenderanno a calci in culo e negli stinchi, mi toglieranno gli occhiali con un pugno e tutto mi si annebbierà davanti agli occhi, mi faranno saltare i denti dandomi una gran botta col revolver, spegneranno una sigaretta nella cavità del mio orecchio come fosse un portacenere, guardate che portacenere, guardate come butta fumo questo portacenere, ora sì che sei morto, figlio di puttana, dì addio a questa vita, dì addio, rospo immondo, ora sì che starai zitto per sempre vediamo se scriverai ancora sul capo, e io non saprò mai chi è il capo, se il capo del fronte guerrigliero numero tale, se il capo dei gruppi paramilitari di una certa parte, se il capo politico di El Retiro o di Rionegro o della Ceja o di Sonsón o di El Carmen, se il colonnello nonsochi, se il comandante X, non saprò chi sono, e quando si stancheranno di picchiarmi e martoriarmi, quando vedranno che ho i pantaloni bagnati e mi sono cagato addosso dalla paura, solo allora una scarica di pallottole mi pioverà sul petto, in testa, sulle gambe, riducetelo a un colabrodo così tutti sapranno chi comanda qui, e impareranno. E chi è che comanda qui, chi?
Venderanno al miglior offerente tutto quello che hanno e che lascerò loro, riscuoteranno la mia miserabile assicurazione e se ne andranno a vivere in un paese dove uomini con o senza cappuccio non ti entrino in casa di notte o a mezzogiorno e non ti uccidano perché sì o perché no, perché hai scritto un articolo o perché non lo hai scritto, perché ti hanno visto con tizio o con caio, perché ti hanno sentito dire che i latifondisti sono assassini e i guerriglieri anche, e la polizia una muta di assassini, e i poveri una turba di assassini e i ricchi un branco di assassini e il politici dei ladri assassini e i preti complici piagnucolosi degli assassini, e i mafiosi altri assassini che hanno perfezionato l'arte di assassinare, e i militari altri assassini ancora, e solo per aver detto la verità, e cioè che questo paese è abitato da una folle orda di assassini che non sanno cosa siano il dolore e la compassione, solo per averlo detto, verranno ad assassinarti come assassineranno me per averlo detto o scritto, verranno per me nella casa di città o in quella di campagna, non so quando, di giorno o di notte, a un certo momento, in una data qualsiasi, presto o tardi, come accade a tutti in questo orribile posto. E nel frattempo scrivo il mio terrore. Posso farlo, nessuno me lo impedisce, me lo pubblicano addirittura e mi dicono è proprio il tuo ritratto, sempre lo stesso paranoico, mi diranno, indifferenti, sorridenti come il cielo con i loro occhi di cielo, il loro sguardo di cielo, il cielo è azzurro, di un azzurro profondo e indifferente come solo la bellezza può esserlo, altero nella sua azzurra grazia, un azzurro da cartolina, e il clima così perfetto, si sta bene in camicia e senza camicia, si sta bene con la giacca e senza giacca, posso andare in giro col cane e passeggiare per viottoli di campagna e vedere mucche Holstein come se fossimo in Svizzera e giardini ben curati e alberi frondosi, tutto sembra così placido e tranquillo (le nuvole bianche, il cielo azzurrissimo, l'aria così limpida) da far pensare che qui vada tutto bene, qui non mi succederà mai nulla, questo paese è bellissimo, queste montagne andine sono bellissime e la gente è amabile, ti saluta sempre, buongiorno, buongiorno signore, mentre continuano a mungere, e passano in bicicletta schivando le pozzanghere perché di notte piove e di giorno c'è il sole, tutto perfetto, perfetto il clima, il verde intenso quanto l'azzurro, acqua pulita che di notte cade come un'immensa doccia su tutta la pianura, a Llanogrande, in questo paradiso dove niente può succedermi, in questa casa che fu del mio bisnonno ed è stata di mia nonna ed era di mia madre e adesso è mia non può succedermi niente, l'erba cresce, il sole sorge e tramonta, tutto è così perfetto, le pareti imbiancate a calce, le verdure dell'orto, ma verranno, loro verranno, i fari accesi, i vetri polarizzati, veniamo per lei, ma non si preoccupi, la portiamo qui vicino a fare due chiacchiere con il capo e la riporteremo indietro, salga tranquillo, e mi portano in una boscaglia, in un campo di stoppie, e appena oltrepassate le griglie metalliche che impediscono al bestiame di uscire dalla proprietà mi diranno ora sì che sei morto figlio di puttana, pezzo di merda, coglione, ora sì che sei morto, e prima di uccidermi mi prenderanno a calci in culo e negli stinchi, mi toglieranno gli occhiali con un pugno e tutto mi si annebbierà davanti agli occhi, mi faranno saltare i denti dandomi una gran botta col revolver, spegneranno una sigaretta nella cavità del mio orecchio come fosse un portacenere, guardate che portacenere, guardate come butta fumo questo portacenere, ora sì che sei morto, figlio di puttana, dì addio a questa vita, dì addio, rospo immondo, ora sì che starai zitto per sempre vediamo se scriverai ancora sul capo, e io non saprò mai chi è il capo, se il capo del fronte guerrigliero numero tale, se il capo dei gruppi paramilitari di una certa parte, se il capo politico di El Retiro o di Rionegro o della Ceja o di Sonsón o di El Carmen, se il colonnello nonsochi, se il comandante X, non saprò chi sono, e quando si stancheranno di picchiarmi e martoriarmi, quando vedranno che ho i pantaloni bagnati e mi sono cagato addosso dalla paura, solo allora una scarica di pallottole mi pioverà sul petto, in testa, sulle gambe, riducetelo a un colabrodo così tutti sapranno chi comanda qui, e impareranno. E chi è che comanda qui, chi?
Al mio
funerale parleranno il sindaco e un viceministro e diranno che non
sono morto invano, un martire della libertà e della stampa, un
esponente di spicco del pensiero libero, un infaticabile difensore
dei diritti dell'uomo, uno scrittore irreprensibile, così diranno
anche se non è vero perché ai funerali tutto è permesso, e che
troveranno immancabilmente i colpevoli, che puniranno i codardi
assassini, ma il giorno dopo avranno già dimenticato queste compunte
promesse, la carezza sulla testa dei bambini, le parole di
incoraggiamento alle mie sorelle, parole ormai imparate a memoria a
forza di ripeterle, il giorno dopo già si occuperanno d'altro,
qualche sostanzioso affare di terreni, un nuovo appalto, un peculato,
dimenticheranno tutto anche se era in prima pagina, «El Colombiano»
dirà: «Cessi la barbarie!», «El Espectador» dirà «Terrorismo a
Rionegro, assassinato lo scrittore...», «El Tiempo» dirà che si
sospetta di un certo fronte guerrigliero, «Cromos» pubblicherà una
mia vecchia foto scattata a un cocktail, sorridente, con un bicchiere
di vino in mano, e «Semana» tirerà fuori qualche ipotesi in
esclusiva sulla mia morte, da fonti degne di fede che per sicurezza
preferiscono mantenere l'anonimato, ma pronte a dichiarare con
conoscenza di causa che a quanto sembra c'è di mezzo una faccenda di
riciclaggio in cui sarei stato coinvolto insieme a un cugino del mio
ex suocero, e così tutto si spiega.
Oltre a putrefarsi, il mio
cuore verrà infangato, su di me aleggerà il sospetto, di certo non
mi avranno ucciso senza motivo, la gente dirà: «Ah, una ragione
c'era, nessuno viene ucciso per nulla, c'era una ragione, era
implicato in qualcosa, non hai letto "Semana"?». I miei
figli e le mie sorelle si indigneranno inutilmente, piangeranno di
rabbia inutilmente, manderanno inutilmente una lettera di rettifica
perché questa versione indurrà a dubitare perfino parenti e amici,
non tutti, ma alcuni dubiteranno, era così solitario, se ne stava
nella casa di campagna ad ascoltare Bach e non parlava con nessuno,
andava in giro per i viottoli e tutti lo vedevano muovere le labbra e
parlare da solo, perché preferiva parlare da solo che con noi, era
un egoista e aveva in bel conto in banca a Miami, e altri diranno no,
non parlava da solo, recitava semplicemente poesie di De Greiff che
sapeva a memoria e diceva che lo tranquillizzavano come succede ai
credenti con le preghiere al Signore e il rosario, non aveva un conto
a Miami e non sapeva come si riciclano i dollari. Sì, anche quando
mi porteranno via sulla jeep della mia morte, per strada, cercherò
di recitare tra me e me León De Greiff, desidero star solo compagnia
non ne voglio gustare vo' il silenzio il minimo bisbiglio mi affligge
e mi importuna, e se la sotterranea voce di una canzone all'orecchio
mi giunge meglio che sia in sordina il fragore del canto col mio
tacere oltraggio se poi troppa è la musica che risuoni nell'Ade o in
qualsiasi regione al nero Ade vicina taci rumore cessa grido di
malauspicio desidero star solo non voglio compagnia vo' gustare il
silenzio sola ghiottoneria.
E loro rideranno, diranno, guarda un
po', non diceva di essere ateo, guarda come prega il figlio di
puttana, ora sì che lo stronzo si caga addosso dalla paura e con una
pinza mi strapperanno un pezzo di carne dal fianco per farmi
strillare come un maiale, ma non avrò fiato per gridare, il terrore
mi avrà fatto ammutolire per sempre, già morto
prima che mi uccidano, e le mie mani
non smetteranno di tremare e un sudore freddo di bagnarmi la camicia
e dal fianco il sangue della ferita gocciolerà sui pantaloni. Anche
al cane spareranno un colpo prima di portarmi via, uscirà con la
coda tra le gambe, si avvicinerà per annusarmi e come per
congedarsi, scodinzolerà, riuscirà a tirar su coda, mi leccherà le
scarpe e in quel momento un colpo gli attraverserà la testa e io
saprò che tra poco un altro colpo attraverserà la mia. Tutto è
malato di odio in questo luogo, anche io sono malato di terrore e non
mi fido di nessuno, giro per casa con la mia ombra mentre Emma mi
serve la colazione, Emma, Emma che quando mi porteranno via griderà
«Non portatelo via, non portatelo via, non ha fatto niente di male!»
e loro diranno stai zitta vecchia troia, stai zitta se non vuoi che
portiamo via anche te.
Tutto questo accadrà, o forse no, forse lo
scrivo perché non mi succeda, per scongiurare la paura e le immagini
che notte dopo notte mi perseguitano, immagini che sono
immaginazione, immagini che sono calcolo e paura, ma soprattutto
ricordo, ricordo dei tanti che sono stati inghiottiti dalla morte,
ricordo di pallottole che hanno martirizzato il sangue di quelli che
amavo di più, ricordo di torture, sequestri, furti, omicidi, rapine,
stupri, ricordo di tutti noi che continuiamo a soffrire senza capire
perché tutto questo accada.
Forse verranno semplicemente a
rubare, una notte, e mi legheranno a una sedia e mi metteranno un
fazzoletto in bocca dopo avermi chiesto il codice della carta di
credito, e se ce lo dai sbagliato te ne pentirai, gran figlio di
puttana, uno di noi resta a fare la guardia e torniamo subito, se il
codice è giusto non ti succede niente, stronzo, meglio per te se non
cerchi di imbrogliarci. E allora sarà più facile sopportarlo, starò
col cuore in gola per qualche ora, ma potrò ancora raccontarla.
In
ogni caso quando arriveranno non saprò chi sono, se gli assassini
venuti per uccidermi o i ladri per derubarmi, o i guerriglieri per
sequestrarmi o i paramilitari per assassinarmi o quelli della
chiacchierata con il capo, e così a volte penso perché non andare
piuttosto alla Cuarta Brigada a comprarmi una pistola e chiedere il
porto d'armi, venderò cara la pelle, non mi lascerò uccidere come
un cane, prima lotterò, forse sarò capace di ferire almeno uno di
loro, sparerò da sotto il letto, da dietro l'angolo del corridoio,
come una spia o un detective da film, ma poi so che non sono capace,
non ho mai sparato e neppure voglio imparare, e allora che mi
uccidano, ma prima che mi uccidano lo scriverò. Perché? Per nulla,
per lasciarlo scritto, perché altrove si sappia che questo
meraviglioso luogo della Terra è abitato da persone immonde che
ormai hanno perso ogni compassione, che vogliono solo uccidere,
uccidere, che vivono come in una corrida e si credono toreri mentre
noialtri siamo tori e viviamo in un immenso continuo sacrificio e
sembra che tutto questo non finirà mai, un sacrificio dietro
l'altro, una famiglia distrutta dopo l'altra, un morto dopo l'altro,
una macelleria, un inferno e tutto sotto l'azzurro intenso del cielo,
così profondo, così dolce, tutto in questo clima ideale del tropico
in alta montagna, tra donne devote e tranquille, uomini simpatici e
lavoratori, tra messe e apparizioni della Vergine, tra piogge
benefiche e sole forte e terra nera, tra il mais, i pomodori, il
caffè, le patate, i cavoli, le fragole, la coca, i fichi, gli
asparagi, in questa terra che restituisce quel che si semina, fiori o
spine, odio o amore, erbacce o mele, e anche quello che non si
semina: vento e tempesta.
traduzione di Francesca Lazzarato - il manifesto, 20 luglio 2011
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