5.8.15

Heidegger ai tedeschi: “Non piegatevi alla democrazia” (Donatella Di Cesare)

Il Corriere della Sera ha pubblicato alcuni giorni fa un articolo di Donatella Di Cesare che anticipava alcuni contenuti dell'intervento che ha svolto al festival Futura di Civitanova Marche, ove ha dibattuto con Gianni Vattimo e Diego Fusaro sull'ambigua eredità di Heidegger. Ne riprendo qui uno stralcio. (S.L.L.)

Che Heidegger scelse Hitler e non cambiò mai idea lo sapevo. Quel che mi distingue [...] è che questo ritornello non mi basta. E ritengo doveroso comprendere quel che è avvenuto in Germania, prima e dopo il 1945. Quando parlo di «antisemitismo metafisico», non intendo un antisemitismo limitato agli anni Trenta, né voglio ridurne la portata. Chi ha letto il mio libro Heidegger e gli ebrei (Bollati Boringhieri) sa che l'aggettivo «metafisico» indica la profondità di un antisemitismo a cui è attribuito un rango filosofico. Il che segna, per me, ancora una distanza: quella da coloro che vorrebbero far finta che l'antisemitismo di Heidegger si riduca a qualche passo trascurabile [... ]
Perciò non bisogna andare oltre i Quaderni neri, ma leggerli con la serietà che richiede una questione così grave, che ha scioccato il mondo della filosofia. Decisivo è il nuovo volume dei Quaderni neri, di cui il supplemento «la Lettura» del «Corriere della Sera» (8 febbraio 2015), in anteprima mondiale, ha rivelato la tesi sulla Shoah definita un «autoannientamento» degli ebrei. Questa tesi è stata ripresa dalla stampa internazionale. Nessuno, però, […] ha contribuito in seguito a far emergere ulteriori contenuti. Eppure i nuovi Quaderni neri sono una preziosa testimonianza, non solo perché mostrano la visione che Heidegger ha della Shoah, ma anche perché chiariscono la sua posizione all'indomani della sconfitta.
Heidegger si interroga sulla scrupolosa radicalità con cui i tedeschi compiono anche gli errori più eclatanti. Ma questo non implica una critica o un ripensamento. Heidegger fa corpo con il popolo tedesco. Non c'è traccia di distanza, neppure di fronte alle prove dei crimini. A partire dal 1945 quel che lo preoccupa è solo che il popolo dei pensatori e dei poeti, «il cuore dei popoli», resista a un altro «assalto», ben più temibile di quello dell'Armata rossa: l'attacco alla propria «essenza». «La vera sconfitta - scrive - sta non già nel fatto che il Reich sia stato distrutto, le città mandate in frantumi, gli esseri umani uccisi per mezzo di invisibili macchinari di morte, bensì nel fatto che i tedeschi si lascino indurre dagli altri a distruggere la propria essenza, e che compiano ciò di proprio pugno con il motivo, apparentemente plausibile, di eliminare quel regime del terrore che sarebbe il nazismo?». Grida al Verrat , al «tradimento», di quelli che, come Karl Jaspers, osano parlare di «colpa collettiva». Denuncia lo «scandalo mondiale», la Weltschande: non lo scandalo dello sterminio, bensì quello di cui è vittima la Germania, alla quale è stato impedito di compiere la sua missione nella storia. «Lo scandalo mondiale che minaccia il popolo tedesco, lo scandalo dinanzi al proprio destino, non dinanzi al mondo inteso come organizzazione giornalistica della pubblicità della plebe, non è la colpa che gli si imputa, bensì l'incapacità di immergersi in quel destino, disprezzando il mondo della modernità».
Heidegger incita i tedeschi a non tradire se stessi, a non arrendersi all'occupazione, a non sottomettersi alla «democrazia mondiale». La narrazione di quegli anni, tra il 1945 e il 1948, che consegna ai Quaderni neri, è quella che si contrappone alla informazione degli Alleati, è il racconto della Germania, violata, esausta e dissanguata, ma non definitivamente sconfitta, pronta a ritrarsi nel proprio autunno, in attesa che torni la sua ora nella storia. Perché quell'ora verrà. E la Germania non potrà più mancarla.


Corriere della Sera, 31 luglio 2015

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