Il Corriere della Sera ha pubblicato
alcuni giorni fa un articolo di Donatella Di Cesare che anticipava
alcuni contenuti dell'intervento che ha svolto al festival Futura di
Civitanova Marche, ove ha dibattuto con Gianni Vattimo e Diego Fusaro
sull'ambigua eredità di Heidegger. Ne riprendo qui uno stralcio.
(S.L.L.)
Che Heidegger scelse Hitler e non
cambiò mai idea lo sapevo. Quel che mi distingue [...] è che questo
ritornello non mi basta. E ritengo doveroso comprendere quel che è
avvenuto in Germania, prima e dopo il 1945. Quando parlo di
«antisemitismo metafisico», non intendo un antisemitismo limitato
agli anni Trenta, né voglio ridurne la portata. Chi ha letto il mio
libro Heidegger e gli ebrei (Bollati Boringhieri) sa che
l'aggettivo «metafisico» indica la profondità di un antisemitismo
a cui è attribuito un rango filosofico. Il che segna, per me, ancora
una distanza: quella da coloro che vorrebbero far finta che
l'antisemitismo di Heidegger si riduca a qualche passo trascurabile
[... ]
Perciò non bisogna andare oltre i
Quaderni neri, ma leggerli con la serietà che richiede una
questione così grave, che ha scioccato il mondo della filosofia.
Decisivo è il nuovo volume dei Quaderni neri, di cui il
supplemento «la Lettura» del «Corriere della Sera» (8 febbraio
2015), in anteprima mondiale, ha rivelato la tesi sulla Shoah
definita un «autoannientamento» degli ebrei. Questa tesi è stata
ripresa dalla stampa internazionale. Nessuno, però, […] ha
contribuito in seguito a far emergere ulteriori contenuti. Eppure i
nuovi Quaderni neri sono una preziosa testimonianza, non solo
perché mostrano la visione che Heidegger ha della Shoah, ma anche
perché chiariscono la sua posizione all'indomani della sconfitta.
Heidegger si interroga sulla scrupolosa
radicalità con cui i tedeschi compiono anche gli errori più
eclatanti. Ma questo non implica una critica o un ripensamento.
Heidegger fa corpo con il popolo tedesco. Non c'è traccia di
distanza, neppure di fronte alle prove dei crimini. A partire dal
1945 quel che lo preoccupa è solo che il popolo dei pensatori e dei
poeti, «il cuore dei popoli», resista a un altro «assalto», ben
più temibile di quello dell'Armata rossa: l'attacco alla propria
«essenza». «La vera sconfitta - scrive - sta non già nel fatto
che il Reich sia stato distrutto, le città mandate in
frantumi, gli esseri umani uccisi per mezzo di invisibili macchinari
di morte, bensì nel fatto che i tedeschi si lascino indurre dagli
altri a distruggere la propria essenza, e che compiano ciò di
proprio pugno con il motivo, apparentemente plausibile, di eliminare
quel regime del terrore che sarebbe il nazismo?». Grida al Verrat ,
al «tradimento», di quelli che, come Karl Jaspers, osano parlare di
«colpa collettiva». Denuncia lo «scandalo mondiale», la
Weltschande: non lo scandalo dello sterminio, bensì quello di cui è
vittima la Germania, alla quale è stato impedito di compiere la sua
missione nella storia. «Lo scandalo mondiale che minaccia il popolo
tedesco, lo scandalo dinanzi al proprio destino, non dinanzi al mondo
inteso come organizzazione giornalistica della pubblicità della
plebe, non è la colpa che gli si imputa, bensì l'incapacità
di immergersi in quel destino, disprezzando il mondo della
modernità».
Heidegger incita i tedeschi a non
tradire se stessi, a non arrendersi all'occupazione, a non
sottomettersi alla «democrazia mondiale». La narrazione di quegli
anni, tra il 1945 e il 1948, che consegna ai Quaderni neri, è
quella che si contrappone alla informazione degli Alleati, è il
racconto della Germania, violata, esausta e dissanguata, ma non
definitivamente sconfitta, pronta a ritrarsi nel proprio autunno, in
attesa che torni la sua ora nella storia. Perché quell'ora verrà. E
la Germania non potrà più mancarla.
Corriere della Sera, 31 luglio 2015
Nessun commento:
Posta un commento