Tra
le testimonianze su Maurizio Mori pubblicate sull'ultimo numero di
“micropolis” per ricordarne la figura di scienziato e di
comunista “impenitente”, riprendo questa del professor Cislaghi,
studioso di politiche sanitarie che dopo una lunga carriera
accademica è oggi responsabile scientifico della Agenas, l'Agenzia
Nazionale per la Salute. Ha scritto questo contributo, oltre che per
“micropolis”, per “Epidemiologia e Prevenzione”, la rivista
di cui – con Giulio A. Maccacaro che fu il primo a dirigerla –
Mori era stato uno dei fondatori. (S.L.L.)
Mi aveva sempre molto
sorpreso il desiderio di Maurizio di ritirare il proprio stipendio in
Università “in contanti” e non facendoselo accreditare in banca.
Oggi sarebbe impossibile per legge ma per Maurizio, glielo chiesi,
era il segno che il suo era un “salario” per il lavoro che
svolgeva e non un privilegio di status. Oggi forse tutti i professori
universitari, o almeno la maggioranza, si vivono come quotidiani
lavoratori e non come categoria superiore; ma quarant’anni fa,
quando conobbi Maurizio, erano tempi differenti e lui, di certo, non
si era omologato alla maggioranza dei professori, peraltro come non
l’avevano fatto diversi suoi colleghi perugini.
Conobbi Maurizio
all’Istituto di Biometria di Milano dove lui veniva per incontrare
Giulio Alfredo Maccacaro che prima di essere stato professore di
Statistica Medica lo era stato di Igiene a Pavia con Checcacci. Per
me, giovane borsista arrivato quasi per caso in un istituto di
medicina con una laurea in Scienze Politiche avendo risposto ad un
annuncio del Corriere della Sera, le scuole di Igiene che mi
interessavano, perché vicine ai miei argomenti, erano quella
milanese di Giovanardi e quella perugina di Seppilli. Si parlava di
riforma della sanità e di lotte per la salute, si discuteva di
soggettività operaia e di demedicalizzazione.
Maurizio mi invitò
diverse volte alla loro gloriosa Scuola di Educazione Sanitaria per
fare delle lezioni in tema di metodi statistici per l’analisi dei
processi sanitari. Prendevo un treno all’una di notte dalla
stazione di Milano Lambrate con il sacco a pelo per dormire sui posti
a sedere sempre vuoti ed arrivavo a Perugia poco prima delle sette
del mattino e trovavo in stazione Maurizio che mi accompagnava a casa
sua per fare, con la sua compagna, una lauta colazione. I rapporti
con Maurizio non potevano mai essere formali perché lui cercava
sempre la sostanza delle cose e delle persone.
Maurizio non ci lascia
una eredità fatta di trattati, di scoperte scientifiche, di cariche
ricoperte ed onori ricevuti. Maurizio lascia una forte eredità
silenziosa in molti di noi che abbiamo vissuto gli anni sessanta non
tanto, o non solo, come una rivolta giovanile bensì soprattutto come
un desiderio di costruzione di una società più vera e più giusta,
dove la salute nasce come modalità di rapportarsi tra le persone e
non solo come frutto del potere medico.
Forse abbiamo vissuto
assieme anche sogni utopici, forse non siamo stati capaci di influire
a sufficienza sulle istituzioni, forse in qualche modo “abbiamo
perso”, ma se abbiamo perso è soprattutto perché siamo stati
coerenti con i nostri valori e non siamo corsi, come altri, dai
vincitori. La stessa esperienza l’abbiamo ripetuta in Spagna dove
Maurizio collaborava con le scuole di Sanità pubblica nei giorni
seguenti alla caduta del franchismo. Ringrazio ancora Maurizio per
avermi chiesto di andare a Valencia per fare dei corsi sui temi del
Sistema informativo sanitario.
Vorrei adesso che l’energia, la passione, l’onestà di Maurizio non fosse dimenticata ma servisse per dare idee, entusiasmo e capacità a dei giovani sperando che siano più capaci di noi nel trasformare in realtà l’idea che la difesa della salute è innanzitutto lotta ai processi di sfruttamento tra le persone: tra l’uomo e la donna, tra il padrone e l’operaio, tra il ricco ed il povero, tra chi non ha problemi e chi ne ha, sia sul piano fisico che psichico che mentale o sociale. E le idee di Maurizio non rimarranno sotto terra ma certamente faranno germogliare nuovi fiori.
Vorrei adesso che l’energia, la passione, l’onestà di Maurizio non fosse dimenticata ma servisse per dare idee, entusiasmo e capacità a dei giovani sperando che siano più capaci di noi nel trasformare in realtà l’idea che la difesa della salute è innanzitutto lotta ai processi di sfruttamento tra le persone: tra l’uomo e la donna, tra il padrone e l’operaio, tra il ricco ed il povero, tra chi non ha problemi e chi ne ha, sia sul piano fisico che psichico che mentale o sociale. E le idee di Maurizio non rimarranno sotto terra ma certamente faranno germogliare nuovi fiori.
"micropolis", luglio 2015
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