Paolo Bongiorno |
Nel settembre del 1960, Paolo
Bongiorno, segretario della Camera del lavoro di Lucca Sicula, in provincia di
Agrigento, venne ucciso a colpi di lupara nella sera, mentre tornava a casa da
una riunione politica ove era stata decisa la sua candidatura alle elezioni
comunali. Nativo di Cattolica Eraclea, un paese vicino, s’era trasferito a
Lucca Sicula, un comune di circa tremila abitanti, nel 1949. Bracciante
agricolo, padre di 5 figli, si era distinto nelle lotte per la terra fino a
diventare un dirigente riconosciuto del movimento contadino. Sulla sua tragica
fine un giovane studioso della zona, Calogero Giuffrida, ha scritto un denso
volumetto (Delitto alle elezioni,
Istituto Gramsci siciliano, 2007), scaricabile dalla rete, la cui lettura
vivamente si consiglia non solo perché porta alla luce la figura esemplare di
un militante comunista, ma perché racconta e documenta la durezza della lotta
politica nell’agrigentino degli anni Cinquanta.
Qui riprendo una parte del
discorso tenuto in Senato da Giuseppe Berti, che fu uno dei più autorevoli
dirigenti del Pci (addirittura segretario per un breve periodo degli anni
trenta), stalinista, e nel dopoguerra venne a lungo impegnato dal partito in
Sicilia (fu sindaco di Sciacca e senatore di quel collegio). (S.L.L.)
Signor Presidente, onorevoli
colleghi,
pochi mesi fa noi dovemmo
occuparci dei delitti di mafia che continuano a rimanere impuniti in Sicilia.
Io vi dicevo allora che quaranta dirigenti di sezioni comuniste e socialiste
erano stati uccisi da questa organizzazione delinquenziale. Alla vigilia della
consultazione elettorale, sempre nella provincia di Agrigento, della quale
avevo particolarmente parlato, a Lucca Sicula, il segretario della Camera del
Lavoro di quel centro agricolo, Paolo Bongiorno, mentre stava per ritirarsi a
casa, veniva raggiunto da due fucilate a lupara ed assassinato. Dopo il voto
unanime del Senato della Repubblica io mi attendevo perlomeno che fossero prese
nella zona più tragica della lotta mafiosa delle misure atte a salvaguardare i
dirigenti sindacali e politici.
Così non è stato. Paolo Bongiorno
è stato assassinato, e la vittima è stata ben scelta: egli era in quella
località il più combattivo, il più capace. Non era del paese ed era più facile
ucciderlo: proveniva da un paese vicino (…).
Noi siamo abituati, ogni volta
che succede un delitto di questo genere, a sentire avanzare il dubbio circa la
causale politica. Quando fu ucciso Carnevale a Sciara è stata detta all’inizio
la stessa cosa, e poi è venuta fuori la cruda e terribile realtà: Carnevale fu
ucciso perché era socialista. Ricordate le belle pagine del libro di Carlo
Levi, Le parole sono pietre?
Mi pare necessario per
comprendere il significato di questi delitti e l’atteggiamento del Governo e
delle Forze dell’ordine, ricordare qual era il clima politico a Lucca Sicula
prima delle elezioni politiche. La Democrazia cristiana e il Movimento sociale
Italiano avevano deciso di fare una lista unica per strappare il comune ai
comunisti, che lo detenevano da otto anni, ed hanno fatto questa lista unica.
Non solo, ma hanno esercitato delle pressioni perfino su un gruppo di Cristiano
sociali: in un primo momento costoro aderirono, ma poi fecero in tempo a
ritirarsi dalla lista ed a rimanere in disparte. Si doveva assolutamente
riuscire a strappare ai comunisti questo comune, non esiste sezione socialista
a Lucca Sicula; si doveva riuscire con ogni mezzo. Ed allora è arrivato il
delitto. Si è preso l’esponente più in vista, più intelligente, più capace,
colui che si sacrificava di più, che aveva dato tutta la propria vita alla
causa dei lavoratori ed una sera, mentre si ritirava a casa, questo bracciante,
padre di cinque figli, è stato ucciso.
Io non posso tacere che Lucca
Sicula è il paese del deputato all’Assemblea Regionale Siciliana Mangano, uno
dei più violenti esponenti del Movimento sociale italiano. L’alleanza politica
era alleanza non soltanto con un piccolo gruppo locale del Msi, ma con Mangano,
uno dei dirigenti più rappresentativi. La Dc sapeva quello che faceva quando
concludeva l’alleanza e ne riceveva l’approvazione anche dalla Federazione
provinciale. Il delitto significava, doveva significare qualcosa.
Dobbiamo, possiamo dimenticare
che la strage di Portella della Ginestra del Primo maggio anch’essa è venuta
alla vigilia di una consultazione elettorale per terrorizzare il popolo di
Sicilia?
Avvenuto il delitto, si sono
mobilitate le forze politiche dei partiti governativi: a che scopo? Forse per
cercare di trovare il colpevole? No, per cercare di dimostrare che il delitto
non era delitto politico. Si è cominciato ad interrogare la famiglia, i
familiari, gli amici più intimi, il nipote con cui quella sera Paolo Bongiorno
si ritirava a casa e che era distante da lui pochi passi su quella strada
accidentata in cui fu ucciso. Si doveva trovare assolutamente un motivo di
carattere familiare o di carattere interno, di partito. Tutte le domande
vertevano su questo, l’interrogatorio verteva su questo: con chi aveva avuto
dissensi nel partito o nella famiglia. E dopo tre mesi di interrogatori non è
venuto fuori niente. (…)
Ma quello che abbiamo detto alle
autorità di Pubblica Sicurezza, quello che ha detto l’onorevole Li Causi che ha
parlato due giorni dopo il delitto a Lucca Sicula, è stato questo: vogliamo che
voi troviate il colpevole, che lo arrestiate chiunque esso sia; foss’anche
nostro padre o nostro fratello, arrestatelo, e quando l’avrete arrestato sarà
facile da lui rimontare ai mandanti. Questi mandanti non possono essere che la
mafia locale e provinciale, quella mafia che è entrata largamente nelle vostre
liste di candidati, signori della Democrazia cristiana, e che è stata eletta
nei posti dirigenti nella provincia di Agrigento.
(…) Si è detto: forse non è stato
un delitto politico, perché il Bongiorno sapeva dei responsabili di certi abigeati
che si erano compiuti da parte della mafia nella zona ed avrebbe detto una
volta che egli sapeva queste cose e che le avrebbe eventualmente riferite alle
autorità di pubblica sicurezza. Ma allora la nostra tesi è giusta: è la mafia
che lo ha colpito, e non nel momento (otto o dieci mesi fa) quando egli avrebbe
detto queste parole, ma alla vigilia della lotta elettorale, lui che era il
dirigente delle forze comuniste di quel paese. Ed allora se è un delitto di mafia
è un delitto politico: la mafia è un’organizzazione delinquenziale che trova la
sua forza negli appoggi politici e in tanto riesce ad avere una autorità, in
quanto riesce a sfuggire alla giustizia e in quanto l’intromissione delle forze
politiche che la proteggono è tale che essa può riuscire a tanto.
Senato della Repubblica. Resoconto stenografico di
mercoledì 20 novembre 1960. Svolgimento di interpellanza
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