Anni 40 del Novecento. Bianciardi (al centro) con due amici |
La politica, a Roma, il popolo la
fa dopo cena, per la strada. Il giorno lavora e, dopo mangiato, scende e fa
quattro chiacchiere. Entra nel crocchio che si è formato non si sa come, dice
la sua, ascolta e se ne va. Convinto che chi parla con lui è pagato: ma non gli
interessa, perché lui vuol solo digerire.
In piazza Esedra mi spostavo
validamente da un settore all'altro, e litigavo, alzavo la voce. Tiravo fuori
ricordi di esami e di giornali: ma mi son convinto di non avere stoffa di
oratore da contraddittorio. Paolicchi, che pure è comunista ortodosso e forse
un po' fanatico, riusciva meglio di me.
Ricordo il volto scarno e
allucinato di un monarchico che parlava fitto fitto. Con l'indice ed il pollice
della sinistra formava un cerchio stretto e lo portava all'angolo della bocca,
come per fare una pernacchia. Ma per lui voleva dire altoparlante, demagogia,
Togliatti.
da Luciano Bianciardi, L'Antimeridiano, Edizioni Isbn, Milano 2005
Nessun commento:
Posta un commento