Recensione a Luciano Gallino Il
colpo di stato di banche e governi. L’attacco alla democrazia in Europa Einaudi, Torino 2013
Un titolo è solo un titolo, ma a volte
dice molto. Non si esagera, chiede l’autore stesso, quando si definisce “colpo
di stato” il potere che la finanza ha assunto, sia pure in misura crescente,
nei confronti dei governi dell’Unione Europea? Inoltre: le responsabilità
ricadono solo sulla prima o anche i secondi hanno cooperato in tal senso? E se la
risposta a quest’ultima domanda fosse affermativa, si è trattato di mero
errore, di un cedimento da parte dei governi medesimi, oppure “proprio di un
colpo di stato concretatosi nell’espropriazione subitanea e categorica delle
prerogative di cittadini e Parlamenti, effettuato solidarmente dalle banche e
dai governi con la regia del Consiglio europeo e l’appoggio della Troika di
Bruxelles?”.
La crisi economica da anni in
atto non è casuale, né “naturale”, afferma Gallino: ha radici istituzionali e
conseguenze sociali che non possono non incidere sulla democraticità degli
scenari politici. Alla base di tale crisi vi è la stagnazione dell’accumulazione
di capitali, già evidente negli Stati Uniti e in Europa negli anni settanta del
secolo scorso. Stagnazione dell’economia reale e accumulazione finanziaria vanno
lette perciò insieme (ed è per questo improprio interpretare la crisi come un
evento relativamente recente, sorto dapprima negli Stati Uniti e poi
allargatosi all’Unione Europea): “Paradossalmente – scrive l’autore –, un
livello crescente per decenni di finanziarizzazione dell’economia a scapito dell’economia
produttiva ha finito per convertirsi, a fronte del rallentamento della domanda
di beni e servizi, e dei flussi di cassa che da essi si attendono, in
un’ulteriore spinta alla finanziarizzazione”.
Ciò ha via via intaccato gli
istituti della democrazia sociale, favorito il potere di penetrazione delle
attività finanziarie, la produzione di denaro fittizio e, quindi, un’ampia socializzazione
dei rischi. I “derivati” altro non sono che la forma più esplicita di questa
socializzazione, non relati ad alcuna produzione di beni o servizi e in quanto
tali equivalenti di fatto a tagliandi di una lotteria; capaci, ad esempio negli
Stati Uniti, di far svanire in un attimo le speranze riposte in un
ragionevolmente tranquillo ritiro dal lavoro. A essi è da aggiungersi la creazione
illimitata di denaro prodotto da istituti privati (banche, in primis) mediante
la concessione di credito, la predisposizione di titoli, l’operare della finanza
ombra. E se è vero che il potere di creare denaro, privilegio fondamentale di uno
stato sovrano, ha da sempre caratterizzato l’operare delle banche (moneta
creditizia), l’averlo
interamente demandato a esse e a istituzioni
economiche sovranazionali prive di responsabilità dirette ha determinato la
perdita di controllo sulla creazione di liquidità e il conseguente venir meno
dell’efficacia dell’intervento anticiclico in ambito economico (nazionale).
A tale venir meno hanno fatto seguito
il costituirsi di un “complesso politico-finanziario” di nuovo conio e la
palese dimostrazione di quello che Gallino definisce “il più grande fenomeno di
irresponsabilità sociale”, all’interno del quale vi sono ovviamente vittime e attori.
Le prime sono i discendenti diretti della classe lavoratrice e dei ceti medi,
in genere, i quali, a partire dagli anni settanta del secolo scorso, sono stati
penalizzati dalla stagnazione dei salari. Dei secondi colpisce anzitutto l’esiguità
numerica, quantunque possa essere utile, in termini analitici, un’ulteriore distinzione
tra chi (macroattori finanziari) ha direttamente manovrato le leve e coloro che
ne hanno semplicemente tratto beneficio (senz’essere per questo esenti da
responsabilità morali). Tali attori non hanno pagato costo alcuno per il loro
operato e, grazie alla complicità delle principali istituzioni
economiche sovranazionali (la
volontà delle quali ricade in via diretta sulle istituzioni nazionali, il cui
agire conta ormai ben poco rispetto al governo della liquidità), hanno
scaricato i costi della loro condotta sulle vittime stesse. Si tratta peraltro
di costi che solamente in parte sono rappresentati dagli effetti immediati dei salvataggi;
in misura ben maggiore, e tale da compromettere non solo il presente ma anche
la sicurezza delle generazioni future, si tratta delle politiche strutturali di
austerità, spintesi, ad esempio, sino a cancellare buona parte del cosiddetto modello
sociale europeo. In tal senso, il progetto politico soggiacente al colpo di
stato menzionato non consiste solo nel perseguimento di un generico dominio di
classe, ma anche e soprattutto nella consequenziale privatizzazione dei sistemi
europei di protezione sociale, al fine di dirottare verso il settore privato il
bilancio di cui dispongono quei medesimi sistemi pubblici e che consta del 25
per cento del Pil dell’Unione Europea.
Cifre alla mano, dietro allo smantellamento
del welfare non vi è quindi alcuna ragionata necessità di pareggio dei bilanci pubblici
(disastrati, sì, ma per altri tipi d’intervento); vi è invece un progetto politico
ed economico inteso a ricondurre nello spazio del mercato quanto non vi
apparteneva (o vi si era sinora sottratto), mercificando i diversi elementi che
contribuiscono alla protezione sociale e convertendo “una crisi nata
principalmente dalla redistribuzione del reddito dal basso verso l’alto, in una
distribuzione dei costi della crisi dall’alto verso il basso”.
Ciò che sarebbe stato molto più difficile
da realizzarsi se un intero apparato ideologico non avesse cooperato a sostegno
del credo neoliberale, attribuendo a organizzazioni internazionali che non godono
di alcuna legittimazione democratica il privilegio di dettare, in accordo con
il Consiglio europeo, “i rimedi per uscire dalla crisi, come se questa fosse
stata causata da un eccesso di spesa sociale”.
Un tale credo, del resto, ha informato da subito il Trattato sull’Unione Europea. A ragione perciò Gallino vi insiste in quelle che sono le pagine migliori del suo lavoro. Ma tra i pregi del libro è da segnalare anche la tensione morale fortissima che lo attraversa e che traspare ove l’autore delinea gli attacchi portati alla democrazia in Europa. Di qui la rivendicazione del primato dell’occupazione sulle altrimenti vane politiche per la crescita; della piena occupazione come fine e del lavoro come diritto; di nuovi modelli produttivi attenti alla crisi ecologica; in breve, l’esigenza, tenacemente affermata, di una riforma radicale, che riconduca la finanza al servizio dell’economia reale. Senza una tale riforma, all’autore non sembra infatti possibile individuare una via d’uscita dalla crisi attuale, né escludere un collasso sistemico ancor più grave di quello in atto. Asserzioni “ragionevoli”, da cui la discussione potrebbe partire, per approfondire, proprio e soprattutto, la distinzione – da altri definita “novecentesca” e quindi esplicativamente non più efficace – tra economia reale ed economia finanziaria: ciò che nell’accurata ricerca di Gallino rappresenta uno spartiacque.
Un tale credo, del resto, ha informato da subito il Trattato sull’Unione Europea. A ragione perciò Gallino vi insiste in quelle che sono le pagine migliori del suo lavoro. Ma tra i pregi del libro è da segnalare anche la tensione morale fortissima che lo attraversa e che traspare ove l’autore delinea gli attacchi portati alla democrazia in Europa. Di qui la rivendicazione del primato dell’occupazione sulle altrimenti vane politiche per la crescita; della piena occupazione come fine e del lavoro come diritto; di nuovi modelli produttivi attenti alla crisi ecologica; in breve, l’esigenza, tenacemente affermata, di una riforma radicale, che riconduca la finanza al servizio dell’economia reale. Senza una tale riforma, all’autore non sembra infatti possibile individuare una via d’uscita dalla crisi attuale, né escludere un collasso sistemico ancor più grave di quello in atto. Asserzioni “ragionevoli”, da cui la discussione potrebbe partire, per approfondire, proprio e soprattutto, la distinzione – da altri definita “novecentesca” e quindi esplicativamente non più efficace – tra economia reale ed economia finanziaria: ciò che nell’accurata ricerca di Gallino rappresenta uno spartiacque.
"L'Indice dei libri del mese", gennaio 2014
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