L’articolo che qui propongo, del
nostro caro Aldo Natoli, proviene da un ritaglio senza data, ma certamente del
1981. Vi si racconta di uno studio condotto da Eric Fromm tra il 1929 e il 1930
per l’Istituto di Studi Sociali di Francoforte, la celebre “scuola” di
Horkheimer e Adorno.
Fromm, psicologo e psichiatra
freudiano e marxista, somministra a un campione di lavoratori, operai e
impiegati, in gran parte elettori della sinistra, un questionario. Ne viene
fuori, su temi relativi alla sessualità, alla famiglia, all’organizzazione sociale,
un insieme di convinzioni che non coincide con le opzioni politiche. Le
conclusioni dello studio risultano così un utile complemento del capolavoro di
Allen, Come si diventa nazisti, documentata
verifica di come una comunità a base operaia orientata a sinistra, nel
quinquennio dal 1930 al 1935, si converta al nazionalsocialismo. L’inchiesta
condotta a Francoforte svela come la tattica e la propaganda naziste, atte a
canalizzare le inquietudini della crisi, agiscano su un terreno fertile, in cui
nelle classi lavoratrici alle dichiarate convinzioni socialiste corrispondono
spesso conservatorismo e pulsioni autoritarie. Insomma, se il libro di Allen mostrava
il “come”, da questa inchiesta si può intuire che si diventa nazisti perché un
po’ lo si è già.
Interessante è anche la storia
della mancata pubblicazione dell’inchiesta.
Un articolo da leggere. (S.L.L.)
Erich Fromm |
Erich Fromm è morto nel marzo
dell'anno scorso. Postuma è comparsa dunque in Germania un'inchiesta da lui
condotta ben 50 anni fa su «Operai e impiegati» nel crepuscolo della repubblica
di Weimar (titolo attuale: Operai e
impiegati alla vigilia del Terzo Reich - Arbeiter und Angestettte am Vorabend des Dritten Reichs, ed. Dva).
L'inchiesta era stata organizzata sulla base di un questionario assai elaborato
(271 domande), cui aveva collaborato Hilde Weiss, e faceva parte delle
sperimentazioni allora promosse da Fromm per l'applicazione dei metodi della
psicoanalisi al campo della sociologia, nella prospettiva di una problematica
integrazione della metodologia di Freud con le teorie sociali di Marx.
L'inchiesta, la cui pubblicazione
è stata curata da Wolfgang Bonss, che vi ha premesso una assai utile
introduzione, si prefiggeva di compiere una prima esplorazione sulla «struttura
psichica di operai e impiegati», raccogliendo «informazioni sulla relazione
sistematica fra "apparato mentale" e sviluppo sociale». Essa ebbe in
realtà una sorte assai contrastata, ancor oggi non del tutto chiarita. Era
stata progettata fra i programmi di lavoro del famoso «Institut fur
Sozialforschung» di Francoforte e la pubblicazione di tutto il materiale sulla Zeitschrift era stata annunciata per il
1936. Però le cose andarono altrimenti. La vittoria di Hitler all'inizio del
1933 costrinse all' emigrazione lo staff dell'Istituto, a cominciare dal suo
direttore Max Horkheimer; la rivista fu pubblicata a Parigi presso Alcan fino
al 1938, per trasferirsi poi definitivamente negli Stati Uniti.
Queste vicissitudini furono
certamente tali da rivoluzionare i programmi ed ostacolare l'elaborazione
finale delle 1.100 schede raccolte durante l'inchiesta (circa la metà di esse andarono
perdute); pare certo, però, che la pubblicazione del materiale fu resa
impossibile soprattutto da forti differenze di valutazione che si manifestarono
all'interno del gruppo di lavoro. I contrasti continuarono anche dopo il
trasferimento in America; lo stesso Horkheimer manifestò insistentemente le sue
riserve, fino a quando, sopraggiunto dall'Europa anche Adorno, le tensioni
all'interno del gruppo avrebbero acquistato un carattere personalistico che,
nel 1939, portò alla separazione di Fromm dall'Istituto. L inchiesta finì
quindi in fondo a qualche cassetto, mentre il solo questionario veniva
pubblicato fra gli studi su Autoritat und
Familie (ed è disponibile anche in italiano nella traduzione di quell'
opera curata da Franco Ferrarrotti e pubblicata dalla Utet).
L'inchiesta si inseriva in un
filone di studi sulla realtà sociale che aveva in Germania una solida
tradizione, risalente almeno all'epoca bismarckiana. La sua novità consisteva,
come si è accennato, nell'approccio critico e interdisciplinare, tipico della
Scuola di Francoforte; nel tentativo di intrecciare psicoanalisi e sociologia,
di cui era portatore Fromm; nel suo rispecchiare (almeno fino a un certo punto)
l'angosciata ricerca, allora già iniziata, dei mutamenti sociali che sottostavano
alla crisi del regime weimariano. Fra i documenti di quella ricerca più
facilmente accessibili al lettore italiano, ricordo qui le riflessioni dello
stesso Horkheimer pubblicate qualche anno dopo in Svizzera sotto uno
pseudonimo, e intitolate Dammerung —
«Crepuscolo» — e l'inchiesta di
Siegfried Kracauer su Gli impiegati
(l'uno e l'altro volume pubblicati in Italia da Einaudi).
L'inchiesta di Fromm appare oggi
come un documento assai notevole della storia di quel tempo; e inoltre 1'unico,
a parte i contributi biografici, che illumini parzialmente l'aspetto soggettivo
degli agenti sociali decisivi nella tragedia che andava svolgendosi. Certo, il
campione su cui si lavorò era di dimensioni ridotte; ma, come Fromm non mancò
di avvertire, egli non voleva dimostrare nulla, ma solo segnalare tendenze in
atto. Si trattava di un tentativo preliminare e, per giunta, sperimentale;
poteva indicare dei sintomi, non autorizzare diagnosi. E' solo la prospettiva
temporale del mezzo secolo da allora trascorso a far trasalire il lettore di
oggi di fronte alla prevalente discrepanza, nei soggetti inquisiti, fra le idee
politiche radicali (asserite) e i comportamenti privati, impregnati del più
gretto e ottuso conservatorismo.
A mettere in evidenza questa
occulta scissione fra pubblico e privato, serviva efficacemente il
questionario, che era costruito su un certo numero di domande di chiara natura
politica e su una struttura assai articolata di domande destinate a sondare le
pieghe intime del carattere, le consuetudini e i riflessi di costume acquisiti
dalla pratica familiare e dai rapporti di lavoro, come pure dalla morale
sessuale dominante. Così, il 71 per cento degli elettori socialdemocratici e il
51 per cento di quelli comunisti dichiararono che le donne avrebbero dovuto aver
cura della casa invece di andare a lavorare in fabbrica o in ufficio; e il 91
per cento del totale deplorò che si fosse diffusa fra le donne la pratica di
truccarsi e perfino di profumarsi.
Interrogati sulle grandi
personalità della storia, i socialdemocratici mettevano sullo stesso piano
Bebel e Bismarck, Engels e Hindenburg, Marx e Napoleone. Ma Bismarck, Napoleone
e perfino Mussolini (6 per cento) erano apprezzati anche da elettori comunisti,
a distanza, naturalmente, da Marx (46 per cento), Lenin e Stalin. Viceversa gli
elettori nazionalsocialisti mettevano quasi sullo stesso piano Bismarck e
Mussolini e solo a grande distanza dietro di essi, Hitler (11 per cento). Si
era fra il 1929 e il 1930.
Solo nel 15 per cento dei casi
esaminati l'indagine dimostrò l'esistenza, negli aderenti ai partiti di
sinistra (socialdemocratico, comunista, socialisti di sinistra), di una
coerenza fra le opinioni politiche professate e i comportamenti privati: e ciò
in misura decrescente dai socialisti di sinistra, ai comunisti, ai
socialdemocratici. La contraddizione più frequente era costituita dalla
coesistenza di professioni di fede politica radicali e comportamenti privati
autoritari (verso la moglie e i figli) o di rispetto e di dipendenza passiva di
fronte all'autorità (il potere o il destino).
Si sarebbe detto che i partiti di
sinistra avevano la fiducia politica e i voti della grande maggioranza dei
lavoratori, ma non erano riusciti a trasformare la struttura della personalità
dei loro aderenti in modo tale che questi fossero pienamente «affidabili» in
situazioni critiche (come quelle che presto si sarebbero verificate). Del
resto, anche gli aderenti «affidabili» non apparivano ardenti; ne risultava che
la forza reale dei partiti di sinistra era assai più ridotta di quanto non
apparisse a prima vista. Vi era, certo, un nucleo solido di combattenti fedeli
che, nei due part'ti di sinistra, coincideva largamente con lo strato dei
funzionari; ma il legame fra questi e gli aderenti non attivi e gli elettori
era tutt'altro che solido.
Dal punto di vista culturale,
solo il 3 per cento degli intervistati aveva sentito parlare della «Neue
Sachlickheit» (Nuova Oggettività), l'11 per cento conoscevano L'Opera da tre soldi di Brecht che
allora furoreggiava sulle scene berlinesi, il 28 per cento aveva visto il film La corazzata Potemkin.
In sostanza, il radicalismo
verbale degli aderenti ai partiti di sinistra dava un'immagine illusoria del
reale potenziale antifascista del movimento operaio. La discrepanza constatata
fra le opinioni manifestate e i comportamenti privati doveva portare a
concludere che l’apparente militanza di sinistra era largamente neutralizzata
da tratti profondi della personalità rimasti immutati, così come erano stati
plasmati dal senso comune diffuso nella vita quotidiana dalla ideologia della
classe dominante.
In una conversazione con il curatore
di quest'opera (giugno 1979), Marcuse ebbe a dire che la ragione della non
pubblicazione dell'inchiesta fu allora di opportunità politica: Horkheimer esitò
a divulgare l'immagine prevalentemente piccolo-borghese e autoritaria nella
quale venivano incasellati operai e impiegati tedeschi che già erano oppressi,
ovvero aderivano al regime di Hitler. Lo si può comprendere, senza dimenticare
però che lo stesso Horkheimer, prima della vittoria di Hitler, nel suo Crepuscolo, aveva amaramente annotato
l'esistenza di «una scissione tra l'interesse per il socialismo e le qualità
umane necessarie per attuarlo». Era esattamente ciò che l'inchiesta di Fromm aveva
dimostrato, almeno come tendenza.
“La Repubblica”, 1981
Nessun commento:
Posta un commento