Nei Vangeli, l'apparizione dei
Magi è timidissima. Ignoriamo chi siano i Magi che, nel Vangelo di Matteo (l'unico che li ricorda), giungono da Oriente:
sappiamo soltanto che seguono una stella, giungono a Betlemme, entrano nella
casa di Giuseppe e Maria, vedono il bambino, si prostrano, gli rendono omaggio
e gli offrono i doni: oro, argento e mirra. Tutto il resto del racconto della
Natività, che trionfa nel Vangelo di Luca,
viene abolito da Matteo. Non ci sono i pastori e le greggi, l'angelo del Signore,
la grande gioia di tutto il popolo, la nascita del Salvatore, la moltitudine
dell'esercito celeste che loda Dio: «Gloria a Dio nelle sublimità e sulla terra
pace agli uomini della divina benevolenza»; e sopratutto il segno
singolarissimo, il paradosso dei paradossi: «Il Cristo, avvolto in fasce che
giace in una mangiatoia».
Nel Vangelo di Matteo, abbiamo soltanto questi Magi sconosciuti: saggi
pagani, che anticipano la conversione dei popoli stranieri al Signore, mentre
Israele lo rifiuta. Il racconto è sobrio e rapido: nessun episodio della Bibbia
lo anticipa; tanto che potremmo persino immaginare che sia un particolare
indifferente, lasciato cadere a caso da Matteo. Ma, pochi anni dopo l'età dei
Vangeli, la vicenda dei Magi diventò la più grande leggenda mitica del Nuovo
Testamento: qualcosa di sacro, festoso, tremendo. La pietà popolare vi trovò
tutto ciò che desiderava: il brillio delle grandi ricchezze, gli eserciti
multicolori, l'Oriente, la misteriosa saggezza dell'Oriente, i minuziosi particolari
della vita di Gesù, l'aura della leggenda, il verisimile, l'inverosimile, il
vasto, l'ingenuo e il romanzesco, che incantano i semplici e i bambini.
Così la storia dei Magi
attraversò arricchendosi i secoli del Medioevo, lo riempì di apparizioni, fino
a quando trionfò in un capolavoro: l'Historia
Trium Regum di Giovanni di Hildesheim, composto attorno al 1364, e raccolto
da Luca Scarlini nel piacevolissimo Natale
dei Magi (Einaudi, pagine XXIV-271, 16). Ora, finalmente, i nomi
sconosciuti dei tre Magi vennero rivelati: si chiamavano Melkon, Gaspar,
Balthasar, oppure Melchior, Jaspar, Balthasar. Ognuno di loro discendeva da una
delle tre razze della Bibbia: giungevano dalle diverse regioni d'Oriente; e
incarnavano il passato, il presente, il futuro, o i sacerdoti, i guerrieri e i
coltivatori.
I narratori del Medioevo
inventarono loro un passato, che risaliva fino alle origini del mondo. Quando
fu cacciato dal Paradiso Terrestre, Adamo ricevette un dono di Dio che lo
legava al suo creatore: un libro scritto, chiuso e sigillato da quella mano
meticolosa e onnipossente. Il libro discese le generazioni: venne trasmesso di
figlio in figlio; da Mosè ad Abramo a Isacco a Giacobbe a Giuseppe; e
finalmente giunse, intatto e immacolato, senza un foglio o una lettera in più o
in meno, nelle mani dei Tre Magi. Quando l'angelo del Signore annunciò alla
Vergine Maria che sarebbe divenuta madre, in quell'istante medesimo il libro si
aprì; e la voce dello Spirito Santo - una voce squillante che non avevano mai
ascoltato - annunciò ai Tre Magi di lasciare le loro case, di seguire una
stella, e di andare ad adorare un misterioso Neonato. La stella, quasi anonima,
del Vangelo di Matteo diventò
rapidamente una immensa stella miracolosa. Gettava fiumi e fiumi di luce, che
avevano la consistenza dell'acqua di mare: splendeva più di qualsiasi astro o
cometa mai conosciuti; anche di quella che, pochi decenni prima, aveva
annunciato la nascita di Mitridate re del Ponto. Gli altri astri sembravano
offuscarsi e ottenebrarsi dinanzi a quel chiarore sovrabbondante; e danzavano
per rendergli omaggio. A poco a poco, la stella si innalzò sopra il mondo, come
un'aquila, e rimase immobile, fissa nello stesso punto: il sole si avvicinò
sfiorandola, quasi toccandola; e i raggi lunghissimi e ardenti della stella
diventavano grandi uccelli che battevano festosamente le ali. Giù in basso, in
Persia o a Babilonia o in Caldea, i Magi fissavano il cielo con attenzione
spasmodica; e quando gli occhi erano stanchi e quasi ciechi si accorsero che la
superficie dell'astro era disegnata da una calligrafia minuziosa e meticolosa:
qui c'era l' effigie di un bambino, lì l'immagine di una virgo che allattava, là il disegno di una croce sanguinante. Non
sapevano ancora che quei segni sarebbero divenute impronte evangeliche.
I Magi continuarono a fissare per
giorni il cielo e compresero che non avevano compreso. La stella miracolosa era
un enorme angelo, che aveva preso le forme e lo splendore di una stella: forse
lo stesso angelo che, molti secoli prima, aveva guidato i figli di Israele
fuori dal vasto carcere dell'Egitto. I tre Magi non si erano mai conosciuti.
Venivano da lontano e percorrevano strade diversissime che non si incontravano
nella vastità del deserto e delle montagne. Una sola cosa avevano in comune:
quella stella, sempre la stessa, sempre diversa, che precedeva ciascuno di loro
e i loro eserciti numerosi e coloratissimi; e avanzava quando essi avanzavano.
Non sostavano quasi mai: quasi mai toccavano cibi e bevande, e non nutrivano le
bestie di foraggio. Camminavano da lungo tempo e tuttavia credevano di aver
camminato da una sola giornata, e di aver contemplato un solo tramonto. Mentre
procedevano, le vie sconosciute, i corsi d'acqua, le paludi e le montagne
diventavano vaste pianure, piene di strade affollate.
Presso Gerusalemme si levò sopra
di loro una nebbia densissima e caliginosa, che nascose la stella-angelo.
Melchior si fermò presso il monte Calvario; Balthasar presso il monte Oliveto.
Quando la nebbia si andò diradando, i tre Magi si incontrarono all'improvviso:
non si erano mai visti, non si conoscevano; eppure si baciarono con grande
affetto, come se avessero trascorso insieme tutta la vita. Cominciarono a
parlare. Si accorsero di parlare lingue diverse: ma ciascuno di loro credeva
che gli altri dicessero le loro stesse parole. Quando i tre re giunsero vicino
a Betlemme, vestirono gli abiti e gli ornamenti regali, che avevano portato con
sé dall'Oriente. Lì vicino c'era una casa chiamata alchan: un tempo custodiva cavalli, muli, asini e cammelli, che
venivano offerti ai viaggiatori e ai pellegrini: ma, al tempo dei Magi, la casa
era distrutta ed era rimasto soltanto un piccolo tugurio - pareti di mattone,
muri sconnessi, un' aia dove si vendeva pane, e una mangiatoia di pietra,
grande come un' urna, alla quale erano legati il bue di un mendicante e l'
asino di Giuseppe. Era la mangiatoia - «il segno dei segni» - di cui parlava il
Vangelo di Luca. La grande stella-angelo si fermò, si abbassò tra i mattoni e i
muri di pietra con un fulgore così grande che ogni pietra del tugurio venne
accecata e trasfigurata. I Magi furono sconvolti dal timore. Videro Maria,
bruna di capelli e di pelle: essa si copriva il capo con un mantello bianco di
panno, tranne il viso avvolto nel lino, e con la mano destra reggeva il corpo
di Gesù. Allora Melchior offrì a Gesù un pomo d' oro, che stringeva in una
mano, ed era già appartenuto ad Alessandro Magno. Rappresentava il mondo nelle
sue forme più fastose e vistose. Ma Gesù non aveva bisogno del pomo d' oro e,
appena gli fu consegnato, lo frantumò e lo ridusse in polvere con un tocco
della sua piccolissima mano. In quel momento cominciò il ritorno. La stella
scomparve: nessun barlume celeste ricordava ai Magi che un grande angelo li
aveva illuminati per due settimane. Le strade erano oscure, scoscese e incerte.
Se il primo viaggio era durato dodici giorni, quello di ritorno, pieno di
ansie, di pene e di fatiche, durò due anni. La notte, come tutti i viaggiatori,
i Magi si fermavano nelle locande, chiedendo cibo, aiuto e soccorso. Ebbero
timore e tremore. Alla fine dei due anni riuscirono a ritornare a casa,
portando uno strano regalo. Quando avevano lasciato Betlemme, Maria aveva
donato loro una fascia, come ricordo. In Oriente i Re e i principi si
raccolsero attorno ai Magi, domandando cosa avevano visto e cosa avevano fatto,
in che modo erano andati e ritornati, e cosa avevano portato con loro. Essi
mostrarono la fascia di Maria. Celebrarono una festa, accesero il fuoco e,
secondo l'usanza zoroastriana, lo adorarono e vi gettarono sopra la fascia. Il
fuoco la avvolse e la accartocciò: ma, quando il fuoco si spense, estrassero la
fascia dalle ceneri, come se la fiamma non l'avesse nemmeno toccata. Dunque la
verità - dissero i Magi - non era il fuoco d'Oriente: ma la fascia di Maria, la
mangiatoia del Bambino, la croce disegnata sulla stella, l'astro-angelo che li
aveva protetti, il tugurio pieno di splendore. I Magi presero la fascia, la
baciarono, e se la misero sul capo e sugli occhi, dicendo: «Questa è la
verità». Poi la nascosero con grande venerazione tra i loro tesori. Infine,
nelle loro remote e quasi inattingibili sedi d' Oriente, i tre Magi cedettero
alla forza del tempo. Melchior aveva centosedici anni, Balthasar centododici,
Jaspar centosei. Poco prima che morissero, sopra la loro città apparve una
stella: la stessa che li aveva guidati a Betlemme; e ora ricomparve, a
salutarli e forse ad accompagnarli per l'ultima volta. Nell'ottava della
Natività del Signore, dopo aver celebrato l'Ufficio divino, Melchior chinò la
testa e dolcemente si addormentò nel grembo di Dio, senza provare nessun
dolore. Nella festa dell'Epifania, chinò il capo Balthasar: sei giorni dopo,
Jaspar. Gli aiutanti li rivestirono con i loro sontuosi abiti regali e
sacerdotali: poi li seppellirono nello stesso sepolcro; in piedi, l'uno accanto
all' altro, come se percorressero ancora le strade di Palestina, mentre l'astro-angelo
li guidava verso la più conosciuta e sconosciuta delle grotte.
Corriere della Sera, 20 dicembre
2011
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