Nel palazzo della Banca
commerciale il pittore perugino Annibale Brugnoli ha dipinto quadri storici,
uno di questi rappresenta il gruppo dei liberali perugini (Francesco
Guardabassi ed altri) che il 14 giugno 1859 dichiarano decaduto davanti al
delegato apostolico Mons. Giordani in una sala del palazzo dei Priori il potere
pontificio. La rivoluzione e l'invasione francese avevano avuto il loro
riflesso nella città. Nel 1797 furono alzati alberi della libertà, bruciato il
patibolo, organizzata la «municipalità centrale», venduti beni ecclesiastici,
presi molti altri provvedimenti innovatori, Perugia costituiva il dipartimento
del Trasimeno. E un comitato provvisorio tornò a governare la città nel 1831, in
conseguenza del moto rivoluzionario di Bologna e di altre città dello Stato
pontificio. Nel 1848 poi, oltre la partenza di volontari per i campi della
Lombardia, Perugia salutò con fervore l'inizio della demolizione della Fortezza
paolina, perugini si trovarono anche alla difesa della Repubblica romana.
Nonostante la reazione, crebbero i liberali (le farmacie Bandini, Tei, come è
noto, erano punto d'incontro dei cospiratori; il farmacista Annibale Vecchi era
in corrispondenza col Mazzini). Nel giugno del '59 mentre Piemontesi, Francesi
e Garibaldini avanzano nell'Italia settentrionale, e le Romagne e le Marche
insorgono, avviene il fatto rappresentato poi dal Brugnoli, in quell'epoca
giovanetto. Verso il mezzogiorno del 14 giugno mentre mons. Giordani col maggiore
Friggeri, comandante di un battaglione pontificio, sta deliberando su eventuali
provvedimenti, Francesco Guardabassi, data la parola d'ordine ai suoi affinché
facciano un po' di chiasso sotto il palazzo pubblico (racconta Luigi Bonazzi
che era nella via) si presenta con gli altri capi liberali «ai ministri papali
come mandato dal popolo sovrano». Il Giordani e le truppe si ritirarono, e la
città fu retta da una « giunta di governo provvisorio» fino al tragico 20
giugno, quando circa duemila soldati svizzeri vennero alla città, entrarono,
soverchiata l'animosa resistenza di cittadini male armati, da Porta San
Costanzo e Porta San Pietro, ed effettuarono le famose stragi «per ricondurre
la città al dominio papale».
Quando ero fanciullo, alle cinque
pomeridiane di ogni 20 giugno, le due campane del Municipio cominciavano
funebri, distanziati rintocchi, mentre la carrozza a due cavalli usciva
dall'atrio del palazzo e recava al cimitero il sindaco e la giunta comunale a
deporre una corona sulla tomba dei caduti in quel giorno memorando. Nell'animo
mi scendeva una mestizia e un senso solenne: l'ammirazione per il coraggio,
l'avversione alla crudeltà, la diffidenza verso l'oppressore e insieme la
tenerezza per il silenzio a cui erano scesi quei morti, mi fecero germogliare e
confermavano, ad ogni atteso anniversario nel fiorente, pieno giugno, il
sentimento civile. L'anniversario della liberazione, avvenuta il 14 settembre
1860, mi commoveva meno, forse perché fin da fanciulli si sente che l'attuarsi
di ciò che è giusto dovrebbe rientrare nell'ordine naturale delle cose, mentre
l'ingiustizia più ci colpisce e ci turba, specialmente quando dietro le stanno
i tiranni chiusi nella falsa dignità del loro mutismo e dei loro comandi.
Da Perugia, Tipografia Comunale Perugia, 2008
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