Quando, nel 2000, scrivevo per
“micropolis” le cronache giubilari, poi diventate un pamphlet, mi meravigliai della sovrabbondanza di preti e suore
negli elenchi dei beatificati o dei santificati. Sono passati 14 anni e due
papi, ma non mi pare che la musica sia cambiata. Del cattolicesimo è componente
fondamentale il primato della casta sacerdotale ed è normale che ad essa
appartengano quei morti a cui si vuole assegnare un valore esemplare ed una funzione
protettiva.
Il guaio è che di questo
clericalismo oramai in troppi fanno finta di non accorgersi. Togliamo dal
computo quanti credono davvero al fatto che ci sia un dio onnipotente che
protegge la struttura di potere che dal Vaticano si dirama in tutto il mondo
(e che sull'Italia fortemente insiste), quelli che s’immaginano colombe
svolazzanti nel conclave. Di sicuro ce ne sono, ma non so dire quanti: sospetto che tra gli stessi cattolici siano in molti a non volersi fare
domande e ad accettare senza fiatare le favole sulla provvidenza e il primato del prete. Ma perfino tra i
laici e tra i razionalisti se ne trovano troppi che lo tollerano in silenzio.
So bene che la Chiesa cattolica è
grande, che nel suo seno allignano pulsioni diverse e contrastanti, che il
potere papale non può fare a meno della mediazione. So che tra i preti ce n’è
di buoni, i quali osano addirittura battersi sulla terra per la giustizia
sociale; con qualcuno mi capita di collaborare in battaglie che mi sembrano
giuste, senza pensare di strumentalizzarli e senza timore di essere
strumentalizzato, e ne apprezzo il coraggio e le capacità. So che la
liberazione dall’umanità dall’oppressione sociale da una parte e la demistificazione
delle illusioni religiose dall'altra sono processi l’uno all’altro connessi, ma distinti.
Ma il materialista, se coerente con le proprie convinzioni, ritiene di dover
partecipare all’uno e all’altro, sente come propria l’una e l’altra battaglia e
non molla in nessuno dei due terreni.
“Dixi et salvavi animam meam”, proclamò una volta Karl Marx, citando
non so quale epistola di Paolo di Tarso. Credo di aver salvato la mia e di aver
spiegato le ragioni di questo post, che riprende un frammento delle mie vecchie
cronache. (S.L.L.)
Il prete Probo Vaccarini |
Nelle beatificazioni del 2000 c'è
un aspetto che è stato sottaciuto. I beati del 2 settembre erano tutti preti,
frati e suore; tra i tanti di quest'anno è probabile che i laici non manchino,
ma non sono quelli a cui si dà importanza. Insieme ai due papi spicca Padre
Pio.
In occasione del Giubileo degli
Anziani, il cardinale Tonini, che faceva da commentatore televisivo, indicava a
modello di religiosità senile tre persone: il papa, un arcivescovo e una madre
superiora. Forse per umiltà taceva il quarto, lui stesso.
In Umbria è accaduto che anche
per le famiglie si additino a modello i chierici. In occasione
dell’inaugurazione della chiesa Nuova di Assisi, ricostruita dopo il terremoto,
sabato due settembre, è stata anche celebrata la festa della famiglia, in cui
annualmente si premia con medaglia di riconoscimento una famiglia esemplare.
Quest'anno è stata insignita la famiglia del parroco della Comunità di San Martino in Venti a Rimini, don Probo Vaccarini. L'uomo, già ateo convinto, è stato convertito da Padre Pio e, dopo la morte della moglie, si è fatto prete. Dei suoi sette figli tre sono parroci. Giovanni a Viserba Monte (Rimini), Francesco a Marmore (Terni), Giuseppe in Albania. Il quarto figlio maschio, Gioacchino, è seminarista. Delle tre figlie Maria Luisa è monaca, Maria Celeste consacrata laica, la terza, Maria Pia, battezzata dal beato di Pietrelcina, è l'unica sposata e ha quattro figli. Ho il timore che almeno tre finiranno in convento o in seminario. Anche da questo piccolo fatto risulta evidente il rischio che la percentuale di preti e suore in Paradiso continui a essere molto alta. Una buona ragione per non andarci.
Quest'anno è stata insignita la famiglia del parroco della Comunità di San Martino in Venti a Rimini, don Probo Vaccarini. L'uomo, già ateo convinto, è stato convertito da Padre Pio e, dopo la morte della moglie, si è fatto prete. Dei suoi sette figli tre sono parroci. Giovanni a Viserba Monte (Rimini), Francesco a Marmore (Terni), Giuseppe in Albania. Il quarto figlio maschio, Gioacchino, è seminarista. Delle tre figlie Maria Luisa è monaca, Maria Celeste consacrata laica, la terza, Maria Pia, battezzata dal beato di Pietrelcina, è l'unica sposata e ha quattro figli. Ho il timore che almeno tre finiranno in convento o in seminario. Anche da questo piccolo fatto risulta evidente il rischio che la percentuale di preti e suore in Paradiso continui a essere molto alta. Una buona ragione per non andarci.
da Salvatore Lo Leggio, Cronache giubilari, Giada 2001
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