Piotr Kropotkin è considerato, in
coppia con Bakunin, capostipite dell’anarchismo. Nato nel 1842, russo, grande
aristocratico, crebbe - per scelta tolstojana - nella vicinanza con i contadini
e nutrì fin dalla adolescenza interessi naturalistici: geografia, zoologia,
botanica, antropologia. Ventenne, abbandonò la corte e scelse di comandare un reggimento in Siberia anche per
coltivare i suoi studi. Suoi articoli di argomento zoologico venivano
pubblicati dalla “Russian Geographical Society” e per essi ottenne una medaglia
d’oro. Anarchico divenne in Siberia, ove sperimentò gli effetti deleteri di una
disciplina imposta: tornatone iniziò a propagandare la rivoluzione. Recluso
nella fortezza di Pietroburgo nel 1874, ne fuggì due anni dopo per un lunghissimo
esilio. Come attivista anarchico era controllato e braccato dalle polizie di
mezza Europa e conobbe le prigioni di Francia. Un suo libro, Mutual Aid, (“Aiuto reciproco”), tentò
una sorta di fondazione scientifica del principio cooperativo, tipico del
socialismo anarchico. Contro i darwinisti e la biologia dell’aggressività
Kropotkin sosteneva che in natura e nella società non c’è solo competizione e
lotta, ma anche – e assai di più – cooperazione. Si distinse nella predicazione
antimilitarista e nel 1914, allo scoppio del conflitto europeo, ne intravide il
carattere nuovo, tipicamente novecentesco, di “guerra totale”: “Da quando
questa guerra è cominciata ha assunto un carattere di distruzione totale della
vita tra i combattenti e di distruzione dei mezzi di sussistenza della
popolazione civile”. La rivoluzione in Russia nel 1917 lo spinse tornare in
patria. Fu accolto con tutti gli onori e Kerensky gli offrì un incarico
governativo, che rifiutò. Successivamente si incontrò più volte con Lenin, ma i rapporti
non erano facili. In diverse lettere al capo bolscevico Kropotkin si mostrò pessimista
sul futuro del comunismo. Un po’ dimenticato dalla Rivoluzione,
morì l’8 febbraio 1921.
In una delle lettere a Lenin, del
1920, di cui qui riprendo un brano, K. condanna l’uso dell’Armata Rossa di prendere
ostaggi. Non sono convinto
della giustezza, in assoluto, della tesi di Kropotkin né conosco la risposta
di Lenin; ma sono persuaso che le rivoluzioni che verranno dovranno tenere
conto – se vorranno vincere – del radicalismo etico dei libertari. (S.L.L.)
Kropotkin nei primi anni del Novecento |
Ho letto oggi sulla “Pravda” un
comunicato ufficiale del consiglio dei Commissari del Popolo secondo cui è
stato deciso di tenere come ostaggi diversi ufficiali dell'armata di Wrangel.
Non posso non pensare che non esista una singola persona che non vi dica che
tali decisioni ricordano l'oscurità del Medio Evo, il periodo delle Crociate.
Vladimir Ilic, le tue azioni
concrete sono in totale contrasto con le idee che pretendi di sostenere. È
possibile tu non sappia che cosa sia realmente un ostaggio — un uomo
imprigionato non perché colpevole di un crimine, ma solo perché è conveniente
per i suoi nemici ricattare i suoi compagni? Questi uomini devono sentirsi come
dei condannati a morte a cui boia inumani annunciano ogni giorno, al tocco, che
l'esecuzione è stata posposta di un giorno. Se tu ammetti questi metodi si può
intravedere che un giorno userai la tortura, come accadeva nel Medio Evo (...)
Ma forse con la cattura degli
ostaggi non cerchi di salvare il tuo lavoro bensì semplicemente la tua vita.
Sei così cieco, così prigioniero delle idee autoritarie da non realizzare che,
essendo a capo del Comunismo europeo, non hai il diritto di infangare le idee che
difendi con metodi vergognosi, metodi che non sono altro che la prova di un
errore mostruoso, ma anche di un'ingiustificabile paura per la tua vita? Quale
futuro si prepara per il Comunismo quando uno dei suoi più importanti difensori
calpesta ogni sentimento onesto?
Cit. da Bruno D’Udine Sulle orme di Kropotkin, in “Linea
d’ombra”, n.58, marzo 1991.
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