Sull’“Indice” di gennaio 2014 nel
dizionarietto intitolato Babele.
Osservatorio sulla proliferazione semantica, che, per la cura di Bruno
Bongiovanni, dovrebbe liberare le parole di quel tanto di ideologico di cui la
storia le ha caricate, si tratta la voce Yalta.
Ma in verità stavolta è Bongiovanni a fare ideologia, se non deteriore
“revisionismo”. La tesi qui sostenuta, basata – suppongo – sui testi ufficiali
della conferenza di Yalta del 1945, è che in quella sede non venne praticata
alcuna spartizione del mondo in sfere d’influenza, ché anzi venne affermato il
principio di autodeterminazione per tutti i popoli liberati dal dominio
nazista, con l’esclusione della sola Germania. Tale principio sarebbe stato
violato negli anni successivi da Stalin nei paesi liberati dall’Armata Rossa e
da questa violazione avrebbero avuto inizio la divisione e la guerra fredda.
Questa lettura pare ignorare le numerosi e convergenti testimonianze su cosa veramente accadde a Yalta (e a Postdam),
i foglietti di Churchill, le correzioni di Stalin e tutto il resto, e sembra
avallare l’immagine degli Usa disinteressati difensori della libertà e della democrazia,
allora come adesso. Ma va! (S.L.L.)
Se scritta in questo modo, oggi
il più diffuso, la località geografica, destinata a diventare un concetto,
proviene dalla traslitterazione anglosassone della lingua ucraina.
Già luogo di vacanza di
Alessandro II, Yalta è una cittadina della Crimea che oggi fa parte appunto
dell’Ucraina dopo avere fatto parte dell’impero zarista e dell’Urss. Si è però
usato, e si continua (meno) a usare, Jalta (con la J in luogo della Y),
versione ancora appieno dominante quando, il 21 agosto 1964, vi morì Togliatti.
Il significato politico del nome geografico
deriva dalla conferenza (presenti Churchill, Roosevelt e Stalin) che ebbe luogo
dal 4 all’11 febbraio 1945, mentre la guerra perdurava e alla Germania nazionalsocialista,
la cui sconfitta era ormai pressoché certa, restavano ancora tre mesi di vita
(poco più che alla Rsi nel Nord Italia), mentre al Giappone ne restavano ben
sei. Eppure, a lungo si è creduto, e ancora qualcuno lo crede, che in
quell’occasione si stabilirono, dai vincitori non ancora a tutti gli effetti vincitori,
la divisione dell’Europa e il bipolarismo rivale tra i “due grandi” Usa-Urss,
tanto che da parte di non pochi si è affermato che proprio a Yalta ebbe inizio la
guerra fredda.
A disegnare così la fenomenologia
di quei giorni sono stati prima i giornalisti e taluni politologi che sui
giornali scrivevano, poi i politici, e infine, mentre ci si allontanava dal
1945, un certo numero di storici. A Yalta si discusse invece del futuro della
Germania, che non andava smembrata, come in un primo momento aveva proposto
Roosevelt, ma divisa in quattro zone d’occupazione (una delle quali francese).
L’Urss avrebbe poi conservato le zone occupate nel 1939 (quando era alleata con
Hitler), ma la Polonia avrebbe ottenuto il confine occidentale sui fiumi
Oder-Neisse, inglobando Pomerania, Slesia, parte della Prussia orientale, e
consentendo ai tedeschi locali di emigrare verso Ovest. Si intervenne poi – e
fu un evento di enorme rilievo – sulla creazione dell’Onu, e alle regole che avrebbe
avuto, con Stalin che pretese un voto per ogni repubblica dell’Urss. Cosa che
ottenne, e non fu poco, solo per la Bielorussia e l’Ucraina, che tantissimi caduti
avevano avuto in guerra.
Si dichiarò anche che tutta
l’Europa andava considerata libera e che i paesi liberati dal
nazionalsocialismo avrebbero avuto il diritto di venire governati da
istituzioni democratiche scelte autonomamente dai cittadini. Si può dunque
sostenere che la guerra fredda ebbe inizio – ma nel 1946-1947 – perché l’Urss
non fu fedele a quest’ultimo principio nei paesi liberati, e nel contempo
occupati, dall’Armata Rossa, fatto che – tardivamente – venne denunciato da
americani e inglesi.
La guerra fredda, insomma, ebbe inizio
non a Yalta, ma contro Yalta. Il sobbalzo geo-semantico non fu tuttavia fermato
e Yalta assorbì il significato di ciò che avvenne dopo (con i primi lampi a
Potsdam, luglio 1945, ultimo dei vertici interalleati), o anche molto dopo, e
non di ciò che era stato l’oggetto dei dibattiti internazionali avvenuti nel
febbraio 1945. In particolare i francesi considerarono Yalta l’inizio della divisione
di un continente franco-europeo che, come anticipato da Napoleone, doveva distendersi
dall’Atlantico agli Urali.
De Gaulle, che non era stato
invitato a Yalta, nel 1958 (anno di nascita della Quinta repubblica) ebbe a
scrivere che a Yalta era stata sovietizzata l’Europa orientale. Mitterrand, nel
1982, sollecitò a “guardare oltre Yalta”. André Fontaine, in un articolo su “Le
Monde” del 4-5 febbraio 1990, non si allontanò da queste posizioni. Ovunque
però Yalta aveva assunto un significato diverso da quello della conferenza. Le
cose lentamente cambiarono solo dopo la fine dell’Urss.
"L'Indice dei libri del mese", gennaio 2014
"L'Indice dei libri del mese", gennaio 2014
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