Johannesburg – “Sfioro il tuo
naso con il mio per catturare il flusso della vita che mi fai scorrere nel
sangue quando stiamo assieme”. Anche Madiba, l’eroe di una nazione e del mondo,
la leggenda di umanità che ha lottato e vinto per rendere liberi uomini e donne
di tutti i colori sa parlare d’amore.
“Mio padre era poligamo - ha
dichiarato Mandela anni fa alla BBC - aveva 4 mogli. Per me erano tutte madri e
i loro figli miei fratelli. Quando ero giovane non pensavo fosse un errore
avere tante donne. Forse è per questo che ho amato le donne, perché imitavo mio
padre”.
Il ritratto privato di Madiba,
che in Sudafrica è per tutti Tata Madiba, contemporaneamente figlio e padre di
una nazione, è affollato di grandissimi amori, di donne, di figli, di nipoti,
di bisnipoti, ma anche di dolori, enormi e laceranti.
Racconta tutto questo Long walk to freedom, biografia
autografa di Madiba, da cui è tratto l’omonimo film che uscirà in Italia il 3
gennaio. Racconta del carcere, ovviamente, di quei 27 anni terribili passati in
parte (18 per la precisione) nell’isola dell'inferno, Robben Island, a spaccare
pietre, quando “solo il pensiero e lo studio mi hanno tenuto in vita”. Poi
della lotta politica, degli ideali, della necessità di rendere i neri del
Sudafrica, e poi tutti, liberi. Infine dei tanti amori. Dell’ultimo, enorme ed
emozionante, per Graca Machet Mandela.
La sua con Madiba è una lunga,
bellissima storia d’amore. Lei, “la gazzella che guarda il sole”, come la
chiamano in Sudafrica, per il sorriso del suo Mutaba - così parla di Nelson
Mandela, l’eroe che ha dato speranza e libertà ad una nazione e al mondo - ha
perso letteralmente la testa. “Non volevo sposarmi” confessa Graca Machel Mandela
“Temevo che i miei figli perdessero anche la madre oltre al padre. Ma un mito
non può avere macchie e così ho sposato Mutaba”. Vedova di Samora Machet,
presidente del Mozambico, Graca Mandela è stata accanto a Tata Madiba “negli
anni della maturità”, come dice lei. “Lui ora è più fragile - aveva confessato
in un incontro riservato che si è svolto nel 2008 in Italia, quando è
intervenuta al convegno sulla povertà come ospite d’onore del Centro Pio Manzù
- e io lo amo con tenerezza. O amo del tutto o non amo per niente. Così fa
lui”.
A sposarli è stato Desmond Tutu.
Altra icona del Sudafrica e dell’Africa, premio Nobel per la pace come Madiba e
suo vicino di casa nella enorme township a Soweto. “Grazie Graca per aver reso
quest’uomo vulnerabile e felice come un teenager che ha appena ricevuto il suo
primo bacio” ha affermato l’arcivescovo emerito celebrando le nozze di Madiba e
Graca nell’ottantesimo compleanno di lui.
La donna, che è rimasta accanto
al leader del Sudafrica negli ultimi tre lustri, è anche la vera anima della
Fondazione Mandela, che da anni si batte contro una delle emergenze del paese e
dell’Africa, l’Aids. Quella dell’Aids è una vera tragedia, che ha colpito la
stessa famiglia di Mandela. Uno dei figli del primo matrimonio, Mkatho, è infatti
morto prematuramente perché affetto da Aids. Sorte simile è toccata ad altri
due figli di Madiba, entrambi morti molto giovani.
La vita di Mandela è puntellata
di dolori e da grandi amori. I dolori di quel “lungo cammino verso la libertà”
e quelli privati, dei lutti e dei conflitti famigliari. Gli amori di tre donne
che sono state accanto a Mandela in momenti diversi. Evelyn Ntoko Mase, prima
moglie del leader nero, madre di quattro figli, scomparsa da poco tempo, Winnie
Mandela, seconda moglie, icona della lotta contro l’apartheid e compagna di
Mandela nei lunghi anni del carcere. “Ero essenzialmente la meno sposata delle
mogli, così non c'è stata molta differenza quando poi abbiamo deciso di
separarci. Farlo con un pezzo di carta di fronte ad una corte bianca è stato
doloroso. Rimane l’uomo che ho amato e amo”. La figura di Winnie è tuttavia
controversa, anche se è ancora popolarissima fra gli abitanti delle township.
In Sudafrica è normale vedere una foto che ritrae Winnie, Graca e Madiba
assieme. Sono i protagonisti di una lunga storia d’amore che appartiene a tutto
il Paese.
laletteraturaenoi.it – 8 gennaio
2014
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