Aldo Natoli, come egli stesso
racconta nel lungo colloquio con Vittorio Foa di recente pubblicato (Dialogo sull’antifascismo, il Pci e l’Italia
Repubblicana), insieme con Bruno Sanguinetti, Lucio Lombardo Radice e
Pietro Amendola, fu tra i protagonisti del gruppo comunista romano. Arrestato
nel dicembre 1939, fu condannato dal Tribunale speciale a cinque anni di
carcere e rinchiuso nella casa penale di Civitavecchia. La lettera qui postata,
databile alla fine di febbraio 1941, fu inviata dal carcere a Mirella, poi
compagna di una vita, per il suo compleanno, è tratta dalle carte della famiglia
di Aldo Natoli e fu pubblicata da “Repubblica” in occasione della sua morte.
(S.L.L.)
Aldo Natoli in una foto del 1938 |
Carissima Mirella,
spero che la lettera ti trovi a
Roma per la tua festa. Per questa tua festa che già per la terza volta ricorre
da quando io sono in carcere che, con il suo sopravvenire, sembra portarci via
ad uno ad uno gli anni "più belli". Ma questa considerazione non
desta in me tristezza alcuna, né senso di sensibile perdita; e così sarà anche
in te, con certezza. Più belli, infatti, saranno gli anni che noi vivremo
insieme nel futuro, perché arricchiti di tanta esperienza e fortificati da una
sofferenza che abbiamo saputo far semplice e positiva; avendo appreso a volerci
bene, ad amarci come uomini che hanno ferma la mente e il cuore a qualcosa di
più grande che la loro limitata esistenza di creature di carne. In questo forse
la "necessità" della nostra vicenda, il suo significato di catarsi.
Mi osservo di tanto in tanto nel corso
di questi mesi e mi trovo a domandarmi se vado mutando e in che senso, e di
recente mi è parso che forse il più sensibile mutamento che risentirò anche nel
carattere, consisterà forse in un certo placamento della mia capacità di
entusiasmo, di "Schwärmerei", di una generosa esaltazione e di intimi
rapimenti. Insomma, forse mi ritroverai più sulla terra e meno nel cielo e, fra
tanto fervore, anche un po' di critica. "A chi sa guardare, questo mondo
non è muto", suona il motto di Goethe; ed io adesso mi sento più vicino a
"questo mondo" che ad altri mondi. Sarà forse perché adesso da anni
non mi trovo sotto un cielo stellato; ma mi pare che questo spettacolo non
potrà più rapirmi come una volta. Ed in questo non sento perdita.
Non credere Mirella che quello
che di nuovo troverai in me, se del nuovo troverai, derivi dai libri letti,
dalla "cultura"; tutto questo è infinitamente secondario. Se in
qualche cosa sarò mutato - poiché non mi sfugge la fallacia di questi tentativi
di autoanalisi - esso va ricercato in una sfera di "moralità"... ma
insieme non credere che io abbia dimenticato di essere "ragazzo" come
una volta. Ti abbraccio
il tuo Aldo
“La Repubblica”, 11 novembre 2010
Nessun commento:
Posta un commento