1.2.14

L'arcivescovo Bassetti "creato" cardinale. Odore di pecora (S.L.L.)

Bergoglio con Bassetti
L’annuncio del papa cattolico, domenica 12, della nomina di nuovi cardinali (16 elettori in Conclave più 3 emeriti) conteneva un regalo per gli umbri: nell’elenco, tra i pochi italiani (4 in tutto), figura Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia.
Il gerarca, faentino di nascita, fiorentino di formazione, è vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana e pertanto la scelta non può dirsi sorprendente; ma – in tanti lo hanno fatto notare, Bassetti incluso – non è accaduto spesso che un vescovo perugino fosse nominato cardinale. L’ultima volta fu nel 1853, quando fu rivestito della porpora Vincenzo Gioachino Pecci, di una famiglia di cardinali: era in carica a Perugia durante la repressione del 20 giugno 1859, ma non vi è prova che vi abbia avuto parte. Tacque, tuttavia, e il silenzio incoraggiò, dopo la strage operata dalle truppe del papa sui popolani della città, una dura reazione clericale. Nel 1878, ascese col nome di Leone XIII al soglio di Pietro, che occupò fino agli inizi del Novecento, ricordato, oltre che per l’esorcismo breve (una sorta di rito “fai da te” per cacciare i diavoli nei casi meno gravi), per la Rerum Novarum. La cosiddetta “enciclica sociale” è in realtà un testo ferocemente antisocialista; non sarebbe male rileggerla, nella oltranzistica difesa della proprietà privata e nelle accuse capziose dirette ai socialisti d’ogni tipo, invece di limitarsi a citarla come segnale d’attenzione alla questione operaia. Bassetti ha dichiarato di volere imitare Pecci, perché “era un grande pastore” e perché i “principi li ha maturati qui, a Perugia, fra la gente… Lui chiedeva: va a scuola il tuo figliolo, quante ore lavorate? Come sono i rapporti col padrone? Lo stesso faceva con gli operai... lui si rendeva conto”.
Le reazioni umbre alla nomina di Bassetti, che otterrà formalmente la porpora nel Concistoro del 22 febbraio, sono state entusiastiche. Tutti contenti: politici, giornalisti, rettori delle Università, frati; La porpora a Bassetti esalta l’Umbria francescana – così scrive “La Voce”. Qualcuno, tentando un forzato collegamento con l’operazione “capitale della cultura”, ha immaginato che fosse anche un premio a Perugia e all’Umbria. Bassetti ha detto che sì, è “un segno d’affetto per questa piccola regione”, ma per il fatto che “ha dato tanto alla Chiesa coi suoi santi”. Ha masticato amaro Paglia, l’ex vescovo di Terni, il wojtiliano doc che si considerava porporato in pectore ai tempi del papa polacco. I suoi fans avevano salutato la presidenza del Pontificio consiglio della famiglia (“di solito è un cardinale” – dicevano), ma a bloccare ogni residua velleità è arrivata la disastrosa eredità lasciata nella diocesi che reggeva.
Quanto a noi la prima reazione sulla nomina riguarda le indecenti genuflessioni di fior di laici e democratici verso una istituzione che si fa chiamare Chiesa, cioè “assemblea”,  retta da una casta sacerdotale che si riproduce, sceglie i suoi capi per cooptazione e delega la loro nomina a un autocrate, proclamato infallibile sul piano dogmatico, le cui scelte di governo sono indiscutibili.
La seconda è una serie di domande: chi è Bassetti? cosa pensa? che cosa ci dice la sua nomina sugli orientamenti del papato?
La biografia ufficiale del prelato dà qualche risposta: ha diretto a lungo il Seminario di Firenze, è stato vescovo a Piombino, Arezzo e infine a Perugia. Tra gli incarichi pontifici spicca quello di delegato ai seminari d’Italia. Insomma le sue specialità sono il governo locale, esercitato con una certa sensibilità sociale, e la formazione dei quadri, pardon dei preti.
A differenza del Paglia, Bassetti è sobrio nell’apparire e nello scrivere. L’immagine che vuole trasmettere nelle omelie e nelle pastorali è di prossimità e di attenzione. Bassetti si considera più in linea con il papa attuale che con i precedenti, lontano com’è sia dal dottrinarismo di Ratzinger, che da Wojtila, immagine della Chiesa trionfante. Il nuovo papa è mediatico come Giovanni Paolo II, ma vuol fornire – attraverso la propria - un’immagine dimessa della gerarchia e del clero: i preti non devono identificarsi con il potere economico e politico, né ostentare superiorità e privilegi, piuttosto mostrare spiritualità e umiltà; essi devono occuparsi dei problemi vitali della gente comune con uno sguardo vigile anche sugli più deprivati.
Non so se scritto da Bassetti ma certamente ispirato e approvato, il Direttorio per la vita dei presbiteri (cioè dei preti) prodotto dalla diocesi di Perugia,  alla “crisi del ministero sacerdotale” reagisce con due parole d’ordine: “essere pastori con l’odore delle pecore” e “vale l’unzione, non la funzione”. Non è difficile riconoscere, perfino nella terminologia, il richiamo alla stagione post-tridentina, evidente peraltro in tutto l’agire del papa gesuita. Essa non fu solo “Controriforma”, ma anche “Riforma cattolica” ed in primis riforma del clero, che non deve ostentare altra potenza, se non quella che viene dall’unzione.

In una società che torna a chiudersi in stratificazioni oligarchiche la casta sacerdotale cattolica pretende più peso dentro il potere nazionale e mondiale perché depositaria di valori etici, garante di solidarietà, vicina agli “scarti”. Bassetti è in linea: sta continuando la sua visita pastorale in tutta la diocesi per odorare di pecora. Domenica 19 ha incontrato in cattedrale i rappresentanti dei migranti e ha promesso una visita ai carcerati, appena nominato cardinale.

micropolis, gennaio 2014 

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