Bergoglio con Bassetti |
L’annuncio del papa cattolico,
domenica 12, della nomina di nuovi cardinali (16 elettori in Conclave più 3
emeriti) conteneva un regalo per gli umbri: nell’elenco, tra i pochi italiani
(4 in tutto), figura Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia.
Il gerarca, faentino di nascita,
fiorentino di formazione, è vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana
e pertanto la scelta non può dirsi sorprendente; ma – in tanti lo hanno fatto
notare, Bassetti incluso – non è accaduto spesso che un vescovo perugino fosse
nominato cardinale. L’ultima volta fu nel 1853, quando fu rivestito della
porpora Vincenzo Gioachino Pecci, di una famiglia di cardinali: era in carica a
Perugia durante la repressione del 20 giugno 1859, ma non vi è prova che vi
abbia avuto parte. Tacque, tuttavia, e il silenzio incoraggiò, dopo la strage
operata dalle truppe del papa sui popolani della città, una dura reazione
clericale. Nel 1878, ascese col nome di Leone XIII al soglio di Pietro, che
occupò fino agli inizi del Novecento, ricordato, oltre che per l’esorcismo
breve (una sorta di rito “fai da te” per cacciare i diavoli nei casi meno
gravi), per la Rerum Novarum. La
cosiddetta “enciclica sociale” è in realtà un testo ferocemente antisocialista;
non sarebbe male rileggerla, nella oltranzistica difesa della proprietà privata
e nelle accuse capziose dirette ai socialisti d’ogni tipo, invece di limitarsi
a citarla come segnale d’attenzione alla questione operaia. Bassetti ha
dichiarato di volere imitare Pecci, perché “era un grande pastore” e perché i “principi
li ha maturati qui, a Perugia, fra la gente… Lui chiedeva: va a scuola il tuo
figliolo, quante ore lavorate? Come sono i rapporti col padrone? Lo stesso
faceva con gli operai... lui si rendeva conto”.
Le reazioni umbre alla nomina di
Bassetti, che otterrà formalmente la porpora nel Concistoro del 22 febbraio,
sono state entusiastiche. Tutti contenti: politici, giornalisti, rettori delle
Università, frati; La porpora a Bassetti
esalta l’Umbria francescana – così scrive “La Voce”. Qualcuno, tentando un
forzato collegamento con l’operazione “capitale della cultura”, ha immaginato
che fosse anche un premio a Perugia e all’Umbria. Bassetti ha detto che sì, è
“un segno d’affetto per questa piccola regione”, ma per il fatto che “ha dato
tanto alla Chiesa coi suoi santi”. Ha masticato amaro Paglia, l’ex vescovo di
Terni, il wojtiliano doc che si considerava porporato in pectore ai tempi del papa polacco. I suoi fans avevano salutato
la presidenza del Pontificio consiglio della famiglia (“di solito è un
cardinale” – dicevano), ma a bloccare ogni residua velleità è arrivata la
disastrosa eredità lasciata nella diocesi che reggeva.
Quanto a noi la prima reazione
sulla nomina riguarda le indecenti genuflessioni di fior di laici e democratici
verso una istituzione che si fa chiamare Chiesa,
cioè “assemblea”, retta da una casta
sacerdotale che si riproduce, sceglie i suoi capi per cooptazione e delega la
loro nomina a un autocrate, proclamato infallibile sul piano dogmatico, le cui
scelte di governo sono indiscutibili.
La seconda è una serie di
domande: chi è Bassetti? cosa pensa? che cosa ci dice la sua nomina sugli
orientamenti del papato?
La biografia ufficiale del
prelato dà qualche risposta: ha diretto a lungo il Seminario di Firenze, è
stato vescovo a Piombino, Arezzo e infine a Perugia. Tra gli incarichi
pontifici spicca quello di delegato ai seminari d’Italia. Insomma le sue
specialità sono il governo locale, esercitato con una certa sensibilità sociale,
e la formazione dei quadri, pardon dei
preti.
A differenza del Paglia, Bassetti
è sobrio nell’apparire e nello scrivere. L’immagine che vuole trasmettere nelle
omelie e nelle pastorali è di prossimità e di attenzione. Bassetti si considera
più in linea con il papa attuale che con i precedenti, lontano com’è sia dal
dottrinarismo di Ratzinger, che da Wojtila, immagine della Chiesa trionfante. Il
nuovo papa è mediatico come Giovanni Paolo II, ma vuol fornire – attraverso la
propria - un’immagine dimessa della gerarchia e del clero: i preti non devono
identificarsi con il potere economico e politico, né ostentare superiorità e
privilegi, piuttosto mostrare spiritualità e umiltà; essi devono occuparsi dei
problemi vitali della gente comune con uno sguardo vigile anche sugli più deprivati.
Non so se scritto da Bassetti ma
certamente ispirato e approvato, il Direttorio
per la vita dei presbiteri (cioè dei preti) prodotto dalla diocesi di
Perugia, alla “crisi del ministero
sacerdotale” reagisce con due parole d’ordine: “essere pastori con l’odore delle
pecore” e “vale l’unzione, non la funzione”. Non è difficile riconoscere,
perfino nella terminologia, il richiamo alla stagione post-tridentina, evidente
peraltro in tutto l’agire del papa gesuita. Essa non fu solo “Controriforma”,
ma anche “Riforma cattolica” ed in primis
riforma del clero, che non deve ostentare altra potenza, se non quella che
viene dall’unzione.
In una società che torna a
chiudersi in stratificazioni oligarchiche la casta sacerdotale cattolica
pretende più peso dentro il potere nazionale e mondiale perché depositaria di
valori etici, garante di solidarietà, vicina agli “scarti”. Bassetti è in
linea: sta continuando la sua visita pastorale in tutta la diocesi per odorare
di pecora. Domenica 19 ha incontrato in cattedrale i rappresentanti dei
migranti e ha promesso una visita ai carcerati, appena nominato cardinale.
micropolis, gennaio 2014
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