L’articolo, ben scritto e documentato, ricostruisce gli ultimi mesi del campo di Auschwitz in parallelo con le incertezze degli Alleati occidentali e con l’avanzata vittoriosa dell’Armata Rossa. Vivamente consigliato. (S.L.L.)
Per gli Alleati dal punto di
vista logistico divenne possibile bombardare la Polonia solo nel gennaio del 1944
quando si poté disporre della base aerea di Foggia nell’Italia Meridionale
liberata. Prima di allora, le basi che dovevano fornire sia i bombardieri, sia
gli aerei da intercettazione necessari ad ogni raid, dislocate a Dover nel Kent
a parecchie migliaia di chilometri di distanza, erano troppo lontane da
Auschwitz (in polacco Oswieçim).
Fotografie aeree della zona di
Auschwitz furono prese per la prima volta da aerei alleati, da un’altezza di
15-20.000 piedi, il 14 aprile 1944. Dopo un attento esame delle fotografie
prese nelle missioni fotografiche aeree, il 18 luglio 1944 la fabbrica petrolchimica
(fabbrica di petrolio sintetico estratto dal carbone delle vicine
miniere) di Monowitz (anche campo di concentramento denominato Auschwitz III, descritto
mirabilmente da Primo Levi) a 2 miglia di distanza dal centro della citta di
Oswiecim fu per la prima volta designata come obiettivo da bombardare.
Il 7 agosto gli alleati
effettuarono il primo pesante bombardamento aereo sulla zona durante il quale
furono parzialmente distrutte la fabbrica chimica Oberschlesische Hydrierwerke
a Blechhammer e la raffineria di petrolio a 12 miglia a nord ovest di
Auschwitz.
Il 20 agosto, nuovamente, con
condizioni atmosferiche favorevoli, 127 bombardieri e 100 aerei da caccia
scaricarono le loro bombe sulla IG
Farbenindustrie per 28 minuti consecutivi. Gli obiettivi colpiti furono
anche: la stazione ferroviaria e i condotti dell’acqua di Tschechowitz, a circa
15 miglia dalla stazione di Auschwitz, una raffineria di petrolio, una fabbrica
elettrotecnica, la fabbrica di mattoni a Bestwin. Dentro al campo di Auschwitz,
e soprattutto al suo sottocampo Birkenau (o Auschwitz II) erano sistemati sei
impianti di sterminio riservati ai continui convogli di deportati ebrei che vi
erano mandati da tutta l'Europa occupata: due camere a gas con fosse di
cremazione per la consunzione dei corpi chiamate bunker I e bunker II, più
quattro camere a gas con forni crematori per la consunzione dei corpi, chiamate
crematori II, III, IV e V. Nelle stesse strutture finivano anche i prigionieri del
campo non ebrei che dopo un breve periodo di lavoro schiavo a favore dell’economia
del Reich erano sfiniti dalla fatica e dalla sottoalimentazione.
Notizie sulla politica nazista
del genocidio erano già trapelate, ma allora ancora nessuno sapeva che proprio Auschwitz
era il centro di tale politica. Quando iniziarono i bombardamenti sulla zona, il
racconto dei massacri che proprio al suo interno venivano perpetrati, riportato
da due eroici evasi, Rudolf Vrba e Alfred Wertzler, era conosciuto solo da
pochissimi e non ancora reso pubblico. La regione venne dunque bombardata non
già per tentare di fermare lo sterminio degli ebrei ancora ampiamente in corso,
ma solo come zona industriale e quindi come obiettivo strategico. Il 25 agosto,
infatti, aerei da ricognizione fotografarono nuovamente la zona, da un’altezza
di 30.000 piedi, per constatare i danni all’industria. Tra i fotogrammi, se
molto ingranditi, si possono riconoscere le strutture dei campi sia di Auschwitz,
sia di Auschwitz-Birkenau. Si riconosce la cosiddetta Bahnrampe (la rampa
ferroviaria appositamente prolungata fino all'interno di Birkenau per
facilitare le operazioni di scarico dei deportati e del loro immediato
assassinio) con un convoglio di 33 vagoni fermo e una fila di persone avviate
verso uno dei crematori. Molto precise sono anche le riprese del campo
principale Auschwitz (Auschwitz I) nel quale si riconosce una fila di persone in
attesa di essere registrata o in attesa di vestiti disinfestati (registrazione
e disinfestazione avevano sede nello stesso edificio). Tutto ciò però, con il
senno di poi, poiché l'analisi coeva delle fotografie aeree da parte di
militari esperti, non essendo dedicata all’individuazione di strutture di
sterminio ma solo di fabbriche, non portò al riconoscimento del campo di Auschwitz
come luogo di assassinio di massa. Le cancellerie occidentali avevano allora
già ricevuto da Edvard Benes, capo del governo slovacco in esilio, un appello ufficiale
per un intervento aereo sul campo di sterminio, ma l'orientamento dei politici
alleati fu quello di non distogliere forze militari per missioni aventi per obiettivo
il salvataggio di civili. Il 13 settembre 1944 ci fu un altro pesantissimo bombardamento
sulla fabbrica chimica della IG Farbenindustrie durato 13minuti consecutivi,
nel quale furono dispiegati 96 bombardieri alleati. Furono sganciate 1000 bombe
da un’altezza di 23.000 piedi. Questa volta le bombe raggiunsero anche il campo
di Auschwitz e due di esse Birkenau, ma soltanto per caso.
L’esercito russo nel frattempo,
faceva la sua parte: con una controffensiva iniziata nell’estate del 1943, alla
fine dell'anno si era ormai spinto fino alle frontiere polacche e romene,
raggiungendo nel gennaio del 1944 la Crimea e l’Ucraina. Il 24 luglio del 1944
liberò l’altro grande campo di concentramento e sterminio simile ad Auschwitz, Majdanek
presso Lublino, trovandovi migliaia di prigionieri sfiniti dai maltrattamenti e
decimati da operazioni assassine tese a liberarsi di “inutili bocche da
sfamare”. In agosto del 1944 i sovietici raggiunsero la Romania, in settembre
la Bulgaria, in autunno erano a Varsavia.
L’avvicinarsi inesorabile
dell’esercito russo e l’esaurimento di ebrei da sottoporre all'assassinio
sistematico dentro alle strutture di sterminio di Auschwitz indussero le
autorità tedesche a sospendere lo sterminio il 2 novembre 1944, dopo 19 mesi di
una spaventosa ecatombe. Per la prima volta dopo mesi, il 3 novembre 1944 un
convoglio carico di ebrei, anziché subire come di norma la selezione iniziale
tra abili da introdurre in campo e inabili (cioè donne con bambini appresso,
anziani, persone con i capelli bianchi, bimbi e adolescenti sotto i 13 anni),
fu fatto entrare interamente nel campo. Poco prima che intervenisse questo
cambiamento, molta parte di Birkenau era stata svuotata tramite uccisione con
camere a gas dei suoi abitanti. Tra il 29 agosto e il 29 ottobre, 3284 detenuti
del campo di quarantena maschile erano stati assassinati, mentre tra settembre
e novembre, stessa sorte era toccata alla maggioranza dei componenti del
Sonderkommando, gli addetti alle camere a gas testimoni oculari del genocidio. Il
14 ottobre era iniziata la demolizione dell’interno del crematorio IV fatto
saltare in precedenza dai rivoltosi del Sonderkommando, il 25 novembre la
demolizione del crematorio II e il 1° dicembre del crematorio III. Il
Crematorio V fu lasciato in attività fino a metà gennaio del 1945.
Non è escluso che alla decisione
della sospensione dello sterminio abbia contribuito il fatto che ormai la
notizia sul genocidio degli ebrei era divenuta cosa nota in Occidente e che di
lì a poco, nello stesso mese di novembre un rapporto in tale senso sarebbe
stato pubblicato a Washington a cura del War Refugee Board e simultaneamente a
Ginevra. Alla fine di novembre 1944 in effetti anche il grande pubblico poté
leggere con orrore sul New York Times i particolari raccapriccianti delle
azioni tedesche all’interno del campo di Auschwitz. Nel frattempo, sotto la
pressione dell’avanzata sovietica, era iniziata l’evacuazione del campo stesso.
Secondo le direttive contenute in un documento del 21 dicembre 1944 a firma
Fritz Brach, Gauleiter dell’Alta Slesia, i prigionieri di guerra e i detenuti della
provincia dovevano, in caso di minaccia diretta da parte del nemico, essere evacuati
a piedi, almeno nella prima tappa del viaggio.
I comandanti di queste colonne di
prigionieri dovevano considerare i detenuti che tentavano la fuga come
colpevoli di sabotaggio, fatto che comportava l’immediata fucilazione. L'ordine
specifico per la liquidazione dei prigionieri di Auschwitz inabili alla marcia
fu dato dal comandante delle SS e della polizia di Breslau, Schmauser, il 20
gennaio del 1945. Tra il 18 e il 21 gennaio 1945, 58.000 detenuti vennero fatti
uscire incolonnati dal complesso Auschwitz-Birkenau-Monowitz e dai sottocampi
diretti verso ovest. La strada più lunga fu percorsa da 3.200 prigionieri del
sottocampo di Jaworzno fino al Konzentrationslager Gross-Rosen nella Bassa
Slesia, circa 250 chilometri a piedi. Durante le marce, non a caso chiamate
“marce della morte”, i prigionieri che avanzavano nella neve e nel fango del
duro inverno slesiano, denutriti e insufficientemente vestiti, erano sorvegliati
da guardie armate che uccidevano senza pietà coloro che tentavano la fuga o
rimanevano indietro. Dopo la marcia a piedi fino alle cittadine di Gliwice o di
Wodzislaw Slaski, i prigionieri che riuscirono ad arrivarci, sfiniti dalla fame
e dal freddo, vennero caricati su vagoni merci scoperti per essere trasportati nei
campi di concentramento posti all'interno del Reich. I principali campi di
destinazione furono: Gross Rosen, Buchenwald, Sachsenhausen, Ravensbrueck.
Poiché non avevano diritto al cibo,
la maggior parte di essi, infreddoliti, affamati, febbricitanti, morì durante quel
terribile viaggio, scivolando semplicemente in mezzo ai compagni impossibilitati
a muoversi per il sovraffollamento. Le strade dove passavano le colonne in marcia,
così come le vie ferroviarie erano disseminate di migliaia di corpi di prigionieri
fucilati o morti di sfinimento e di freddo. In alcune località, come nei pressi
della cittadina di Rybnik nella notte tra il 21 e il 22 gennaio, le SS
massacrarono, senza un'apparente ragione, gruppi cospicui di prigionieri.
Durante la marcia dei prigionieri dal sottocampo di Blechhammer a Gross Rosen,
altri 800 detenuti furono massacrati. Il numero, non ufficialmente noto, delle
vittime delle cosiddette marce della morte, è stimato tra 9000 e 15.000
persone.
Il 26 gennaio 1945, le truppe
russe avanzando da est attraversarono la Vistola dirigendosi decisamente verso la
regione dell’Alta Slesia. Si trattava della 60ª Armata del Primo Fronte Ucraino.
Tre divisioni circondarono le forze tedesche ad Auschwitz: quella che avanzava più
rapidamente, la 100ª del 106° Corpo raggiunse Monowitz la mattina del 27
gennaio 1945. A mezzogiorno dello stesso giorno i russi marciavano nel mezzo
della città di Oswieçim e al pomeriggio raggiunsero Birkenau e il
Konzentrationslager di Auschwitz dove incontrarono una debole resistenza da
parte di gruppi di tedeschi in ritirata. Alle ore 15, anche i due campi venivano
liberati. Il comandante dell’Armata Rossa che liberò Auschwitz, a costo della
vita di 231 soldati russi, fu il generale Pawel Kurochkin. Il totale dei
prigionieri liberati in tutto il comprensorio di Auschwitz fu di 7000 persone,
affamate e debilitate dalla lunga attesa, senza un briciolo di speranza
di sopravvivere. Assieme ai
prigionieri liberati, i soldati russi trovarono i resti dei falò di documenti
bruciati dai tedeschi in ritirata. I crimini perpetrati dentro ad Auschwitz
avevano però lasciato tracce dappertutto: cumuli di vestiti, di occhiali, di
capelli, di protesi, di giocattoli, di valigie e di tutti gli oggetti portati colà
dai poveri deportati, oltre a montagne di ceneri di corpi cremati, erano là ad accusare
i nazisti. Per prima si mise al lavoro la Commissione sovietica di
investigazione dei crimini nazisti, sostituita dopo un mese dalla Commissione
polacca diretta dal giudice Jan Sehn. La parola era ora alla giustizia
internazionale.
“l’Unità”, 26 gennaio 2004
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