L'«ideologia», dichiarata
defunta, ritorna in forme impreviste, e alquanto fatue, come ideologia dell’Europa, come valore in sé!
L'«europeicità» è diventata la nuova ideologia, soprattutto presso la ex
sinistra. Qui alligna ormai sempre più spesso il monito intimamente compiaciuto
e pensoso: «Ce lo chiede l'Europa!». Un tale ritornello, che serve a tappare la
bocca a qualunque rilievo critico, è solo una parte dell'ideologia
"europea". Si finge infatti che l'epiteto «europeo» (di cui si
ignorano peraltro il contenuto e il significato, nonché l'ambito geografico)
possa, e anzi debba, riferirsi - qualificando e promuovendo - a un qualche
oggetto o fatto o comportamento. Per non parlare della "prospettiva"
che è tenuta sempre ad essere "europea". Viene in mente un docente il
quale molti anni addietro - vero precursore di questa importante svolta
ideologica - dichiarò agli amici, con aria compunta e compresa della nobiltà
dell'atto, di aver divorziato dalla consorte, ma in maniera - così egli
assicurò - del tutto "europea"!
Non vi è soltanto comicità
involontaria in questo modo di pensare e di esprimersi. Vi è anche una
istintuale ideologia soft-razziale. Tutto ciò che non è "europeo" è
peggio. Ed è esilarante pensare che i portatori di questa nuova ideologia siano
totalmente immemori della vera realtà del fenomeno Europa: epicentro di imperi
coloniali ferocissimi e di due guerre mondiali regalate all'umanità intera
nella sola prima metà del Novecento, ma ora luogo geometrico di un contrito
quarto o quinto umanesimo lastricato di buone intenzioni, ora che la forza
militare si è dislocata definitivamente altrove!
Da È l’Europa che ce lo chiede, Laterza 2012
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