E’ un anno che il giornalista
Fabrizio Ricci, insieme ad altri, cerca di riannodare i fili che – anche in
Umbria – legano droga, mafie, riciclaggi. E' uscito oggi un corposo dossier con
la prefazione di Luigi Ciotti, il prete di strada che – dopo aver promosso il
Gruppo Abele - è oggi presidente di Libera, il più importante network
antimafia. Una prima minuscola anticipazione dei risultati del lavoro d’inchiesta, firmata da
Ricci, a proposito del caso Barranca, fu pubblicata esattamente un anno fa su
“Libera Informazione”. La posto qui per sollecitare attenzione al dossier, che è in distribuzione gratuita a cura di Libera Umbria. (S.L.L.)
Foligno, aerofoto del centro storico |
Questa e’ una storia che dal
cuore della Lombardia arriva al centro del Paese, a Foligno, in Umbria e corre
sul filo delle vicende giudiziarie di Cosimo Barranca, a lungo il capo della
‘ndrangheta di Milano. Barranca e’ stato anche, per anni (e almeno fino al
2007), il responsabile della “Lombardia”, la struttura regionale di raccordo
tra tutte le “locali” presenti nella regione del nord e la “Provincia”,
l’organismo supremo della ‘ndrangheta, insediato nella provincia di Reggio
Calabria. Uomo di fiducia di famiglie storiche come i Barbaro, i Pelle e,
soprattutto, i Commisso, potente ‘ndrina di Siderno, Barranca poteva anche
vantare rapporti con ambienti amministrativi e politici lombardi. Inoltre, da
capo della locale di Milano, è stato uno degli avversari principali di Carmelo
Novella, colui che voleva rendere la “Lombardia” più autonoma rispetto alla
Calabria e che, secondo le ricostruzioni fatte finora, è stato per questo
ammazzato nel 2008 in un bar a San Vittore Olona.
Cosimo Barranca, nativo di
Caulonia, è attualmente in carcere, dove deve scontare una pena (primo grado di
giudizio) a 14 anni di reclusione. La condanna è arrivata al termine della più
grande operazione contro la ‘ndrangheta al Nord, conosciuta come “operazione
Infinito”. Ma la vicenda di questo potente mafioso interessa in qualche modo
anche l’Umbria. Cosimo Barranca ha un fratello, che si chiama Armando ed è nato
anche lui a Caulonia, il 18 luglio del 1961. Seppure rivestendo un ruolo
nettamente subordinato, anche lui è affiliato alla “locale” di Milano e
“seguendo le direttive del fratello Cosimo, dispone delle armi del gruppo e coadiuva
Giuseppe Salvatore (vero luogotenente del capo, ndr) nelle attività illecite
afferenti gli stupefacenti e le truffe”. Un giorno ad esempio, insieme al
“socio” Salvatore, Armando Barranca partecipa a un traffico di 10 chilogrammi
di hascisc; in un’altra occasione, proprio prima di mettersi in viaggio alla
volta di Foligno, consegna una pistola ad un terzo soggetto. Armando Barranca
risulta domiciliato a Legnano, insieme a Giuseppe Salvatore, ma la sua
residenza ufficiale è in Umbria, a Foligno. Qui Barranca ha anche avviato e
portato avanti per alcuni anni un’attività commerciale. Negli atti
dell’inchiesta Infinito si legge infatti: “L’indagato non svolge alcuna
attività lavorativa dopo aver ceduto un esercizio commerciale sito in Foligno
nell’anno 2007”.
In realtà, da una visura
camerale, risulta che il locale di Barranca a Foligno, una pizzeria-ristorante
che si chiama “La Lampara” e si trova in via Fratelli Ottaviani (locale
attualmente chiuso), sia stato ceduto da Barranca soltanto nel 2009, ad un
cittadino di nazionalità straniera. Ma, al di là della pizzeria, Armando
Barranca, uomo della ‘ndrangheta milanese, condannato a 8 anni di carcere nel
primo grado del processo “Infinito”, risulta avere un ruolo attivo in Umbria
anche sotto altri profili. Ad esempio, si legge ancora nella sentenza del
giudice Roberto Arnaldi, del tribunale di Milano, “Barranca Armando
intratteneva rapporti anche con Commisso Giuseppe”, conosciuto come “U Mastru”,
della locale di Siderno, ritenuto uno dei personaggi chiave della ‘ndrangheta
calabrese. Ebbene, in un’occasione, proprio “U Mastru”, intercettato dalla
polizia, parla di un “preventivo” (un termine convenzionale, secondo gli
inquirenti) da mostrare “ad alcune persone” e afferma che avrebbe provato “con
Armando anche a Foligno”. Ora: cosa si intende per preventivo? Quale ruolo
svolgeva Barranca sul territorio umbro e perché un potente ‘ndranghtista come
Giuseppe Commisso vuole “provare anche a Foligno”? Forse, la frase indica solo
una richiesta di intermediazione da parte di Armando Barranca, residente a
Foligno, che non coinvolge però il territorio. Forse, è vero il contrario.
Quello che si può aggiungere è che presso il carcere di Spoleto, a pochi
chilometri di distanza da Foligno, era detenuto fino al 2009 il fratello di
Giuseppe Commisso, Cosimo, alias “Quagghia”, che tra il 2008 e il 2009, come
riportano le cronache, risultò coinvolto tra l’altro nell’operazione denominata
“Cleaning” che ha portato all’arresto del medico Silvio Fiorani, ex dirigente
del servizio sanitario del supercarcere spoletino, accusato di aver fornito
certificazioni false in cambio di compensi a detenuti che puntavano ad ottenere
permessi premio o riduzioni di pena, tra i quali anche l’ergastolano Cosimo
Commisso, condannato ad 8 mesi insieme al medico. Ma ci sono anche altri
elementi che vale la pena citare.
Il primo è il rapporto che
Armando Barranca ha con Salvatore Strangio. Si legge ancora nella sentenza
Infinito: “E’ stato Barranca Armando ad avere creato il contatto tra suo
fratello Cosimo e Salvatore Giuseppe con Strangio Salvatore: in particolare,
Caparrota Basilio, un calabrese dimorante nella zona di Foligno, forniva a
Barranca Armando l’utenza intestata a Perego Strade Srl e nella disponibilità
di Strangio. Dal contenuto delle conversazioni emerge che Strangio Salvatore e
persone a lui vicine, avevano necessità di accedere a finanziamenti e, grazie
all’intervento di Barranca Armando e di Salvatore Giuseppe, Strangio veniva
messo in contatto con Mercuri Liliana”. Quest’ultima è descritta negli atti di
un altro ramo del procedimento, quello scaturente dall’operazione “Tenacia”,
come una sorta di “mediatrice”, sia attraverso società di consulenza
finanziaria, sia come “talpa” nelle forze di polizia, dove reperisce
informazioni utili per lo stesso Strangio. Poi c’è Caparrotta Basilio, già
coinvolto in diversi procedimenti penali e vittima di due attentati “eseguiti
con esplosione di colpi di arma da fuoco”, che risulta essere inquadrato
all’interno della Cosca dei Bonavota, operante nel vibonese. A quanto pare
anche lui si muoveva nella zona di Foligno. Ma la figura più interessante è
senz’altro quella di Salvatore Strangio, nato a Natile di Careri (RC) il
5/12/1954. Strangio, a Milano, è l’uomo della ‘ndrangheta che entra nel mondo
imprenditoriale, assumendo il controllo della ditta Perego Strade Srl, e punta
dritto ai lavoratori per l’Expo 2015. Condannato a 12 anni nel processo
Infinito-Tenacia, Strangio è però anche una vecchia conoscenza in Umbria. Nel
2007 fu coinvolto, infatti, nell’operazione Naos, una delle principali
operazioni contro le mafie (‘ndrangheta, ma anche Camorra) nel Cuore Verde
d’Italia, condotta dalla Dda di Perugia e poi passata per competenza a quella
di Reggio Calabria e recentemente archiviata. Tuttavia, sono gli stessi giudici
milanesi a ricordare, in un’ordinanza del procedimento “Tenacia” (collegato ad
Infinito), il ruolo di Strangio nell’operazione condotta a Perugia. Il
soggetto, scrivono, “era collegato al principale
indagato, Ielo Carmelo, già organico alla cosca
‘Morabito-Bruzzaniti-Palamara’ di Africo Nuovo (RC), ed al suo braccio destro
Martelli Luigi, il cui nominativo sarà rilevato anche nella presente indagine
(Tenacia, ndr). Ma un aspetto sicuramente interessante è che in quell’indagine
(Naos, ndr) Strangio conversava telefonicamente, e con una certa frequenza, con
un “Andrea”, non meglio indicato, e che sarà poi identificato nel nominato
Pavone Andrea. Proprio con riferimento a quest’ultimo Martelli lo indicava come
ottimo intermediario con le banche ed in grado di creare una società “pulita”,
con la quale occultare del denaro”. Insomma, un bell’intreccio di personaggi,
sicuramente pericolosi, che tornano insistentemente ad affacciarsi, più o meno
stabilmente, in Umbria.
Un legame tra l’Umbria e la Lombardia,
d’altronde, era già emerso in altre occasioni, ad esempio nelle indagini che
hanno appurato la presenza in Umbria e l’attività sull’asse Milano-Perugia dei
Facchineri di Cittanova (Reggio Calabria), famiglia insediatisi nell’Alto
Tevere già dagli anni ’80 per fuggire a una guerra tra famiglie rivali in
Calabria. Oppure in quelle che hanno coinvolto i Farao-Marincola di Cirò Marina
(Kr), altra cosca molto potente, specializzata nel traffico di droga, spesso in
sinergia con le cosche del reggino ionico. I Farao-Marincola sono radicati in
Lombardia e in altre regioni del Nord, ma risultano implicati anche in un paio
di operazioni in Umbria: l’operazione Girasole del 2001 (prostituzione e
traffico di droga) e l’operazione “Acroterium” del 2007 (traffico di droga).
Insomma, i pericoli di infiltrazione e contaminazione non arrivano solo da Sud.
La presenza mafiosa nel centro-nord è ormai talmente vasta e sistematica da
rappresentare un altro fronte di potenziale pericolo e una “rotta” da tenere
sotto controllo con la massima attenzione.
libera informazione, marzo 2013
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