Di ritorno da Milano, ov’era
stata in mostra a Palazzo Marino dal 28 novembre 2013 allo scorso 12 gennaio,
la Madonna di Foligno, prima di rientrare ai Musei Vaticani s’è fermata a
Foligno, in esposizione al Convento di Sant’Anna dal 18 al 26 gennaio. Successo
clamoroso: in poco più di una settimana cinquantamila presenze. Pare che nessun
Folignate in grado di compierla si sia sottratto all’obbligo di una visita.
Qualcuno ha commentato: moda, imitazione, presenzialismo, campanilismo. E’
probabile che ci sia un po’ di tutto questo alla base delle lunghe code davanti
al Convento, ma è comunque da sperare che ne siano scaturiti curiosità e
interessi e che alla fine la cosa giovi al vivere civile della città. Qui ho
ripreso un bell’articolo sulla storia e i misteri del dipinto che ha risposto a molte
mie domande. (S.L.L.)
Persino Giorgio Vasari, che di
quadri ne aveva visti molti, entrando a metà Cinquecento nella chiesa di Santa
Maria dell'Aracoeli a Roma era rimasto quasi senza fiato. Sopra l'altar maggiore
aveva ammirato un quadro di Raffaello «singulare e bellissimo», con una «Nostra
Donna in aria con il Cristo putto che scherza con il manto della Madre» e i
Santi Giovanni, Francesco e Gerolamo, quest'ultimo in atto di raccomandare alla
Vergine un «cameriere di papa Giulio».
Si tratta dello stesso dipinto
che i milanesi possono ammirare fino al 12 gennaio 2014 nella Sala dell'Alessi
di Palazzo Marino a Milano, ma non nella posizione lontana e inaccessibile in
cui lo vide Vasari sull'altare dell'Aracoeli, bensì a misura d'uomo,
praticamente a terra, e così a portata di mano che ci si potrebbe accomodare
dentro. Tra l'altro sotto una luce magnifica.
Il quadro in questione è uno dei
capolavori assoluti di Raffaello, è una grande pala d'altare originariamente dipinta
su tavola e oggi su tela, alta tre metri e larga quasi due, che venne
realizzata a Roma nel momento di maggior fervore creativo del maestro urbinate,
tra il 1511 e il 1512. Raffaello sta decorando le Stanze Vaticane e
contemporaneamente dipinge affreschi, ritratti e pale d'altare di sublime
equilibrio classico. In più ha scoperto il colore rutilante dei pittori veneti
e gli accenti chiaroscurali dei pittori ferraresi: a questa fase magica
appartiene il capolavoro che abbiamo dinnanzi, universalmente noto con il nome
«singulare» di Madonna di Foligno.
La lettura del dipinto, i suoi
enigmi e le vicende storiche che lo hanno visto protagonista costituiscono la
trama di un'avventura avvincente, e credo sia utile rievocarla qui, per sommi
capi, al fine di possedere una piccola chiave di comprensione dell'opera ora a
portata di mano.
Cominciamo con la semplice
lettura. Che cosa vediamo? Partendo dall'alto vediamo una Madonna con Gesù
Bambino in braccio, inserita in un disco solare sullo sfondo e seduta su un
ammasso di nuvole che si trasformano verso l'alto in una corona di figure
angeliche. La Vergine appare a cinque personaggi raffigurati in basso. A
sinistra c'è San Giovanni Battista vestito di pelli che guarda verso di noi e
ci indica la visione celeste. Davanti a lui, inginocchiato, c'è San Francesco
d'Assisi che contempla in estasi l'apparizione mariana, e dalla parte opposta
c'è San Gerolamo vestito di blu, con il leone ai suoi piedi, che presenta a
Maria e al Figlio un nobile vegliardo in ginocchio, ritratto con grande
incisività, abbigliato di velluto nero con cappa rossa dai risvolti di
pelliccia bianchi. Al centro del quadro è rappresentato un angelo che, alzando
gli occhi alla divina apparizione, regge tra le mani una targa priva di
iscrizione (tecnicamente una «tabula ansata»). Dietro di lui si apre un
bellissimo paesaggio, con campi e montagne, al centro del quale si scorge un
abitato attraversato da un fiume, con torri, ponti e case. sopra una casa si
nota un ammasso di luce arancione che sta per precipitare dal cielo e colpire
un edificio. Contemporaneamente un arco di luce gialla sovrasta la cittadina
sotto un cielo nuvoloso.
Questo è ciò che vediamo. Ora
dobbiamo cercar di decifrare il significato di queste immagini. E cominciamo
dall'alto. La chiave per comprendere l'apparizione si trova nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze.
Questo libro narra che la Sibilla Tiburtina venne convocata da Augusto lo
stesso giorno della nascita di Gesù, attorno a mezzogiorno. L'imperatore voleva
sapere dalla profetessa se fosse legittima l'idea formulata dal Senato di
venerare il sovrano come un dio. Ma la Sibilla ebbe all'istante una grandiosa
visione: sopra il Campidoglio di Roma vide apparire nel cielo un sole d'oro
dentro il quale stava seduta una donna con un bambino in grembo. Mostrando la
visione ad Augusto, la Sibilla ammonì l'imperatore: «Questo bambino è più
grande di te, perciò adoralo». E una voce dal cielo proclamò: «Hoc est ara
coeli! (Questo è l'altare del cielo!)». A seguito di ciò, Augusto rinunciò a
farsi adorare come dio ed eresse un "altare del cielo" sul
Campidoglio a ricordo della visione, nel punto in cui sarebbe sorta la chiesa
mariana detta appunto «dell'Aracoeli».
Il quadro rievoca dunque
l'episodio dell'apparizione della Vergine alla Sibilla Tiburtina e ad Augusto
ed era destinato all'altar maggiore della chiesa dell'Aracoeli di Roma dove
Vasari, come abbiamo accennato, ebbe modo di ammirarlo personalmente.
Nel dipinto Raffaello immagina
che anche i Santi Giovanni Battista, Francesco e Gerolamo assistano alla
visione di Augusto e la indichino ai fedeli. Il Battista è qui in veste di
precursore di Cristo (ecco il significato del suo gesto indicante), San
Francesco è l’«alter Christus» dotato di stigmate che mostra con la destra, ma
è anche il titolare dell'Ordine Francescano che gestiva la chiesa
dell'Aracoeli. E poi c'è San Gerolamo, considerato il primo segretario
apostolico della storia, qui ritratto in qualità di protettore del committente
del quadro, che era - come dice Vasari - il «cameriere» di papa Giulio II della
Rovere, ovvero il suo «maestro di camera» e segretario particolare.
Questo personaggio è ovviamente
decisivo per la comprensione dell'opera. Vediamo di conoscerlo. Il suo nome era
Sigismondo de' Conti, era un raffinato umanista nato a Foligno nel 1432 e morto
a Roma il 24 febbraio 1512 che aveva lavorato con Sisto IV, Innocenzo VIII,
Alessandro VI e Giulio II come storico di corte (scrisse una Historia sui temporis libri XIX) e come
segretario pontificio con mansioni varie, che andavano dalla stesura delle
lettere papali all'espletamento di missioni diplomatiche. Il fatto che nel
quadro egli indossi il robone rosso non deve trarre in inganno: essendo
coniugato con prole, Sigismondo de' Conti non poté mai assurgere alla carica di
cardinale.
Il maestro di camera di Giulio II
si spense nel febbraio del 1512 e venne sepolto nel coro della chiesa di Santa
Maria dell'Aracoeli. Prima di morire aveva commissionato a Raffaello questa
pala per l'altar maggiore posto a pochi passi dalla sua tomba. È interessante
ricordare che il coro dell'Aracoeli era allora ammantato di affreschi di Pietro
Cavallini (poi distrutti) che illustravano proprio le «Storie della visione di
Augusto e della Sibilla Tiburtina».
Fece in tempo Sigismondo de'
Conti a vedere l'opera finita? Non lo sappiamo. Secondo alcuni studiosi
Raffaello portò a termine il quadro dopo la morte del committente e il profilo
scheletrico di Sigismondo deriverebbe dalla sua maschera funebre.
Tuttavia non è questo l’enigma
più rilevante del quadro. I veri misteri si concentrano nella figura
dell’angelo centrale che regge la targa senza scritta, e nel paesaggio di
fondo, con la singolarissima scena di una "bomba" arancione che sta
per colpire una casa.
Che cosa significano questi
dettagli? Nessuno lo sa con certezza, ma naturalmente sono state avanzate
molte ipotesi. Le sintetizziamo in due filoni.
Il primo filone vedrebbe in
quell'oggetto volante e infuocato una cometa che sfreccia sopra Betlemme in
occasione della nascita di Cristo, legando così il paesaggio alla scena della
visione di Augusto soprastante. Il putto angelico con la targa muta in primo
piano alluderebbe in questo caso alla destinazione funebre del pala,
richiamando il dettaglio dei sarcofagi paleocristiani dotati di «tabula ansata»
priva di iscrizione, un elemento iconografico che rimandava simbolicamente
all'anima umana e alla vita dopo la morte.
Un secondo filone ritiene che la
pala rappresenti un colossale ex voto alla Vergine dell'Aracoeli per uno
scampato pericolo da parte di Sigismondo de' Conti. Un meteorite caduto dal
cielo avrebbe lasciato miracolosamente illesa la sua
casa. Oppure un fulmine, scatenatosi nel bel mezzo di una tempesta tra nuvole
minacciose e la presenza dell'arcobaleno, avrebbe risparmiato la vita del
segretario. In entrambi i casi, il putto angelico avrebbe retto la targa con
le parole dell'ex voto, che però il de' Conti non sarebbe riuscito a dettare
per tempo essendo sopraggiunta la morte. Stiamo navigando nel mare incerto delle
ipotesi.
Più solide certezze ce le
fornisce invece la storia successiva del quadro. Eccola. A seguito
dell'abbattimento dell'antica abside medievale dell'Aracoeli voluta da papa
Pio IV nel 1564, i parenti di Sigismondo de' Conti ritirarono l'opera di Raffaello
e la portarono a Foligno presso il convento delle Contesse, di cui era badessa
Anna de' Conti, nipote di Sigismondo. La pala prese da allora il nome di
«Madonna di Foligno». Per due secoli le suore folignati subirono pesanti
pressioni per vendere l'opera (ad esempio da Augusto II di Sassonia), ma
resistettero con dignità. Non poterono tuttavia fermare le truppe di Napoleone che in virtù del trattato di
Tolentino (1797) prelevarono il dipinto e lo spedirono a Parigi. In Francia
avvenne il trasporto della pellicola pittorica dalla tavola alla tela, e quando
la stella di Napoleone tramontò Antonio Canova riportò l'opera a Roma.
A questo punto le suore di Foligno preferirono vendere il "loro" Raffaello al papa, e dal 1816 la Madonna di Foligno entrò a far parte della Pinacoteca Vaticana. Qui fu sottoposta ad amorevoli cure e restauri ma visse anche un momento di gravissimo pericolo: il 27 gennaio 1989 un visitatore in sedia a rotelle di nome Thomas Lange si avvicinò al quadro, gettò su di esso del liquido infiammabile e tentò di incendiarlo. La reazione immediata di un custode vaticano, che con un cappotto estinse le fiamme, salvò il Raffaello. A Milano - nonostante sia davvero a portata di mano - il quadro è al sicuro. Si trova collocato dentro un'invisibile e solidissima vetrina Goppion, in grado di resistere - garantiscono - a colpi di fulmine e a eventuali piogge di meteoriti.
"Il Sole 24 ore", domenica 8 dicembre 2013
A questo punto le suore di Foligno preferirono vendere il "loro" Raffaello al papa, e dal 1816 la Madonna di Foligno entrò a far parte della Pinacoteca Vaticana. Qui fu sottoposta ad amorevoli cure e restauri ma visse anche un momento di gravissimo pericolo: il 27 gennaio 1989 un visitatore in sedia a rotelle di nome Thomas Lange si avvicinò al quadro, gettò su di esso del liquido infiammabile e tentò di incendiarlo. La reazione immediata di un custode vaticano, che con un cappotto estinse le fiamme, salvò il Raffaello. A Milano - nonostante sia davvero a portata di mano - il quadro è al sicuro. Si trova collocato dentro un'invisibile e solidissima vetrina Goppion, in grado di resistere - garantiscono - a colpi di fulmine e a eventuali piogge di meteoriti.
"Il Sole 24 ore", domenica 8 dicembre 2013
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