Una trasposizione filmica di Lucy Westenra |
Fantasmi, vampiri e altri mostri
nella Roma antica, grazie a Flegonte di Tralle, «ripescato» dal filologo
classico Tommaso Braccini, docente all'Università di Torino che ha curato (insieme
a Massimo Scorsone) Il libro delle
meraviglie e tutti i frammenti (pp. 115, 25 euro, Einaudi). Ne parliamo con
il curatore.
Come e dove ha incontrato Flegonte?
«Il mio incontro con Flegonte
risale a quando studiavo all'università di Firenze: approfittando di un certo
margine di tempo libero che era concesso a noi studenti del vecchio ordinamento
(gli ordinamenti successivi hanno prodotto un'irreggimentazione non sempre
positiva da questo punto di vista...), mi divertivo a scovare in biblioteca testi
curiosi e poco noti che magari avevo trovato indicati in una noticina del
manuale di letteratura greca o latina. Mi ricordo che iniziai a sfogliare il
testo con curiosità, trovandomi subito catapultato nel bel mezzo della storia
di Filinnio, la morta innamorata. Rimasi subito molto colpito e affascinato,
anche perché quella che emergeva era un'antichità davvero poco convenzionale, e
da allora ho sempre continuato a frequentare Flegonte, fino ad arrivare a
curare quest'edizione insieme a Massimo Scorsone».
Chi sono e cosa hanno in comune Filinnio e Lucy Westenra?
«Filinnio, nel racconto di
Flegonte, è una fanciulla greca che muore giovanissima, subito dopo il
matrimonio. Questa scomparsa prematura la lascia per così dire affamata
d'amore, e per questo sei mesi dopo la sepoltura ottiene dagli dei degli Inferi
il permesso di tornare tre notti sulla terra per amare un giovane uomo, Macate,
che nel frattempo è giunto come ospite in casa dei suoi genitori. Saranno
proprio questi ultimi, accortisi che stava accadendo qualcosa di strano, a fare
irruzione nella stanza del giovane nel corso della terza notte, rompendo questa
sorta di incantesimo. Filinnio cade di nuovo morta, questa volta
definitivamente; Macate, sconvolto, si suicida. Anche Lucy Westenra, uno dei
personaggi più memorabili del Dracula
di Stoker, muore giovanissima, alla vigilia del matrimonio: tornerà come una
voluttuosa e feroce vampira, che prima di finire impalata dal vampirologo Van
Helsing cercherà di sedurre e uccidere il fidanzato Arthur. Entrambe queste
figure sono revenantes, morte che
ritornano, per quanto Lucy sia sicuramente più minacciosa. Ma tra le due molto
probabilmente c'è un legame: la più mite Filinnio, infatti, in età moderna era
stata spesso citata come esempio di inquietante cadavere posseduto dal demonio
in vari manuali per inquisitori e raccolte di storie di spettri, e da lì il
personaggio era stato recuperato da Goethe, che l'aveva rielaborato nella sua Sposa di Corinto facendolo diventare il
prototipo della perfetta vampira, che poi ispirò tutta la produzione letteraria
successiva, compreso il Dracula di
Stoker».
Anais Nin osservava: «Non vediamo le cose come sono, le vediamo come
siamo noi», che cosa hanno visto dunque nel Libro delle meraviglie autori come
Goethe o Le Fanu o Leopardi?
«Autori come Goethe o Le Fanu
probabilmente vi videro una sorta di proprio precursore, un anello di
congiunzione che univa l'antichità classica, che per entrambi costituiva un
punto di partenza irrinunciabile, al gusto moderno del romanticismo e della
nascente letteratura dell'orrore. L'approccio di Leopardi è più indiretto: lui
arriva ad emendare e cesellare filologicamente il testo di Flegonte perché
incuriosito da quelli che riteneva gli errori popolari degli antichi ».
E che cosa ci ha visto lei?
«Io ho visto nel Libro delle meraviglie un prezioso e
affascinante frammento sopravvissuto quasi miracolosamente (in un solo codice
medievale, per giunta assai malconcio) al naufragio di tanta parte della
letteratura antica, soprattutto quella meno canonica».
Se dovesse aggiungere un
frammento alle meraviglie elencate da Flegonte, quale «meraviglia»
contemporanea sceglierebbe?
«Nel Libro delle meraviglie c'è una continua tensione tra l'umano e il
non-umano: non solo vengono ricordati revenants
che tornano misteriosamente dall'aldilà, ma anche il rinvenimento di fossili di
giganti, e la nascita o la cattura di creature mostruose... Forse una
meraviglia contemporanea, se posso sconfinare nella fantasia, potrebbe essere
la notizia del rinvenimento di un alieno, magari ibernato nei ghiacci
dell'Antartide, e trasferito in qualche deposito segreto governativo: non
sarebbe troppo distante dal paragrafo in cui Flegonte riferisce della cattura
di un centauro in una remota località dell'Arabia, dalla quale poi i resti
dell'essere, appositamente imbalsamati, erano stati inviati a Roma dov'erano
custoditi nei depositi imperiali».
‘Se l'ho scritto esiste’, questa pare l'idea ontologica chiusa in molti
frammenti del libro di Flegonte. Lei, come filologo, si sente abbastanza
creatore?
«Il vero creatore, da questo
punto di vista, è il narratore: il lavoro del filologo è più simile a quello di
un critico d'arte o di un restauratore di quadri. Però, per parafrasare una
celebre massima latina, proprio in quanto studioso di testi il filologo sa che quod non est in scriptis non est in mundo:
ciò che non è scritto, non esiste».
Chiara Valerio
l’Unità, 12 Dicembre 2013
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