In Miti minori
Giuseppe Scaraffia, un francesista che spesso sceglie per le sue
indagini percorsi tematici (è autore di due interessanti repertori
sul dandy e sulla
femme fatal), insegue
- all'interno delle storie “di genere” (la letteratura popolare,
il cinema, i serial televisivi) - soprattutto di quelle del filone
“giallo” - miti non riconducibili a un solo personaggio ma
presenti in varie forme in quella produzione narrativa: luoghi,
oggetti, pratiche, tipi umani (o extraumani come “il mostro” o
“il lupo mannaro”). Non è un gran libro: non pochi dei circa
cinquanta capitoletti non sfuggono all'impressione di una banalità
pretenziosa; ma qualche caratterizzazione gli riesce bene. Così in
questa del “ladro gentiluomo” che tocca il suo apice nella figura
di Arsenio Lupin. (S.L.L.)
La mano affusolata, che
sfiora garbatamente la cassaforte, ha le unghie curate. Tra qualche
ora si poserà nuovamente sulla vana corazza d acciaio, ma sarà
velata da un morbido guanto nero.
Nessun ostacolo può
arrestare il ladro gentiluomo. Allo spettatore è facile
individuarlo. È sempre quello vestito con la maggiore raffinatezza,
ma anche al buio resta inconfondibile la garbata ironia della sua
voce. Tra tutti i sospettabili è l’unico che non abbassa mai gli
occhi, che non smarrisce mai il controllo di sé.
Nessun prestigio sociale
riesce a intimidirlo, nessuna porta è definitivamente chiusa per
lui. L’agio infinito, con cui volteggia nella ricca società che
frequenta, presuppone in lui una discendenza morale dai nobili
predatori dei secoli trascorsi. «Azioni illegali e legali si trovano
unite nel criminale-gentiluomo, come se fosse un individuo
assolutamente unitario», osserva Siegfried Kracauer. La regola
suprema del suo comportamento è la sfida silenziosamente lanciata
alle vigilatissime ricchezze dei parvenu. Galante, spiritoso e
squisito, il ladro gentiluomo è l’erede inconfessato di un altro
grande mito letterario, la Primula Rossa creata dalla Baronessa
Orczy, il frivolo lord inglese dedito, sotto mentite spoglie, al
salvataggio degli aristocratici prigionieri dei sanculotti.
In un secolo dominato,
come l'Ottocento, dalla potenza del denaro, il nuovo eroe prosegue la
missione della Primula depredando sistematicamente, e per il solo
gusto di farlo, la nuova, ancora rozza borghesia usurpatrice.
Nessuna serratura può
resistergli, perché egli possiede la chiave universale della
legittimità. Dopo una breve resistenza le combinazioni e le sbarre
riconoscono il loro legittimo proprietario. Le rocambolesche imprese
cui si dedica nella notte sono l’eco, la testimonianza di quelle
guerresche, da cui emanava la legittimità dell’aristocrazia. Le
sostituzioni dell’oggetto sottratto con un abile falso ribadiscono
la cecità dei derubati, la loro incapacità di distinguere
un’autenticità indipendente dal valore venale.
Nel messaggio irridente,
lasciato sul luogo del delitto, si cela il motto di uno stemma
insidiato dal progresso, ma non ancora domato. Quindi, in una tacita
celebrazione, il furto apparente riassume in sé l’evocazione di un
passato glorioso e la giusta vendetta.
La sua inesauribile
galanteria, eco ancora una volta di quella della sua classe, serve a
ribadire il primato delle virtù aristocratiche — godimento dei
piaceri, ardimento e fedeltà al sovrano — sulla stolida
accumulazione inaugurata dal capitalismo.
I cuori rubati non
vengono quindi investiti in una legittima unione, ma allegramente
sprecati in poche, indimenticabili ore.
Tutto gli appartiene. E,
se irride ai cittadini, proclamando pubblicamente i suoi piani dalla
tribuna di un giornale, è perché lo considera semplicemente il suo
foglio personale. Gli infiniti travestimenti cui, come la Primula
Rossa, indulge sono l’impronta rovesciata dell’affievolimento
della sua identità aristocratica, una debolezza strategicamente
trasformata in forza. Il dandy campeggiante in abito da sera sulle
copertine della serie di Arsène Lupin, opera dello scrittore belga
Maurice Leblanc, sorride sarcasticamente sotto il monocolo, ma anche
l’inappuntabile frac, in cui si riconoscono i viveur della Belle
Epoque, è solo il suo ultimo camuffamento.
Infatti l’abito da
sera, indossato insistentemente da un altro mito del xix secolo, il
vampiro, annuncia al tempo stesso l’imminenza della fine. I magici
invitati appaiono forse per l’ultima volta alla festa dell’umanità,
nell’intervallo concesso dalla notte alla coesistenza dei contrari
e all’ingresso dell’irrazionale. Come il vampiro succhia, anche
il ladro gentiluomo ruba per continuare a esistere. Se talvolta
restituisce il bottino a qualche fascinosa signora è perché gli
basta dimostrare l’appartenenza reale del tesoro sottratto.
I due travestimenti del
personaggio, la sobria mascherina e l’aderente tuta nera, che
lascia emergere solo gli occhi, mettono in risalto il lampo cupo
dello sguardo. Quei neri tessuti aderenti sono l’ultima scorza
d’un’armatura consumata dai secoli, interiorizzata al punto da
aderire plasticamente al corpo o ridursi, nel caso della maschera, a
una semplice citazione.
Per mantenersi snello,
Arsène Lupin frequenta ogni venerdì il bagno turco e non esita ad
abbronzarsi artificialmente con le prime lampade solari. Una cospicua
parte del bottino evapora nelle nuvole di Guerlain, in cui è
abituato a muoversi. Nei suoi soggiorni al Savoy di Londra, al Ritz
di Parigi o al Danieli di Venezia, può portare solo fluidi pigiami
di seta bianco avorio.
Il borghesissimo
commissario non riuscirà mai ad arrestarlo, malgrado il suo
cipiglio. Inseguito dai poliziotti, l’inafferrabile dandy non esita
ad avventurarsi nelle fogne di Parigi, senza lasciar mai scivolare
per terra il lucido cilindro.
Laggiù, nel regno
sotterraneo dell’inconscio e del passato, dove fognatura e
catacomba si confondono, sovrapponendosi inestricabilmente, nessuno
potrà mai raggiungerlo.
Il delinquente sublime
prosegue, come in Caccia al ladro di Hitchcock, la sua corsa
spericolata nel tempo, insidiata solo dal progressivo involgarimento
di una società in cui sempre meno persone sono disposte a farsi
abbagliare dal fascino ormai desueto di un’eleganza suprema.
Miti minori, Sellerio,
1995
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