Franca Valeri, 96 anni a
luglio, ha appena pubblicato da Einaudi La vacanza dei superstiti
(e la chiamano vecchiaia). Un libro pieno di humour;
altrimenti non sarebbe suo. Ma anche di affermazioni che lasciano
poca speranza.
Signora
Valeri, perché scrive che il Duemila è sterile?
«Perché le invenzioni
non hanno più il fascino fiabesco di Edison, né l’alterigia di
Marconi. La mia nipotina di 7 anni maneggia iPad e iPhone; io non
riesco a scrivere un sms. Me l’hanno spiegato cento volte: niente.
Non sono sciocca; è che sono nata troppo prima. Scrivere lettere era
una gran scocciatura: i tabaccai avevano sempre finito i francobolli.
Ma vuol mettere il fascino di una lettera?».
Però
lei il telefonino ce l’ha.
«È utile. Ma lo si usa
quasi solo per parlare, quasi mai per ascoltare. Una volta per
definire un pazzoide dicevi: “Parla da solo”. Ora il pazzoide ha
trovato un interlocutore».
Com’è la vita sulla
soglia dei cent’anni?
«Sempre bella, se si ha
la fortuna di star bene; e io sono fortunata. Ma non riesco più a
leggere. Una ragazza ha fatto la tesi di laurea su di me: un tomo
colossale. Non posso leggerlo. Ma come posso non leggere una tesi su
di me?».
Anche Rita Levi
Montalcini aveva questo problema. Lo risolse con una macchina
speciale che ingrandiva le lettere.
«Eccola là. La uso
anch’io. Ma con i libroni non funziona».
Suo padre era ebreo.
Nel 1938 lei aveva 18 anni. Dovette lasciare la scuola?
«Mi ero premunita: ero
rimasta a casa e feci due anni in uno. Ero al Parini. Per depistare
diedi l’esame al Manzoni. Non se ne accorsero. L’Italia ha sempre
avuto le sue inefficienze».
Poi arrivarono i
tedeschi.
«Ci furono tanti
italiani coraggiosi; e ci furono tanti vigliacchi. Mi salvò un
coraggioso: un impiegato del Comune di Milano, che mi procurò una
carta di identità falsa. Ho avuto un momento in cui io non ero io».
Dove si nascose?
«Dappertutto. In
Brianza. Sopra Lecco. Poi a Milano, in via Mozart, in una casa
bombardata. Sopra di noi viveva una ragazza, molto giovane e bella,
che si era appena sposata. Un giorno rientrando vidi la porta
socchiusa. D’istinto me ne andai. Dietro c’erano i tedeschi.
Presero la sposina. Non è mai tornata».
Lei si sente ebrea?
«Sarei perfetta se fosse
stata ebrea anche mia madre. Per i tedeschi bastava anche una zia; un
padre era abbastanza. E quindi sì, mi sento ebrea. Cose tipo le
leggi razziali rafforzano l’identità».
Lei scrive che non è
importante ricordare la prima volta che si è fatto l’amore, ma
l’ultima.
«In realtà non ricordo
neanche la prima. Noi figli della guerra siamo arrivati tardi a
tutto. Non abbiamo avuto una giovinezza. Poi mi sono sposata con
Vittorio Caprioli».
Le propongo un gioco.
Lei ha lavorato con tutti i grandi artisti del ’900. Io le dico un
nome, lei mi risponde.
«Da chi cominciamo?».
Totò.
«Una persona molto
malinconica. Sa quel luogo comune sui comici, che siano un po’
tristi? Ecco, per Totò era vero. Intelligentissimo. Con la fissa
della nobiltà: si faceva chiamare principe. Insieme abbiamo fatto
Totò a colori e Gli onorevoli. Nelle pause eravamo
sempre in un angolo a parlare. Tutti si chiedevano: di cosa
parleranno Totò e la Valeri?».
Di cosa parlavate?
«Di cani. Totò li
adorava. Io qui in casa a Roma ne ho otto. Ho anche un canile».
Eduardo.
«Eduardo era un cane
rognoso. Con me, però, sempre simpatico».
Strehler.
«Un genio. Aveva il
tocco magico. Spettacoli come i suoi non si vedono più».
Fellini.
«Un altro genio; anche
troppo. Non ho sempre stra-capito tutti i suoi film. La sua
personalità però mi ha sempre stra-affascinato. Una sera ci siamo
trovati a casa di Lattuada e mi hanno chiesto di inventarmi un
personaggio. Improvvisai la coreografa ungherese. Fellini impazzì e
la mise in Luci del varietà. Se ripenso a quel film mi
accorgo che sono tutti morti. Io sono la superstite».
Sordi.
«Quanto ci siamo
divertiti a girare Il vedovo!»
Indimenticabile
l’epitaffio che lei dettò al Corriere: «Ciao Cretinetti. Franca
Valeri, Milano».
«Con Alberto abbiamo
fatto sette film. Durante la lavorazione eravamo amicissimi; il
giorno dopo smettevamo di sentirci. Ma non era affatto avaro com’è
stato descritto: era un generoso. Non ho mai dovuto aprire la
borsetta, offriva sempre lui. Sbagliò a prendere una strada
artistica diversa: ognuno deve fare quello per cui è nato. Sordi era
nato 15 giorni prima di me. Quando compii ottant’anni mi telefonò:
“Franca, ci siamo arrivati!”. Purtroppo morì poco dopo».
De Sica.
«Il migliore in
assoluto. Fascinosissimo. Regista straordinario, attore
straordinario. Sdoppiarsi era il suo destino: due personalità, due
vite, due famiglie, due donne. Entrambe si erano imposte. Giuditta
era già una grande attrice, credo lo abbia aiutato a crescere. Maria
era irresistibile, tanto era bella.
De Sica sapeva cavare il
meglio dagli attori. Anche Sophia Loren con lui recitò benissimo».
Altre volte recitò
meno bene?
«Ma no, Sophia è molto
dotata, e poi è simpatica con il suo côté napoletano».
Monicelli morì
suicida, come il padre. Destino, anche per lui?
«Credo di sì.
Conoscendo Mario si può capire il suo gesto. Era così ironico da
essere contro tutti, anche contro se stesso».
Ma il destino esiste
davvero? O ce lo costruiamo con le nostre mani?
«In gran parte è così.
Ma tenendo conto delle cose che la natura ci ha dato. Il destino di
Maria Callas era la tragedia greca».
Con la Callas eravate
amiche?
«Molto. Adoro la lirica,
da quando a sei anni mi portarono per la prima volta alla Scala.
Maria era idolatrata: la voce di Dio. Ma come donna si è
riconosciuta infelice, e purtroppo questa riflessione le ha
accorciato la vita. Si è ritirata troppo presto. Certo, Onassis
diede una grossa mano. Peccato, perché Pasolini stravedeva per lei.
E anche Visconti, che ne fece una perfetta Anna Bolena».
Dove vedeva Visconti?
«A Ischia. Un giorno
arrivò Von Karajan. Ecco, questa è la fortuna: vivere al tempo
della Callas e di Von Karajan. Una sera, sempre a Ischia, andammo a
sentire una cantante diciottenne di cui si diceva un gran bene. Era
Mina».
Anche con Mina avete
lavorato.
«Sì, molti sabato sera.
Abbiamo avuto un bellissimo rapporto, venne da me in campagna il
giorno del suo matrimonio con Pani. Poi anche Mina ha scelto di
sparire».
Lei no.
«Ho grande successo con
i giovani. Dicono pure che sono un’icona gay… ».
Si è fatta un’idea
del motivo?
«No davvero. Ma quando
ho portato Parigi o cara al teatro Valle pieno di ragazzi la
sapevano tutti».
A Parigi lei inventò
la Signorina Snob.
«Montanelli venne a
trovarmi e mi convinse a farne un libro, illustrato da Colette
Rosselli».
Un libro l’ha
scritto anche insieme con Luciana Littizzetto.
«Non proprio insieme. In
quel periodo non ci siamo mai viste. Io scrivevo, lei dettava a una
giornalista. Stimo Luciana: è spiritosa, intelligente, e anche
buona».
Sandra Mondaini?
«Eravamo amiche. Il
marito, poi, era bravissimo».
Enzo Tortora?
«Mi propose una
trasmissione molto divertente, in cui recitavo le fidanzate
immaginarie di uomini famosi, da Andreotti a Mike Bongiorno. Quello
che hanno fatto a Enzo Tortora è atroce. Ne morì».
Come trova la Milano
di oggi?
«Amo Milano. È cambiata
molto, ma la mia Milano, quella del Parco, del centro — sono nata
in via Rovani —, è sempre la stessa: bellissima».
Chi voterebbe tra
Parisi e Sala?
«Sala. Sono di
centrosinistra. Non si cambiano ideali politici alla mia età».
Renzi come lo trova?
«Alterna cose molto
intelligenti a cose molto stupide».
Ad esempio?
«A volte trova il
discorso giusto: sulla cultura, sulle potenzialità del nostro Paese.
Altre volte assume un tono esuberante e un po’ presuntuoso. Ha
talento e straordinaria abilità, ma forse è troppo giovane per quel
ruolo; e non posso perdonargli il modo in cui defenestrò Letta. Il
rinnovamento generazionale fa bene all’Italia; ma guardi
Napolitano, che raffinatezza politica e umana».
Ha paura della morte?
«Non si può non aver
paura. Si può non pensarci».
Dopo ci sarà
qualcosa?
«Penso di sì. Credo che
Iago abbia torto, quando declama che la morte è il nulla. La
sparizione è un grande mistero. Forse è come prima della nascita;
in tal caso Iago avrebbe ragione. Ma mi pare impossibile. O forse mi
piace pensare che sia impossibile».
Corriere della sera, 5
maggio 2016
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